Michelangelo Laforgia nasce a Miglionico nel 1921. Nei duri anni della guerra,
prigioniero in una remota isola del Pacifico, pensa al suo paese natìo e, assalito da una
forte nostalgia, prende i primi pennelli e ne raffigura l'elemento simbolico, il castello:
da allora ha inizio il suo percorso artistico. Armato di sensibilità e di spiccate
capacità artistiche, ha partecipato a numerose mostre, alcune delle quali lo hanno visto
in veste di vincitore, come nella II Rassegna Nazionale "Carlo Levi" ad Aliano
nel 1978, come migliore artista lucano.
C'è un filo conduttore che accomuna tutta la sua
produzione, dagli esordi del 1943 a tutt'oggi, un legame profondo ma percepibile, lo
stesso che anima le mostre di Levi e di Guerricchio: l'amore incondizionato e spasmodico
per la sua terra, per i ricordi, per la sua gente, per le strade del suo paese.
Mai un cielo grigio o un campo incolto nelle sue tele,
eppure sotto quel cielo e in quei campi tanta sofferenza e solitudine, ma anche gioia e
libertà. I temi prediletti da Michelangelo Laforgia sono le nature morte, i paesaggi
campestri, i tortuosi vicoli della sua gente, i ritratti dell'immancabile Castello di
Miglionico, sicuramente il suo "biglietto da visita" più autentico, riprodotto
infinite volte nella sua carriera, emblematico per se stesso e per la sua gente di
Miglionico (Gabriele Scarcia).
L'artista, che viveva a Miglionico in Vico 2° S. Francesco n. 14, è deceduto nel
2005.
Michelangelo Laforgia
ha ideato, realizzato ed inviato per posta a Rudolph
Giuliani, ex sindaco di New York, di origini italo-americane, un'opera che “racconta” la storia della tragedia che mai avremmo
voluto vedere: l’attacco terroristico contro le Torri Gemelle, le “Twin Tovers”.
La tela riproduce la drammatica immagine dei due grattacieli in fiamme (VEDI).Il
6 Agosto 2009,
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Il 6 Agosto 2009 alle ore 19:00, nel Salone dell’Arte (ex frantoio Rotondo), in
Via Milone, 2, a Miglionico, in occasione delle manifestazioni SeRestate a
Miglionico 2009, è stata inaugurata la Mostra permanente di pittura“RivalutArte”
e ricordato Michelangelo Laforgia
("Si racconta, un
ricordo, del pittore di Miglionico").
Sono intervenuti Il Prof.
Domenico Lascaro, L'Assesore Prov.le Pinuccio Dalessandro e il Sindaco Angelo
Buono. Infine ha preso la parola la nipote dell'artista Marcherita Finamore.
Si riportano di seguito gli interventi del Prof. Domenico Lascaro e di
Margherita Finamore
Prof.
Domenico Lascaro:
MICHELANGELO LAFORGIA: L'UOMO E L'ARTE
Miglionico, 06/08/2009
Prima di entrare nel vivo del mio intervento, esprimo il pieno apprezzamento
agli organizzatori del programma dell'”ESTATE MIGLIONICHESE” per aver voluto
ricordare la figura di MICHELANGELO LAFORGIA, e il mio personale ringraziamento
per avermi incaricato di rievocare la vita e l'opera di Michelangelo.
E' un compito davvero difficile, data la complessità della sua produzione
artistica, la quale avrebbe certamente richiesto l'apporto di un vero critico
d'arte.
Ma, considerate le frequenti discussioni e gli scambi di opinioni intercorsi tra
me e l'artista, che mi hanno permesso di conoscere l'animo profondo dell'uomo e
di capire il senso e il valore della sua creazione artistica, penso di potermela
cavare discretamente.
Parlerò dunque, sia pure per brevi tratti, della componente umana della persona
e della specificità della sua arte, evidenziandone non tanto le peculiarità
tecniche, quanto il valore ideale ed umano che da essa emana, nonché il
significato profondo che si intreccia con la sua vicenda personale.
Egli nasce in un periodo difficile della nostra storia; precedente il secondo
conflitto mondiale, e segnato dalla miseria più estrema ma, cosa ancora più
rilevante, dalla soppressione delle libertà civili e individuali.
E' il periodo dell'obbedienza assoluta al potere politico; ogni ambito di
libertà è soffocato. Si è nella fase culminate della dittatura fascista.
Egli però non accetta questo stato di cose. Già da ragazzo cova in sé sentimenti
di ribellione e un indomito spirito di libertà che si riveleranno nella sua
futura esperienza di vita e di artista.
