MIGLIONICO.
Nel manifestare il mio compiacimento per la
lodevole iniziativa dell’amministrazione
comunale di intitolare una via del centro
storico a Michelangelo Laforgia, ringrazio
il sindaco Angelo Buono per avermi dato
l’opportunità di poter esprimere, ancora una
volta, sentimenti di affetto e di stima per
il compianto Michelangelo.
Nel breve tempo che mi è concesso
vorreiaccennare alle sue qualità umane, agli
aspetti più salienti della sua arte e alle
motivazioni che l’hanno reso meritevole di
un così importante riconoscimento.
Tutta la sua vita è un esempio di grande
dignità umana e di civile valore.Nasce in un
periodo di estrema indigenza economica e
sociale. Anch’egli, come tanti nostri
progenitori, ancora adolescente, non sfugge
al doloroso destino di affrontare il duro
lavoro dei campi. Tale “apprendistato” si
protrae fino al momento di partire soldato.
Durante il secondo conflitto mondiale,
all’entrata dell’Italia in guerra, è tra i
primi a prendere parte alle operazioni
belliche. Fatto prigioniero dagli Inglesi,
in un isolotto sperduto del Pacifico, inizia
per lui un lungo periodo di patimenti e di
privazioni. La crudeltà della guerra e i
suoi effetti di dolore e di mortene segnano
lo spirito e l’animo.
Le
sofferenze e le pene cui è sottoposto ne
rafforzano,però, il carattere e la volontà.
Se il corpo è costretto all’inattività, la
mente è in continuo fermento. Con i più
disparati stratagemmi, si procura pennelli e
colori; desideroso di riempire il vuoto di
un tempo interminabile, si inizia all’arte
della pittura, cercando di raffigurarsi i
luoghi più cari del suo paese.
Terminata la prigionia, torna in patria,
“appende la zappa al fico”, come egli stesso
ebbe a dire, fugge via dalla terra
“maledetta” e intraprende il nuovo lavoro di
decoratore; ma non dimenticherà mai l’insegnamentoe
la saggezza dei “padri” contadini. Più
niente si opporrà alla ferrea volontà di
tentare nuove esperienze lavorative che gli
consentiranno di realizzare le sue
aspettative di vita.
E’ il periodo dell’obbedienza totale al
potere politico; ma l’ indomito spirito di
libertà, che sin da ragazzo caratterizza la
sua indole ribelle, non gli fa mai chinare
la testa, ma assumere una condotta di vita,
autonoma e libera, che si rivelerà appieno
nella futura esperienza di artista.
Con alto senso del dovere, affronta
molteplici sacrifici; non impreca mai contro
alcuno, ma supera qualsiasi ostacolo
conforte determinazione, deciso ad affermare
se stesso per realizzare appieno i suoi
ideali.
La volontà di sperimentare nuove forme di
espressione, lo spinge a perfezionare l’arte
del decorare, che costituisce per lui la
prima occasione di lavoro. Successivamente
occupa un posto di cantoniere alle
dipendenze della Provincia.
I primi tentativi di raffigurarsi il paese
natio, operatinei remoti lidi del Pacifico,
non saranno dimenticati. Una costante
ricerca personale della tecnica pittorica,
nel tempo libero, lontano dai trastulli
inoperosi, gli spiana il cammino verso la
prolifica produzione artistica.
Autodidatta, libero dalla dottrina
dell’epoca, non si preoccupa di aderire alla
moda ricorrente;ciò che lo ispira e lo
sorregge è un sentimento di amore profondo
per il paese e la terra che lo hanno visto
nascere.
Quel sentimento si manifesta, altresì,nella
struggente nostalgia del tempo ormai
trascorso; segnato da torride estati e
gelidiinverni, ma animati dall’affetto per
la famiglia. Il suo itinerario artistico ha
dunque inizio dalla ininterrotta ricerca di
luoghi che rivelano i segni di un passato,
pronto a rivivere nell’animo dell’artista.
Li ritrae per fermarli per sempre sulla tela
econsegnarli alla memoria delle generazioni
future; prima che un’opera scriteriata di
modernizzazione ne cancelli per sempre ogni
traccia. Concordano con questo mio giudizio
altri eminenti critici che, doverosamente mi
appresto a citare.
