Seminario di Matera, 8 Luglio 1862
Mio amatissimo Menicuccio,
immagina tu stesso quale sorpresa abbia dovuto recare a me la tua lettera, a me
che fin dal giorno in cui partisti, stava aspettando di posta in posta, sebbene
indarno, una tua riga con quell'ansia, con cui i cattolici attendono dai Santi
le supplicate grazie. Debbo però dirti che essa non mi è riuscita gratissima pel
sistematico e rigoroso silenzio che tieni meco, su di te e sulle cose tue, che
tanto mi stanno a cuore. Come mai, scrivermi la prima volta da Napoli, dopo sei
lunghissimi mesi, e non dirmi una sillaba intorno a te, intorno a cotesta città
che certamente avrà dovuto apportare delle grandi modificazioni alla tua vita
fisica, intellettuale e morale? Dovrò io dunque ricevere non da te quelle
notizie che non possono non, essere cagione di gioia ad un amico? Se altri non
mi avesse detto che il tuo nome veniva elogiato sul giornale ufficiale, pochi
mesi sono, e che ora hai subìto con molto onore gli esami di Fisica e di
Chimica, ti giuro che sarei stato al buio di ogni cosa e non avrei provato
l'ineffabile piacere che ho sentito.
Di Cristianino già seppi che era semplice soldato. Sfortunato amico! Paga egli
così il fio che sta tuttora pagando la maggior parte degli uomini di azione!
Vorrei però che la mancuranza e l'abbandono del governo non fosse a lui
occasione di abbattimento morale, ma invece gli fosse stimolo a tener vieppiù
alta la fronte e l'animo contro la malvagità degli uomini e de' tempi, e a
proseguire la sua carriera soltanto per amore di quel principio che ha sposato.
Oh! tu che gli scrivi, digli che di lui a me è rimasta una dolorosa e cara
rimembranza.
Ora venendo a me, tu mi dimandi: che hai fatto? nulla, nulla, nulla io ti
rispondo. A te che sei Materano e sei stato Seminarista, non è necessario che io
dica che cosa è il Seminario, onde puoi ritenere che io, sebbene sia stato e
stia qui, pure vivo con l'anima fuori di questi luoghi. Solo, senza reciprocanza
di affetto, sembra che io meni una vita piuttosto vegetativa: sto apparentemente
tranquillo, mentre dentro il cuore si sta combattendo una tremenda guerra che
non so come e dove andrà a finire. È questo un secreto che confido a te e son
certo che non uscirà per ora dal sacrario della tua amicizia. Per dirla presto
presto io intendo spretizzarmi non certo per folle capriccio puerile, o per
dispetto contro la Curia Romana, il Vescovo e i preti del mio paese, ma per
calcolo di fredda ragione, per amore della libertà (...) La mia volontà tende ad
emanciparsi da ogni autorità nemica della ragione e ad operare conforme a nuovi
principii. Prevedo quanto e quello che mi toccherà soffrire, ma nondimeno io
spero tradurre in atto i miei pensieri, come spero di soddisfare il desiderio di
venire a Napoli. Il quando e il come è ancora per me un mistero...
Non ti aspettare niuna composizione da me, poichè nell'ultima Accademia,
nonostante il fracasso che fecero per farmi scrivere, non volli fare nulla.
Conservati in salute, scrivimi subito ed abbiti un amplesso dal
tuo affezion.mo Valentino
Fonte: Epistolario Ridola.Testimonianze
di vita materana nei primi anni post-unitari - A cura di M. Padula Edizione BMG,
Matera, 1988 |