MIGLIONICO.
“Il cammino di un
bracciante”. E’ il
titolo della poesia
che ha vinto il
primo premio del
concorso letterario
2019 (quinta
edizione) sul tema
della “Civiltà
contadina”, a cura
della professoressa
miglionichese
Margherita Lopergolo.
A firmare la poesia,
un nome prestigioso:
è quello della
poetessa
miglionichese Nunzia
Dimarsico, 54 anni,
autrice di oltre
mille liriche e
“ambasciatrice”,
ormai, di una poesia
che, di giorno in
giorno, è sempre più
apprezzata non solo
a Miglionico, ma
anche oltre i suoi
confini. Come
dimostrano, del
resto, i molteplici
attestati che le
vengono rilasciati
nei vari concorsi
letterari, a livello
anche regionale e
nazionale, cui
partecipa. Al centro
di questa poesia,
che è strutturata in
ben 33 versi, c’è il
tema del lavoro
bracciantile. Il
testo poetico è un
“canto” che
rappresenta la
civiltà contadina,
un’epoca ricca di
valori e fonte di
sviluppo economico e
sociale, ma che
oggi, purtroppo, è
in via di
estinzione. In
particolare,
Dimarsico in questi
versi racconta il
“viaggio” della vita
da contadino del suo
nonno materno. Una
vita vissuta
all’insegna della
fatica quotidiana
che non mirava al
profitto, ma solo a
sostenere
economicamente la
propria famiglia. Un
lavoro che veniva
effettuato al limite
della convenienza
economica. L’estro
poetico spinge
l’autrice a
rivedersi nel nonno
e dice: “A volte ero
stanco, molto
stanco… sul limitare
della sera, accanto
al desco e al
crepitio di un
fuoco, ma era
innanzi al vociare
dei sorrisi che
cancellavo ogni
tenebra dal
pensiero”. Sono
versi che ci
riportano alle
nostre radici, alla
nostra identità.
Sono la
testimonianza di una
vita contadina che
ci appartiene e che
rappresenta la
cultura del lavoro,
quale elemento
fondante del
progresso
socio-economico.
Il cammino di un
bracciante
Avevo una falce, una
zappa ed un
rastrello
ed il coraggio di
affrontare il giorno
tra le zolle.
Avevo… quello che
oggi è svanito tra
gli sguardi:
la voglia
d’incontrare lo
splendore di un
albeggio.
Avevo un passo a
ridosso di un
tornante
per ascoltare la
grazia dei silenzi
quando il sole
risorgeva su una
rotta.
Avevo il profumo
nelle nari…
… delle notti
richiuse su un
sentiero,
il medesimo che
percorrevo con gli
occhi d’un
viandante,
ed avevo il cuore
palpitante sul
cammino
verso il latifondo…
solcato dalle
carezze di
un’aurora.
Avevo la fatica
sulla pelle…
rugata dall’ombra di
un tramonto,
ed avevo lo sguardo
acceso sul destino
quando incontravo
una ginestra
indugiare contro un
vento,
lo stesso che rapiva
le nuvole
accoccolate dentro
il cielo
quando la mia
giumenta s’arrestava
lungo un rombo.
Avevo l’impavida
freschezza sopra il
volto
quando l’immagine
della luce mi
parlava senza
tregua,
e mi vestivo piano…
per affrontare il
lavoro di una vita
quando la porta si
chiudeva sulle
spalle
ed apriva un varco
con la parola…
prigioniera sulle
labbra.
E a volte ero
stanco, molto
stanco… sul limitare
della sera
accanto al desco e
al crepitio di un
fuoco,
ma era innanzi al
vociare dei sorrisi
che cancellavo ogni
tenebra dal pensiero
e salvavo le due
mani… dal laccio di
un inverno.
Era allora… e solo
allora… che
perdonavo il mio
destino
che mi legava agli
spasimi della terra
quando un gelo
gravava come un buio
e mi vedeva
abbandonato in una
forma
e con il passo
attardato…. in un
risveglio!
Nunzia Dimarsico
11 marzo 2019 |