Ancora adolescente, come tanti ragazzi della sua generazione, è costretto ad
abbandonare la scuola per il duro lavoro dei campi. Non si rassegna, però, e
affronta, è vero, ogni sacrificio con senso del dovere, ma con la ferma volontà
di superare qualsiasi ostacolo alla libera affermazione di sé e alla
realizzazione dei suoi ideali.
Non impreca mai contro alcuno, ma sa far tesoro della saggezza e dei precetti
dei padri contadini. Un bel giorno, “appende la zappa al fico”, come ebbi a dire
qualche anno fa, e fugge via alla ricerca di nuove opportunità di vita.
Più tardi, prigioniero in una remota isola del Pacifico, inizia per lui un
intenso periodo di patimenti. La guerra e le sue componenti di dolore e di
morte, lo segnano per sempre; ma allo stesso tempo gli temprano il carattere,
rafforzano la volontà e gli generano i primi sentimenti dei suoi principi
morali.
Principi che si imprimeranno nella sua personalità e determineranno la vera
natura dell'arte; la cui prima espressione ha inizio proprio in quelle terre
lontane dove, preso dalla nostalgia della sua Miglionico e con i più disparati
stratagemmi si procura pennelli e colori e si raffigura l'amato castello.
Mi accingo ora a tentare una prima valutazione della sua opera, sia pure nei
limiti personali e per la complessità della materia che, ripeto, avrà bisogno di
ulteriori approfondimenti.
A parer mio la produzione artistica può suddividersi in tre momenti
fondamentali: il primo periodo prende il via con i primissimi approcci con i
pennelli e termina intorno agli inizi degli anni ottanta con la raccolta in
volume di 55 tavole dal titolo significativo ”RISCOPRIRE MIGLIONICO”.
Il secondo periodo, caratterizzato dalla piena maturità artistica, si può far
coincidere con i venti anni successivi.
Il terzo inizia con l'età più matura e si conclude con l'imminente decadenza
fisica.
La fase iniziale si contraddistingue soprattutto per l'affiorire di un unico
sentimento ispiratore, da ravvisare principalmente nell'amore profondo che egli
nutre per il paese che gli ha dato i natali e per la terra che, infante, lo ha
nutrito negli anni ruggenti della nostra storia.
Quel sentimento si manifesta altresì nella pensosa nostalgia della giovinezza
trascorsa e del tempo che non potrà mai più tornare.
Da qui l'affannosa ricerca dei luoghi più caratteristici del paese, per ritrarli
e fermarli per sempre sulla tela, prima di vederli profanati da una scriteriata
opera di “modernizzazione” del tessuto urbano.
E' lo stesso parere espresso dal compianto Prof. Mariano Montemurro laddove
paragona il suo pellegrinare alla ricerca proustiana del tempo perduto, mirante
a preservare l'intero centro storico dai guasti prodotti dall'incuria degli
uomini. Analogo giudizio è dato dal Prof. Giacomo Amati, il quale ravvisa in
questa prima esperienza artistica del LAFORGIA un esplicito messaggio etico:
quello di evitare gli scempi e conservare il ricordo più vivo delle nostre
origini comuni.
“E' un messaggio di verità - egli scrive – nella misura in cui è testimonianza
di civiltà; la sua carica interiore, così dirompente e palpitante, ci da anche
un messaggio di speranza.......; dalla profondità della sua anima ci viene
l'ultima scialuppa di salvataggio: proteggiamo il nostro paese”.
Don Mario Spinello, da par suo, intravede nell'itinerario artistico della
processione il superamento della “paesanità dell'ispirazione che si fa storia,
poiché si lega all'incedere continuo di tutta l'umanità che non esiste sbandata
e senza regime, ma affidata a colui che saldamente la conduce universalmente al
bene”.
Don Mario così continua:
“Guardiamo, riempiamo e completiamo lo spazio che tutti ha suggestionato questa
collezione pittorica....... e se chiuderemo gli occhi, con in mente queste 55
tavole, ci accorgeremo che sono diventate molte di più, perché su quelle case,
strade, chiese, castelli......, è appiccicata la vita di tutti, con la storia di
tutti”.
Ma a mio parere, già espresso nella introduzione al volume su indicato, il
messaggio del nostro assume un significato ancora più profondo: diventa
riscoperta di sé, scavo psicologico dei sentimenti più profondi dell'uomo;
finalizzato a ri-valutare il “patrimonio culturale e umano acquisito in tempi
meno contraddittori e massificanti”. Tali sentimenti di protezione e
conservazione dei luoghi natii non è, ripeto, abbietta reazione o anacronistico
ritorno al passato, ma genuina e sincera volontà di preservare non per sé solo,
ma per tutti modelli autentici di una cultura ancora viva che, per la perenne
attualità dei suoi ideali, è rivoluzionaria.
