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BASILICA
PONTIFICIA SANTA MARIA MAGGIORE | |||
Nel 1051 divenne Basilica Pontificia aggregata alla Basilica romana di S. Pietro e S. Paolo, sotto il papa San Leone IX con lo scopo di promuovere la conversione dallarianesimo al cattolicesimo dei Normanni, succeduti ai Bizantini. Fu Cattedrale dal 900 circa al 1534, quando Matera e Acerenza litigarono e fecero ricorso al papa. Il papa stabilì che la residenza del vescovo fosse a mezza strada tra le due cittadine lucane e cioè a Miglionico. Per 500 anni il vescovo abitò in questo piccolo centro (attualmente è ancora cattedrale con Acerenza). In questa chiesa sono sepolti otto vescovi. Lultimo è sepolto sotto il quadro della Madonna Assunta in Cielo del Tintoretto, alle spalle dellaltare maggiore. Il penultimo, invece, che si chiamava Mons. Paolo Caivano, il quale fu sepolto sulla parete alla sinistra della porta dingresso (attualmente vi è un incavo), perse la vita durante la celebrazione della festa della Madonna della Bruna, a Matera, cadendo da cavallo (1526). Vi sono stati celebrati due sinodi del regno di Napoli con 240 vescovi che allepoca, crearono problemi per la loro sistemazione logistica. I sacerdoti che li accompagnarono vennero ospitati nella frazione di Milionello, nella masseria Grande, dove attualmente si trova la diga di San Giuliano. I vescovi, invece, rimasero nellabitato di Miglionico, nelle case delle famiglie benestanti e nobili, nel Castello, nel Convento, ecc. In questa chiesa, nel 1128 venne il papa Onorio II (vedi elenco dei papi), tra la quarta e la quinta crociata, a predicare le guerre sante. Mentre i Turchi avanzavano, il papa si fermò in località S. Lucia, dove sono ancora visibili tracce del suo insediamento: una condotta dacqua e, in una foresta, la cappella dove egli celebrava la santa messa. Onorio II rimase a Miglionico quindici giorni, a S. Lucia, invece, circa quattro mesi. Unepidemia decimò i suoi soldati perciò ebbe paura e ritornò a Roma "da papa". Che cosa fece? Il papa non poteva entrare a Matera, quindi dovette restare di là dal Bradano, perché Matera era demanio regale; non poteva andare nel metapontino, perché in quella località mieteva vittime la malaria; non poteva andare seguendo la via bradanica, cioè da Melfi, perché lì cera il viceré. Allora si avvalse del suo diritto di papa: scomunicò il viceré, per cui i suoi sudditi divennero liberi dallobbedienza e lui poté liberamente passare da Melfi. Quando arrivò a Roma, liberò il viceré dalla scomunica e gli disse di ritornare a svolgere liberamente la sua attività regale. Anche un altro papa, Innocenzo IX (vedi elenco dei papi) venne a Miglionico nel 1591. Favorevole alla politica spagnola, dopo la sua elezione, il 28 novembre, scese nel regno di Napoli e trovò riparo tra il Pian dellOste e i Pilieri, con lo scopo di riconciliare la Sicilia, la Puglia, la Calabria con il re di Napoli Ferdinando I dAragona. Era il periodo delle molte congiure contro il re aragonese. Tra esse famosa fu quella di Miglionico di un secolo prima, la Congiura dei Baroni del 1485. La tela che si trova sulla parete frontale, oltre l’altare maggiore, dietro al coro, al di sopra
della Tribuna (la parte centrale della tribuna conserva le spoglia di
Mons. Vito Ferrato, già arciprete di Miglionico, vescovo di Mottola durante il papato di Clemente VII e morto nel 1534; sulla parte centrale della tomba vi è il suo
stemma che rappresenta un grappolo d'uva e una mitra vescovile) è di
scuola veneta, del 1580. Fu tessuta dai telai del capitolo e misura m. 5,85 x m.4,60. Fu
portata a Venezia da un
canonico del luogo, un certo Pietrantonio Calluso. Dopo che l’autore la dipinse, fu prelevata dallo stesso canonico che la pagò 75 ducati. Rappresenta la Madonna Assunta in
Cielo. L’autore è il
Tintoretto padre (Iacopo Robusti 1518-1594), manierista, capostipite di una lunga generazione di pittori il quale firmò l’opera con un angioletto che si libra nell’aria con sotto la figura di