Il compianto prof. Mariano Montemurro
paragona il suo “pellegrinare alla ricerca
proustiana del tempo perduto, mirante a
preservare l’intero centro storico dai
guasti prodotti dall’incuria degli
uomini”.Sia detto per inciso, Mariano,
anch’egli figlio prediletto di questa nostra
terra, meriterebbe anch’esso un minimo di
riconoscenza da parte di questa
amministrazione.
Analogo giudizio è espresso dal prof. Amati,
il quale ravvisa nell’esperienza artistica
del Laforgia un “esplicito messaggio etico”,
inteso a conservare il “ricordo più vivo
delle nostre origini comuni”.
Don Mario Spinello – cui va tutto il nostro
affetto e l’augurio che possa tornare al più
presto nella sua dimora- da par suo
intravede nell’itinerario artistico il
superamento della “paesanità” della sua
ispirazione, che si fa storia e s’innalza al
livello dell’ intera umanità.
Il particolare sentire, dunque,del Laforgia,
assume una valenza ancora più profonda:
diventa analisi interiore, “scavo
psicologico dei sentimenti più nobili
dell’uomo”, che si rivelano nel voler far
rivivere il patrimonio storico e culturale
del suo amatissimo borgo.
Si disvelano così i caratteri fondamentali
della sua arte: nostalgico ricordo del tempo
andato; ricerca della comune identità,
attraverso la riscoperta e la raffigurazione
dei paesaggi, le chiese, le fontane, i
vicoli, i ruderi dell’amato paesello; il
castello diventa il vero emblema di tutta la
sua produzione. Si colora di toni cromatici
tra i più vivaci, quasi a voler “imprimere
sulla tela la fiamma sempre viva dell’amore”
che nutre per la sua terra.
“Una cospicua produzione di opere
raffiguranti distese di campi di grano,
messi inondate di sole, pendii costellati
dal giallo odoroso delle
ginestre…testimoniano l’attaccamento alla
natura agreste e selvaggia dei luoghi che,
infante, lo hanno nutrito.
Identità e memoria, dunque, intese come
impronte indelebili dell’animo e della
mente, contraddistinguono ancor più
l’ispirazione della sua arte. La ricerca,
però, non si esaurisce con la raffigurazione
della sola forma esteriore, si estende ai
volti scavati di donne e uomini,appartenenti
a quella civiltà contadina, che tanto hanno
ispirato i grandi pittori lucani.
In quei volti si rivela appieno la
riconoscenza per quel mondo di valori
autentici di verità e di sagacia
intellettuale, da cui ha tratto la gran
parte dei suoi principi morali. La ricerca
incessante di nuovi mezzi espressivi lo
porta a cimentarsi, altresì, con la scultura
e l’intaglio, “quasi a voler imprimere nella
materia la traccia più tangibile della sua
personalità”.
Come si può facilmente notare, da queste
brevi note, appare in tutta evidenza
l’unicità del suo modo di essere. Certamente
non esagero nel definire “esemplare” la sua
vita per le qualità che l’hanno distinto:
lavoratore instancabile, mite e rispettoso
verso tutti, affettuoso custode dei valori
della famiglia; morigerato nei costumi,
padre affettuosissimo, amante della bellezza
e della libertà.
A questo punto è lecito porsi una domanda:
bastano queste prerogative per renderlo
meritevole di ricevere un così importante
riconoscimento dai suoi concittadini? Certo
non bastano le qualità personali, sia pure
di altissimo livello, per rendere una
persona degna di una tale attribuzione.
Michelangelo, però, oltre ad essere stato un
vero artista, all’aver condotto una vita
integerrima,all’essere vissuto da cittadino
esemplare, ha acquisito tali e tanti meriti
che l’hanno reso più che degno di questo
riconoscimento.
La multiforme produzione artistica, oltre ad
esprimere se stesso e i suoi sentimenti, era
principalmente finalizzata a conservare e
tramandare ai posteri la storia e la cultura
del paese; farle conoscere fuori e,
attraverso la mediazione dell’arte,
preservarne le radici da cui emerge la
verace identità di un popolo.