La seconda fase, che ho denominata della piena maturità artistica, raggiunge la
più completa manifestazione di sé e segna un deciso salto di qualità,
sviluppantesi nel superamento del personalismo individuale e si oggettiva nelle
forme universali dell'arte. La quale diventa in tal modo patrimonio e destino
comune dell'uomo; tale allargamento di orizzonte è visibile ormai chiaramente in
tutte le forme dell'intera produzione artistica.
I contenuti angusti racchiusi nella rappresentazione del borgo natio si
proiettano nell'universo intero: il castello, vero emblema della sua arte, si
espande e si colora di toni cromatici più vivi e splendenti, quasi a voler
imprimere sulla tela la fiamma sempre viva dell'amore per la sua terra. L'occhio
spazia oltre i confini dei vicoli e dei crocicchi e abbraccia tutta la natura
circostante.
Da qui ha origine una cospicua produzione di opere raffiguranti distese di campi
di grano, messi dorate inondate di sole, che testimoniano ancora una volta
l'attaccamento alla terra. E' un immergersi nella natura, amica e madre
affettuosa, che lo ha nutrito di bellezza e di amore.
E' questo anche il periodo delle stupende nature morte che lo elevano tra i
grandi dell'arte pittorica. Non ultimi a caratterizzare al meglio questa fase
splendida della sua maturità sono i ritratti di personaggi appartenenti a quella
civiltà contadina che ha tanto contribuito a ispirare e rendere grandi i pittori
della terra di Basilicata.
In quei ritratti rivela a pieno il rispetto e la riconoscenza per il loro
pregevole esempio di vita, semplice sì, ma piena di valori autentici di verità e
di sanità morale.
L'ultima fase, della “imminente decadenza fisica”, la si può individuare nel
ritorno alla propria interiorità e alla riflessione sul suo percorso terreno. Ma
si palesa anche come ricerca di nuove forme di espressione.
E' il momento di cimentarsi con la scultura, quasi a voler lasciare un segno più
tangibile e duraturo della sua impronta di uomo e di artista.
E' il periodo del venir meno delle forze fisiche; ma contrariamente a quanto ci
si potesse attendere, la sua tenacia e la sua fervida creatività prendono nuovo
vigore. E' una sfida contro la caducità della vita terrena e la ribellione
contro i limiti della natura umana.
Si cimenta allora in un rinnovato impegno creativo che lo trattiene,
instancabile, nel suo laboratorio; lavoratore tenace fino alla fine.!
E' il momento del ritorno all'Io interiore, del ripiegamento su se stesso, del
bilancio della propria vita e del rapporto decisivo con Dio, fine e guida della
sua profonda religiosità.
Per concludere, tenterei ora un primo, sia pure incompleto bilancio della
persona e dell'artista. L'intera sua esistenza, si può senza dubbio affermare, è
segnata da un costante intento educativo che scaturisce con forza dalla
“esemplarità” della vicenda umana. La sua stessa vita è fonte di contagio
salutare per le giovani generazioni.
Giovane egli stesso, ha provato la dura fatica dei campi e il servire padroni
senza scrupoli e, talvolta, privi di alcun senso di umanità. La prigionia
lontana dagli affetti familiari, la guerra con i suoi orrori indicibili lo
segnano per i restanti giorni della sua vita, ma, ripeto, ne rafforzano al
contempo il carattere e la volontà. Costituiscono altresì la fonte dei propri
principi morali e religiosi.
Sono principi ispirati al rispetto del prossimo, all'amore per la famiglia, a
una salvaguardia dell'ambiente, all'equilibrio interiore, e alla dignità; non
per ultimi agli ideali di libertà e democrazia.
Sostanzialmente la sua è stata una vita che non può non definirsi “esemplare”,
vissuta col coraggio estremo di affrontare fatiche e avversità di ogni tipo; con
la ferrea volontà di non arrendersi mai e nella ricerca continua della vera
essenza del vivere.
Non va sottaciuta infine la sincera esperienza della religiosità come tensione
verso il Dio
Creatore. Elemento che si manifesta nella sua semplice e umile vita di credente
e in tutta la produzione artistica.
Quest'ultima rimarrà indelebile nel tempo per la limpidezza espressiva, senza
veli concettuali e astratti e per la rappresentazione immediata della realtà; ma
soprattutto per l'espressione più candida e pura di un mondo saturo di valori
universali.