un monaco eremita (parte centrale sinistra della tela). Sulla parete sinistra dell’altare si trova: 1) la Madonna del Soccorso di Palma il Giovane(Iacobo Nigretti, manierista veneziano del ‘500, seguace del Tiziano e del Tintoretto) che ricorda l’assalto al castello da parte degli spagnoli nel 1626; le figure della tela sono: un vescovo di Miglionico che era anche abate greco (lo dimostra quella specie di ferro di cavallo che si trova vicino il pastorale), S. Carlo Borromeo e il Revertera, barone di Miglionico che lo invoca, la Madonna del Soccorso in alto, e, sullo sfondo, il castello in fuoco (questo quadro proviene da una cappella privata, la cappella dell’Annunziata, che si trovava dove attualmente è ubicato l’ufficio postale (ex mulino Labriola); 2) la Madonna con Bambino (1615) di Francesco Fracanzani; sulla parete destra, invece, l'Anunciazione del Solimena. In chiesa vi sono anche: due tele del Guercino (Giovan Francesco Barbieri, nato a Cento nel 1591 e morto a Bologna nel 1666, manierista, la Presentazione Madonna al tempio con Santi (ultimo altare navata sinistra) e una Madonna del Rosario, con 15 quadretti che rappresentano il Mistero del Rosario, (primo altare navata destra, cappella del cardinale Matteo Palmieri) del 1634; nello stesso altare sono conservate un Arcangelo Raffaele, legno del Seicento di scuola napoletana, una statua erratica, S. Giuseppe, di Pietro Stefano da Putignano (Vedi l'album realizzato nella Chiesa di S. Pietro Apostolo di Putignano con immagini di alcune statue dell'autore), S. Lucia di Altobello Persio e S. Pietro, carta pesta di scuola leccese;
L'opera di maggior pregio, comunque, è il
Polittico (18 tavole) di
Cima da Conegliano (secondo altare a destra), acquistato dal duca Vincenzo Gonzaga di Mantova da parte di
Don Marcantonio Mazzone. Nel pannello centrale figura la "Madonna con Bambino", ai lati S. Francesco, S. Girolamo, S. Pietro, S. Antonio; nell'ordine superiore, a mezza figura, S. Chiara, S. Ludovico, S. Bernardino, S. Caterina d'Alessandria; nella cimasta Cristo posto tra l'Annunciazione; infine, sugli sporgenti laterali e nella predella, i santi protomartiri francescani. Il polittico, testimonianza del linguaggio pittorico limpido e armonioso elaborato dal Cima nella maturità, a contatto delle esperienze di Giovanni Bellini e Antonello da Messina, costituisce uno degli esempi più significativi di arte importata nella nostra regione. L'altare, dove si trova il polittico, è protetto da una vetrata antiproiettile a da modernissimi sistemi di allarme. Il pavimento è in cotto veneziano e al suo centro è raffigurato un pellicano che rappresenta l'eucarestia. In questo stesso altare sono conservate le statue di S. Giovanni Battista (un legno del XII secolo) e una marmorea, molto importante, che in passato era pagana e rappresentava un satiro. Era solito, nei primi tempi dell'era cristiana, riciclare le statue, benedirle e trasformarle in rappresentazione di santi. E' una scultura pagana attribuita a Prassitele (scultore greco del IV secolo a.C., il maggiore esponente della corrente attica; operò ad Atene: famoso per la dolcezza del suo modellato, lasciò celebri capolavori come Apollo Sauroctono e Afrodite cnidia). Come i satiri, figure mitologiche che abitavano nei boschi, la statua aveva i piedi di cavallo che nel passato furono tagliati e sostituiti con quelli umani di gesso (i nuovi piedi si sono leggermente staccati dal corpo, perché il marmo e il gesso non legano tra loro). La statua, dipinta leggermente, divenne quella di S. Sebastiano che, nei tempi andati, veniva invocato contro la peste, le calamità, per la salute. E' una statua che ha un gran valore archeologico. Il pavimento dell'altare è costituito da un cotto fiorentino del Cinquecento con al centro la figura di un Pellicano che simboleggia l'eucarestia. L'altare successivo, un altare di marmo verde di Vitulano (Benevento) del Settecento, dedicato a S. Antonio da Padova, contiene due porte anch'esse dello stesso periodo e un prezioso Paliotto con intarsi policromi di madreperla, lapislazzoli e pietre dure. A destra sono presenti due bassorilievi: una veduta di Miglionico e S. Pietro, a sinistra re Milone con il castello e S. Paolo. Sui quattro pennacoli della cupola vi sono quattro bassorilievi, le quattro virtù cardinali. Sull'altare vi è una statua lignea del Santo, copia di quella presente nella Basilica di Padova, opera del Donatello. Il pavimento è in maiolica del Settecento di Vietri sul Mare. L'ultimo altare della navata sinistra, dedicato a S. Antonio Abate, già di S. Caterina d'Alessadria, è il più vecchio della chiesa. Prima dei Ferrato, poi ereditato dai Petito, è composto dalla mensa pagana del dio Dite che si trovava in località Pilieri. Il coro, dietro l'altare, è abbastanza recente, giacché il vecchio andò distrutto nel 1841, a causa di un fulmine. Del vecchio coro sono rimasti solo due tronetti (uno riservato al vescovo e l'altro al vicario generale). Scendendo dall'altare, sulla destra, vi è la fonte battesimale del 1100, da poco restaurata. Nei suoi pressi vi è una porta dalla quale si accede al campanile che ospita dieci campane risalenti al 1512-1562. Le campane sono state restaurate e computerizzate. Attraverso un programma è possibile suonare fino a 300 motivi musicali. Sulla torre campanaria è segnata l'altitudine di Miglionico: 466 metri sul livello del mare.