La sua è un’arte raffinata e liberatrice,
lontana da ogni fine di guadagno, ispirata
solo dall’amore per Miglionico, il suo
castello, i vicoli, le chiese…che,
riprodotti sulle sue pregevoli tele,
potessero servire a ricordare le proprie
origini ai tanti emigrati nei paesi più
lontani.
A conferma del suo disinteresse per un
qualsiasi profitto personale, è doveroso
segnalare il grande atto di liberalità
dimostrato nel donare al comune gran parte
della sua produzione artistica. Un altro
episodio è da citare, a testimonianza della
sua generosità d’animo e dell’umana pietà
nei confronti delle vittime della violenza.
All’indomani dell’attentato alle torri
gemelle dell’11 settembre 2001, non esitò a
raffigurare l’immane tragedia e spedire, a
sue spese, il dipinto al sindaco Rudolf
Giuliani per esporlo in ricordo delle
vittime. Merita inoltre attestare il suo
disinteressato impegno al servizio della
comunità nel periodo in cui ha svolto il
ruolo di assessore comunale.
Era facile notarlo in giro per i luoghi più
riposti del paese alla ricerca di
disfunzioni e criticità per prospettare
eventuali interventi risolutori. Non è
retorico affermare che la sua vita, oltre
alla cura della propria famiglia, è stata
principalmente al servizio della
cittadinanza.
E’ solo Miglionico il centro del suo
interesse . Non si è mai rivolto altrove; il
suo unico intento era quello di consegnare
ai posteri l’immagine del suo paesello che,
con animo perturbato e commosso, ha saputo
magistralmente imprimere sulla tela.
Per concludere, mi accingo a tratteggiare un
profilo, sia pure incompleto, dell’uomo e
dell’artista. Tutta la sua esistenza è
vissuta all’insegna di un costante intento
educativo, che si manifesta attraverso la
sua personale vicenda umana.L’esemplarità
della testimonianza di vita è fonte di
“contagio” salutare per quanti lo hanno
conosciuto.
Sin da fanciullo ha provato la gravezza del
lavoro dei campi; il servire padroni
oppressivi e prepotenti, talvolta privi di
un briciolo di umanità. La crudeltà della
guerra, con i suoi orrori indicibili; la
prigionia lontana dagli affetti famigliari,
lo segneranno per tutta la vita. Nello
stesso tempo, però, ne rafforzeranno
l’indole e la voglia di reagire e
costituire, altresì, la fonte delle sue
convinzioni morali e religiose.
Principi ispirati all’amore per la famiglia,
alla stima dei propri simili, alla
salvaguardia dell’ambiente. Tenace difensore
della propria libertà di pensiero, uniforma
il proprio comportamento al rispetto delle
regole democratiche.
La sua è stata un’esistenza che non può non
definirsi “esemplare”; condotta con estrema
audacia nell’affrontare fatiche e avversità,
ma con la ferrea determinazione di non
arrendersi di fronte ai tanti ostacoli da
superare. Non ha mai smesso di ricercare la
vera essenza del vivere e di adeguare il suo
comportamento ai valori riconosciuti validi
per sé e per gli altri.
Non va trascurata, inoltre, la sincera
esperienza religiosa, intesa come diretto
rapporto col Dio creatore, manifestatasi
nell’umile testimonianza di credente e nella
sua produzione artistica. Vale come esempio
la devota raffigurazione di Padre Eufemio da
Miglionico e donata generosamente alla
Chiesa.
La sua arte rimarrà indelebile nel tempo,
per la purezza espressiva, senza orpelli
concettuali, e per la rappresentazione
schietta della realtà; soprattutto
espressione candida e pura di un mondo
saturo di valori universali.
Essa è speranza di pace e di amore, fiducia
nelle risorse dei giovani, richiamo
all’impegno e alla responsabilità di tutti;
sono questi i tratti più edificanti del suo
messaggio. Arte autentica e liberatrice che,
come ho già notato, è scevra da ogni fine
immediato; ma, proprio per questo, vero
insegnamento.
Per tutto questo, per aver contribuito a
rendere più grande il nostro paese, per
l’esempio di una vita integerrima da
indicare ai più giovani, Michelangelo
Laforgia merita di essere assunto nel
panteon dei cittadini più illustri del
nostro paese. Domenico Lascaro |