Le
condizioni economiche e sociali negli anni '40 - '50 si riflettevano anche sull'alimentazione..
La mia nonna racconta che l'alimentazione di quegli anni, per quanto misera, era
squisita e genuina. In alcune famiglie, dove il capo famiglia trascorreva più
della metà della giornata in campagna, si preparava un unico pasto (uguale per
adulti e bambini) che si consumava nelle ore serali della giornata, cioè quando
il capo famiglia ritornava dal lavoro. In questo caso i bambini con la loro
mamma pranzavano solamente con pane e pomodoro oppure con un uovo al tegamino.
Alla sera, invece, si consumava il pasto vero e proprio a base di pasta fatta in
casa, o di verdura preparata in modo vario, o di legumi. Questi si alternavano
con altri piatti tipici: cicoriette con la favetta, cavatelli "capund'",
tagliolini con fagioli oppure ceci conditi con cipolle e peperoncini soffritti
oltre che con sughetto. Se una parte delle pietanze avanzava, veniva posta in
apposite scodelle in legno (di varie misure) che serviva da "colazione" per gli
uomini che andavano in campagna il giorno successivo. I bambini che andavano a
scuola non portavano, come noi, panini imbottiti, brioche, ma si accontentavano
di alcuni fichi secchi oppure di un po' di frutta..
Altre specialità venivano preparate nei giorni di festa: Natale, Carnevale,
Pasqua ecc. Nei giorni precedenti il Natale si incominciava a preparare le "Pettole",
i "Porcelli" e le "Cartellate o cr'spedd'" (squisitezze tipiche fatte di pasta
fritta). Nel giorno di Natale si preparavano orecchiette e fr'cciedd' (tipica
pasta fatta in casa utilizzando sottili ferri), tegami di carne con patate, il
cui coperchio veniva coperto da carboni accesi in modo tale che la carne
cuocesse sopra e sotto proprio come nei forni di oggi. Invece tra Carnevale e
Pasqua non mancava la lasagna con la mollica fritta, e il giorno di Pasqua erano
anche pronti biscotti con le uova, taralli, colombe e "P'cc'latiedd". Le ceste
piene di dolci pasquali davano l'idea di quanto fosse sentita questa festa.
Ricorrente pietanza invernale era la carne di pecora preparata alla maniera dei
pastori con peperoncini piccanti, cipolla, sedano, pomodoro e verdure. Tutto in
acqua abbondante e sale. La pignata doveva stare sul fuoco ben chiusa e per più
di tre ore.
Altra
occasione in cui si preparavano altre pietanze particolari, era il matrimonio.
Per chi se
lo poteva permettere esso era diviso in due momenti. Al ritorno dalla chiesa,
gli sposi offrivano a parenti e amici dolciumi vari: taralli, bocconetti e paste
secche accompagnati da rosoli preparati in casa con essenze varie. La cerimonia
prevedeva un banchetto a cui erano ammessi solo i parenti degli sposi che
potevano degustare cicoriette in brodo di gallina, pastasciutta con ragù di "
ventresca" e carne varia, formaggi vari accompagnati da salsicce di maiali
essiccate in casa, pancetta, soppressata, capicollo ecc. Sembrerà strano, ma
altre pietanze particolari si preparavano in occasioni della morte di qualche
parente o amico di famiglia :si trattava di un pranzo completo perché la
famiglia in lutto non usciva per più giorni. Il pranzo era chiamata "cuonz'" (consòlo
- pranzo di consolazione). Fondamentale nell'alimentazione era il pane: le donne
lavoravano quasi tutta la notte per fare un pasta ben lievitata. Il lievito
consisteva in un pezzo di pasta inacidita, chiesta in prestito ad una vicina che
aveva già panificato. Ingredienti: farina, sale e acqua tiepida. Le donne
impastavano e, dopo qualche ora d'intenso lavoro, la pasta veniva protetta e
tenuta ben calda per la lievitazione con coperte di lana e cappotti. La pasta si
gonfiava e con il passare del tempo diventava tesa e dura. Successivamente la
pasta era divisa in pagnotte avvolte in tovaglioli bianchi. Il pane così
aggiustato era posto in fila su un asse di legno, per essere trasportato in uno
dei forni a legna. Il pane veniva contrassegnato con incisione delle iniziali
della famiglia.
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