Le porte della chiesa, il pulpito e la parte lignea dell'organo furono dipinte da un artista locale, Andrea Miglionico. Andrea ebbe 12 figli due dei quali divennero pittori come lui. Fu perseguitato dalla gendarmeria perché era "troppo libero e scostumato nelle raffigurazioni". Si arrivò al punto che il suo studio fu requisito (ex farmacia Motta, di fronte all'entrata principale della chiesa) e trasformato in gendarmeria (fino al 1848). Il secondo altare della navata sinistra è un altare medioevale. Lo stemma che si trova sotto di esso è formato da due spade, una in su e una in giù: quella in su rappresenta la spada di un valvassore, quella in giù la spada di un valvassino. Vi sono anche una bandiera con tre stelle (il tre nel Medioevo era il simbolo della perfezione) che rappresenta l'onore della famiglia nobile che fece costruire l'altare e una corona baronale a testimoniare che questo era un altare baronale. E' presente anche uno stemma vescovile della famiglia Onorati. In precedenza questo altare appartenne ai De Ecclesis di Gravina (Ba). Molto importante è anche il grande organo a "doppio canto firmus" (ha ancora delle componenti fondamentali dell'anno Mille) che è composto di 321 canne con due principali di cui uno asportato dall'organo antico del 1479, costruito dal Can. Ferrato e dall'arcivescovo Palmieri e ricostruito nel 1575. E' opera del monaco Fra' Giobbe di Aquileia del 1479, acquistato dalla nobile famiglia De Ecclesiis che vi appose lo stemma familiare. Rifatto per mano veneta nel 1596, per dono di Marcantonio Mazzone, fu arricchito di pitture in oro zecchino. A seguito dell'incendio del 1749 fu rifatto da Revds D. Joseph Rubino Castillaneten, ampliato di canne e di mantici. Nel 1854, a causa di un terremoto, si spezzò in due parti e ricostruito da un monaco di Grassano. Nel 1996 è stato restaurato dalla Sovrintendenza per le Belle Arti della Basilicata. Nel Marzo del 2001 la rivista SUONARE NEWS - Il mensile dei musicisti ha pubblicato un articolo sul nostro rogano. Dove attualmente è la sede dell'organo, nel secolo XII, abitavano di fraticelli zoccolanti che svolgevano opere di misericordia. La loro cappella si chiamava la Cappella di Misericordia. Di essa è rimasta una finestrella (in alto a destra, prima della sagrestia). I frati si chiamavano zoccolanti perché calzavano dei grossi zoccoli di legno per proteggersi dai serpenti e dai rovi che si trovavano nel loro orticello adiacente la chiesa (ex giardino dei fratelli Labriola). Il primo altare della navata sinistra era la cappella del vescovo, dell'episcopio, del cardinal Palmieri del quale, durante il restauro della chiesa, è venuto alla luce lo stemma di famiglia. Mons. Palmieri era arcivescovo di Matera-Acerenza, ma abitava qui, a Miglionico (erano tre i fratelli vescovi della famiglia Palmieri). Divenne cardinale e lasciò Miglionico per andare a Milano chiamato a svolgervi la funzione di governatore. Quando morì l'ultimo dei suoi fratelli, era ancora vivo e tornò a Miglionico. Alla sua morte venne sepolto a Napoli. Su questo altare è tornata al suo posto, domenica 7 ottobre 2001, dopo essere stata efficacemente restaurata, l'urna contenente il corpo di S. TEODORO MARTIRE e un ampolla col suo sangue. S. Teodoro è un martire del III secolo, di origini orientali, martirizzato a Roma. Il martirologio lo chiama "soldato" dell'impero romano, ma anzitutto del regno di Dio. Invitato a sacrificare alla più nefanda idolatria, oppose un cosciente rifiuto e, appiccando il fuoco, distrusse il tempio della divinità pagana Cibele. Dopo ampia confessione cristiana, subì un crudele martirio. Il suo culto viene diffuso in occidente con i SS. Medici Cosimo e Damiano Martiri, come pure di S. Sebastiano Martire. San Teodoro è venerato in questa chiesa da tempo immemorabile e festeggiato l'8 maggio. Gli anziani del paese sostengono che la rimozione, anche parziale, della sua urna determini violenti acquazzoni, diluvi e temporali. (L'AVVENIRE del 14 ottobre 2001 ha pubblicato una articolo di Gabriele Scarcia sull'avvenimento)Tutti gli altari della navata sinistra sono di Luca Giordano. La parte sottostante la chiesa, del primo periodo semita, non è visitabile ed arriva a 24 metri sotto il livello del pavimento. L'attuale parroco della Chiesa è Don Mark Anthony Stanislaus. LEGGI anche Chiesa Madredal seguente testo è tratto da Miglionico. Il territorio e la sua storia
di Piero
Mele, Mario
Spinello, Nicola
Mele
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Created by Antonio Labriola - 10 Luglio 1999 - Via Francesco Conte, 9 - 75100 Matera - Tel. 0835 310375 |
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