MIGLIONICO.
Come promesso al caro Giacomo Amati,
rispondo volentieri agli altri importanti
quesiti sui quali ha sollecitato il mio
parere. Prima però vorrei brevemente
esprimere la mia immensa esultanza per il
grande traguardo conseguito dalla città di
Matera per la nomina a Capitale Europea
della Cultura per l’anno 2019. E’ stato un
successo davvero straordinario che ha
premiato l’impegno e le aspettative non solo
di Matera, ma dell’intera Basilicata. Mai
prima d’ora un evento così eccezionale ha
visto unirsi intorno a sé tutto il popolo
lucano:cittadini di ogni ceto sociale e di
ogni colore politico. E’ un segnale molto
importante, da non sottovalutare per
affrontare in maniera unitaria i gravi
problemi che affliggono purtroppo la nostra
terra.
Passo ora a trattare il primo dei quesiti:
il giudizio sulla ipotizzata riforma
elettorale. Dopo oltre trent’anni che ci si
dibatte sulla necessità di dare al Paese
nuove e più efficaci norme per eleggere i
nostri rappresentanti al Parlamento,
finalmente il governo Renzi ha elaborato
una prima bozza di legge che sarà presentato
a giorni nelle aule parlamentari. E’
senz’altro un passo avanti significativo che
tenta di porre termine ad uno scontro
inaudito intercorso tra le diverse forze
politiche nel corso degli ultimi decenni. Ma
i nodi da sciogliere sono ancora tanti e non
di facile soluzione. Semplifico: preferenze
o liste bloccate; premio di maggioranza ai
singoli partiti o alle forze di coalizione
che raggiungano il 37 o il 40% o più al
primo turno; ballottaggio in caso di
percentuali inferiori o governi cosiddetti
di “larghe intese”; livelli di sbarramento
per consentire ai piccoli partiti di
accedere in Parlamento.
Non sono, come è noto, problemi da poco.
L’accordo cosiddetto del Nazareno tra
Berlusconi e Renzi ha complicato di gran
lunga le cose. Non sembra esserci un’intesa
chiara e definitiva; le ipotesi di soluzione
si aggiornano a seconda dei sondaggi
giornalieri. Un solo obiettivo pare sia
condiviso dai due contraenti: fare ricorso a
liste bloccate. La minoranza del PD sembra
essersi ravveduta dagli errori del passato e
reclama le preferenze; la resuscitata Forza
Italia vuole alzare la soglia di sbarramento
per impedire al NCD di Alfano di entrare in
Parlamento; la Lega e tutte le altre forze
politiche, compresi SEL e Fratelli d’Italia,
spingono per il ritorno al proporzionale.
Il mio parere, caro Giacomo, ti è già noto.
L’ho espresso più compiutamente tre anni fa
in un analogo intervento, nel quale avevo
denominato “Doppio turno all’italiana” la
mia idea di legge elettorale. Essa prevede:
ballottaggio tra i primi due o tre partiti
che superino il 15% dei consensi al primo
turno, collegi uninominali per un maggiore
legame degli eletti al territorio; per i
partiti che non raggiungano il 15% dei voti,
un seggio per ogni punto percentuale (
almeno l’1% ), allo scopo di garantire a
tutti un minimo di rappresentanza. Ma se
tutto ciò non sarà possibile, si approvi al
più presto il disegno del Governo, qualunque
sia la soluzione adottata, per porre
finalmente termine al tormentone infinito
che paralizza irresponsabilmente tutta
l’attività parlamentare. A tale riguardo il
Premier Renzi, nella Direzione del PD di
due giorni fa, ha ulteriormente rimodulato
la sua proposta prevedendo di attribuire il
premio di maggioranza alla singola lista
che superi almeno la soglia del 40%.
Come era logico attendersi, la proposta è
stata benevolmente accolta dal NCD e
respinta da Forza Italia, la quale rivendica
il rispetto del patto del Nazareno, un patto
così segreto, forse sconosciuto agli stessi
sottoscrittori. Fuor di metafora, è ora di
smetterla con i veti contrapposti,
alimentati solo da interessi di parte, e
procedere speditamente a consentire al
popolo italiano di scegliersi il partito
che governi il Paese per i cinque anni
successivi alle consultazioni elettorali.
Secondo quesito:il giudizio sulla riforma
del Senato, già approvata in prima battuta
dagli stessi senatori. Inutile ripercorrere
le reiterate discussioni che hanno occupato
i dibattiti televisivi per l’intera estate;
la legge è stata approvata in Senato non
senza il mal di pancia trasversale alle
minoranze dei partiti che l’hanno
appoggiata. La critica più dura che queste
ultime rivolgevano, e rivolgono tuttora
contro la legge, consiste nel rivendicare
che i senatori siano eletti direttamente
dal popolo e non scelti nell’ambito dei
Consigli regionali. Critiche non meno
consistenti sono pervenute da non pochi
costituzionalisti come Zagrebelsky e
Rodotà , i quali oltre a privilegiare l’
elezione diretta, sottolineano la
incostituzionalità di una legge che in
pratica attribuisce ai singoli partiti il
potere di nominare , quasi direttamente, i
membri del futuro Senato.
Le ragioni addotte dal Governo per
giustificare tali scelte sono in verità non
sempre convincenti: rispetto del patto del
Nazareno, - sarà un chiodo fisso, chissà!; -
risparmio sul numero dei senatori, 111
compresi quelli di nomina del Presidente
della Repubblica; superamento del
bicameralismo perfetto; maggiore aderenza al
territorio da parte degli eletti. Senza
dubbio, molte delle ragioni evidenziate sono
condivisibili , ma a mio modestissimo
parere, frutto non di chissà quali
competenze giuridiche, ma espressione di un
pratico buon senso e risultato dall’ascolto
di interminabili dibattiti televisivi, il
disegno va in parte rivisto. D’accordo sul
superamento del bicameralismo, bene la
riduzione del numero dei senatori, ma non
poche modifiche occorrerebbe introdurre al
testo originale.
Se il compito da assegnare al nuovo Senato è
solo quello di dirimere controversie tra lo
Stato e le Regioni e di portare
all’attenzione del Governo le istanze dei
singoli territori, l a legge attuale
potrebbe anche condividersi; se invece,
come da me auspicato, alla nuova istituzione
si vuole assegnare un compito di più alto
profilo istituzionale, quale quello della
salvaguardia dei valori supremi del popolo,
etici , morali, giuridici e sociali,
allora molto è da rivedere. Innanzitutto non
mi sembra essere indispensabile una ferrea
espressione territoriale degli eletti. La
scelta potrebbe avvenire tra alti esponenti
della cultura, delle arti, delle varie
scienze, sia giuridiche che economiche,
indipendentemente dal luogo di residenza.
Non per ultime, non esiterei a reintrodurre
nel meccanismo elettorale due modalità di
elezione che certamente non farebbero comodo
ai partiti di maggioranza: penso alla
reintroduzione delle preferenze anche per
l’elezione dei senatorie, soprattutto,
della reintroduzione del sistema
proporzionale, allo scopo di dare spazio a
tutte le componenti politiche, dal momento
che il Senato non dovrebbe più avere potere
deliberante sulle questioni di principio e
di indirizzo cui si è fatto cenno.
Chiedo scusa ai probabili lettori se mi
sono dilungato un po’ troppo, ma i problemi
da trattare sono così complessi che
richiedono non pochi approfondimenti. Rinvio
ad un prossimo intervento la risposta ai
rimanenti quesiti propostimi.
Domenico Lascaro. |