Speranza di pace e amore, desiderio di armonia, fiducioso ottimismo, sono i
tratti più significativi della sua arte; arte autentica e liberatrice, che come
ho già notato, è scevra da ogni fine immediato, ma che proprio in forza di ciò è
vero insegnamento.
E' altresì richiamo a quanti si propongono di lasciare questa “terra maledetta”
ad aver fiducia in essa e a lottare per vederla rifiorire e risorgere dalle
angustie in cui è caduta ad opera di governanti spesso incapaci e corrotti.
Per tutto ciò, per aver contribuito a rendere più grande il nostro paese, per
l'esempio di vita integerrima che ha mostrato ai più giovani, chiedo agli
amministratori di questo Comune di inserire l'artista nella toponomastica
comunale e di dedicare una via a ricordo perenne di “MICHELANGELO LAFORGIA”.
Grazie
Domenico LASCARO
Margherita
Finamore (nipote dell'artista):
Miglionico, 6 agosto 2009
A raccontare di Michelangelo Laforgia come artista ci pensano le sue tele
insieme alle parole di chi, sotto questo aspetto, l’ha da sempre apprezzato e
stimato. Il nostro è il ricordo di Michelangelo come uomo, come marito, come
padre, come nonno. Di lui ci sarebbe da dire tanto…la sua è stata una vita
intensa, davvero vissuta, piena di fatica, di lavoro, di dolore e sofferenza, ma
anche di tanto amore, gioie, soddisfazioni e riconoscimenti. Diceva sempre che
le esperienze vissute fin da piccolo lo avevano segnato, ma gli avevano anche
insegnato tutto quello che a 84 anni sapeva, conosceva e sapeva fare. Aveva
cominciato a lavorare nei campi a soli 9 anni, come molti suoi coetanei e,
probabilmente, sarebbe stato quello il suo destino se non fosse partito per la
guerra quando ne aveva 19. Ci raccontava che il momento dell’imbarco per
l’Africa fu per lui davvero emozionante: per la prima volta vedeva il mare!
Quell’immensità che si fondeva all’orizzonte con l’immensità del cielo gli fece
pensare a quante cose belle fossero da vedere e da scoprire. Ma quella nave in
realtà non lo portò in giro ad esplorare il meraviglioso mondo; seguirono anni
duri di combattimenti, di bombe, di tanti amici militari morti accanto a lui.
Poi la prigionia e alcuni anni trascorsi in un campo di concentramento ad
Honolulu. E proprio lì, in quel campo, cominciò ad impegnare il suo tempo e la
sua mente nel disegno e nella pittura. Barattava il cibo con tubetti di colori,
pennelli e tavolette di compensato. Grazie a quelle pennellate, alla creatività
che era in ognuna di esse, riusciva a oltrepassare i confini di filo spinato e
ad essere ancora un uomo libero. Poi il ritorno a casa. La felicità di riportare
indietro la vita e subito un grande dolore: non trovò il padre ad accoglierlo.
Il padre, tanto amato, non ce l’aveva fatta ad aspettarlo, se n’era andato poco
prima che lui tornasse, ma aveva fatto in tempo a strappargli una promessa.
Erano insieme in campagna quando nonno gli aveva comunicato la notizia della
chiamata alle armi e, tra le lacrime, ebbe la forza di dirgli: “Figlio mio
prendi la zappa, appendila a quell’albero e lasciala lì per sempre. Quando
torni, e sono sicuro che tornerai, non venire qui a riprenderla, ma cerca di
fare qualcosa di più nella tua vita”. Ostinato e caparbio com’era riuscì a
tenere fede alla promessa fatta al vecchio padre. Provò tanti mestieri, cominciò
a fare l’imbianchino per guadagnare qualche lira con cui poter pensare a sua
madre e alle sue sorelle, tutte da “maritare”. Ma non gli bastava, continuava a
disegnare, a dipingere, a sperimentare, imparando da solo, da “autodidatta” come
era fiero di definirsi. Alla bella età di 30 anni decise di impegnarsi nello
studio per prendere la “licenza di avviamento”. Raccontava sempre come lo
prendevano in giro i suoi coetanei quando attraversava la piazza con i libri
sotto il braccio. Ma la sua forza da un lato e i continui incoraggiamenti di Don
Donato Gallucci dall’altro, gli permisero di portare a compimento anche questa
impresa. Grazie a quel titolo di studio potè partecipare e vincere un concorso
cantoniere dell’ANAS e di lì passò a lavorare in ufficio come impiegato. La
sera, quando tornava a casa, si rintanava nel suo garage adibito a “studio” e l’
dava sfogo al suo talento e alla sua creatività dipingendo e scolpendo il marmo
e il legno. E così ha portato avanti la sua vita, ha costruito una bella
famiglia e ci ha lasciato tanto: il suo entusiasmo nel fare qualunque cosa,
tutti i suoi buoni consigli, il suo amore per Miglionico e la sua gente. Amava
circondarsi giovani, amava insegnare, amava la compagnia, amava incoraggiarci…
Amava la vita e l’amava in modo folle e in tutte le sue forme. Ma allo stesso
tempo non aveva mai avuto paura della morte, neanche quando, per più di una
volta, gli è passata molto vicino. Non lo spaventava morire ma aveva il terrore
di essere dimenticato. Più volte ci ha confidato questo suo timore: non essere
ricordato quando non ci fosse stato più! Per questo vogliamo veramente
ringraziarvi per la bella iniziativa e per averlo fatto partecipe di questa
mostra. Grazie perché stasera abbiamo parlato di lui e l’abbiamo ricordato.
