MIGLIONICO.
Il falò di Santa Lucia, cultura e
tradizione. L’usanza,
tramandatasi negli anni, ha visto nel falò
del 13 dicembre, dedicato a Santa Lucia
vergine e martire da Siracusa, un
appuntamento cui i miglionichesi non hanno
saputo rinunciare. Un appuntamento perdutosi
con le nuove generazioni protese più verso
la tecnologia che al rispetto delle
tradizioni contadine e popolari, da cui il
falò fino a noi è arrivato. La Pro Loco ha
riacceso da qualche anno la fiammella delle
antiche tradizioni. Ed il falò è una di
quelle da rivalutare. “I falò di Santa Lucia
–precisa la presidente Angela Centonze -
sono stati negli anni motivi di confronto
fra i vari rioni. Ogni rione aveva il suo
falò che doveva brillare alto nel cielo per
aggregare più gente
possibile,
attorno al fuoco. Nei rioni Torchiano,
Convento, Sant’Angelo oltre a quello del
Castello, cui si sono aggiunti negli anni i
nuovi della Pila e del Mulino, a partire
dagli inizi di dicembre era un andirivieni
di persone, in prevalenza ragazzi, che si
dedicavano alla raccolta e accatastamento
ordinato di legna e rami secchi da ardere
per costruire al centro del loro quartiere
il falò dedicato alla Santa. E il 13
dicembre, giorno indicato come solstizio
d’inverno, (Santa Lucia, il giorno più corto
che ci sia), prima della riforma dei
calendari, diventava una giornata di festa
collettiva. Tutti gli abitanti scendevano in
strada per trascorrere la serata intorno al
falò. Dai carboni ardenti si sprigionava il
profumo di patate, fave, ceci, castagne e
carne arrosto che con un bicchiere di vino,
portati convivialmente da qualcuno dei
partecipanti, riscaldava la solitamente
gelida serata invernale.” Le origini dei
falò rimandano ad un’ancestrale ritualità
coincidente appunto con il solstizio
d’inverno che creava ansia e timori
nell’uomo, causati appunto dall’affievolirsi
della luce del sole, fonte di calore e vita.
E per aiutare l’astro a recuperare il
vigore, si accendevano grandi fuochi. Anche
a Miglionico! Dopo lo spegnimento spontaneo
dei falò, sulla cui cima si era soliti
mettere rami d’arancio e spighe di grano
propiziatori oltre ad una palma simbolo del
martirio della santa, il carbone veniva
portato in ogni casa mentre le ceneri
venivano disperse nei campi come simboli di
protezione e benedizione. “Tale usanza – ci
spiega Michele Piccinni- risale al lontano
1534 e fu voluta dal Cardinale Andrea Matteo
Palmieri, governatore del Clero di Roma e
Vice governatore di Milano, il quale, fece
costruire dall’artista lucano Altobello
Persio, la preziosa scultura dedicata alla
Santa che, il 13 dicembre del 304 d.c., morì
martire in difesa della sua cristianità dopo
aver devoluto ai poveri le sue ricchezze.
Per la posa della statua, tutta la
cittadinanza miglionichese con suoni di
campane a festa fu invitata ad assistere
all’accensione di grandissimi falò nelle
diverse piazze del centro storico.” Ed oggi
si risveglia appunto quella tradizione.
Dalle ore 7, il giro del banditore,
“scettabbann”, annuncerà la deposizione
della legna, in largo Pinerolo (quartiere
Convento) per le ore 16. Musica ed
intrattenimento per il centro storico
porteranno alle 19:30, alla benedizione del
grande falò che riaccenderà la tradizione.
Antonio Centonze |