Grazie perché l’abbiamo reso felice e avete reso felici tutti noi …la sua
famiglia che vi è immensamente grata.
Margherita
Finamore.
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GIACOMO AMATI
13
Febbraio 2015 |
Miglionico. Domani cerimonia di intitolazione a
dieci anni dalla scomparsa dell'artista locale
In sua memoria ora ci sarà una via
Miglionico dedica una
strada a Michelangelo Laforgia
(Leggi
l'articolo dalla pagina de "La Gazzetta del Mezzogiorno")
di
Giacomo Amati |
MIGLIONICO.
Una nuova via, denominata “Michelangelo Laforgia, pittore”, da
domani, sabato 14 febbraio, farà parte della toponomastica del paese. E’
un omaggio dovuto, rivolto dal Comune alla memoria dell’artista
miglionichese, Michelangelo Laforgia, scomparso dieci anni fa, all’età
di 84 anni. Versatile e geniale pittore, scultore autodidatta, Laforgia
seppe essere un luminoso e autorevole punto di riferimento nel panorama
dell’arte lucana, producendo numerose sculture e creando centinaia e
centinaia di quadri da collezione. Tele bellissime e suggestive: da
alcuni anni, una cinquantina di queste pregiate opere d’arte possono
essere ammirate nelle sale della sede municipale, ove ne decorano le
pareti. Sono state donate gratuitamente al Comune, per espressa volontà
dell’artista. Ritraggono quasi tutte le vie del centro storico cittadino
e i monumenti del paese. Da domani, uno di quei luoghi del “cuore”
preferiti dal pittore porterà proprio il suo nome.
Alle 10, di sabato 14 febbraio, nell’auditorium del castello del “Malconsiglio”,
il sindaco Angelo Buono e il prof. Domenico Lascaro, presenti i
familiari di Laforgia, le autorità civili, religiose e militari,
illustreranno quelli che ne furono i tratti distintivi dell’uomo e
dell’artista. Nel corso della manifestazione, il sindaco consegnerà una
targa ricordo alla vedova Laforgia; quindi, sarà proiettato un breve
filmato sulla vita e le opere dell’artista. Poi, nel rione Convento, il
primo cittadino scoprirà la targa della strada dedicata a Laforgia: ne
ricorderà per sempre il suo raffinato talento artistico. Sarà una
sorgente di luce per tutti i miglionichesi e le nuove generazioni, cui
Laforgia ha lasciato in eredità esempi virtuosi di vita: la cultura del
lavoro e dell’impegno, la capacità di guardare al futuro, di prendere
sul serio tutto ciò che faceva, la passione e la competenza con cui
svolgeva la sua attività lavorativa. Queste prerogative, incarnate nel
“dna” del maestro Laforgia, adesso, saranno rappresentate dalla targa di
una strada del suo paese che tanto seppe amare. Sarà una via maestra,
sinonimo d’arte. Giacomo Amati |
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Foto di alcune opere di
Michelangelo Laforgia
Quadro 1
(Natura morta) - Quadro 2 (Le spigolatrici) -
Quadro
3 (Natura morta) -
Quadro 4 (Natura morta) -
Quadro 5
(La trebbiatura - Premiato con medaglia d'oro dal maestro Gino Guerricchio)
- Quadro 6 (La cacciata degli Albanesi) -
Quadro 7 (Il vecchio violinista) -
Quadro 8
(Giovane risveglio mattutino) - Quadro
9
(Miglionico: Piazza Popolo) - Quadro
10
(Le tre Arti) - Quadro 11(Padre
Eufemio da Miglionico)
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