MIGLIONICO.
Una luce sempre accesa nel panorama
letterario miglionichese: è la poesia di
Nunzia Dimarsico (52 anni) che, con la
sua lirica “La quiete dell’indifferenza”, è
stata premiata nell’ambito della quarta
edizione del concorso letterario
internazionale di poesia “Universum
Basilicata”, a cura dell’associazione
culturale “Universum Academy Switzerland”,
presieduta dalla professoressa Novella
Capoluongo Pinto. Un riconoscimento
prestigioso che va a suggellare il talento
poetico di Dimarsico, che scrive liriche sin
dall’età adolescenziale ed è autrice di
oltre mille componimenti poetici. Nella
fattispecie, l’autrice miglionichese s’è
classificata al terzo posto per la sezione
“B1-Gli indifferenti”, categoria adulti,
ispirata dalla seguente idea di Papa
Francesco: “La cultura del benessere che ci
porta a pensare a noi stessi, ci rende
insensibili alle grida di altri, ci fa
vivere in bolle di sapone, che sono belle ma
non sono nulla, sono l’illusione del futile,
del provvisorio che porta all’indifferenza
verso gli altri, anzi porta alla
globalizzazione dell’indifferenza”. La
cerimonia della premiazione s’è svolta lo
scorso 21 marzo, in occasione della
“Giornata mondiale della poesia” presso il
teatro “Stabile” di Potenza. Nella
circostanza, Dimarsico è stata premiata con
una targa ed una pergamena che reca la
seguente motivazione: “La quiete è
metafisica dell’indifferenza: è analisi e,
insieme, celebrazione di essa, nelle sue
indefinibili sfumature. E’ scelta definitiva
e contrapposta alla scelta violenta e
passionale dell’amore”. Al centro della
poesia scritta da Dimarsico, costituita da
otto strofe per complessivi trenta versi,
c’è il tema dell’indifferenza, concepita
come insensibilità e mancanza. Assenza di
cosa? Semplice: per la poetessa,
l’indifferenza prefigura un “vuoto
affettivo” che causa solitudine e dolore: è
come una “prigione di pensieri”. E’ anche
silenzio. E può essere pure uno scudo, un
guscio protettivo, un meccanismo di
autodifesa al quale si ricorre per non
soffrire di fronte alle delusioni ed alle
vicissitudini della vita. La lirica, così
ricca di contenuti ed immagini che catturano
l’attenzione del lettore, è uno struggente
canto di solitudine: descrive l’uomo che
sembra camminare da solo, guarda gli altri,
ma è come se non li vedesse. E dà la
sensazione che lui stesso non riesce a
capire chi sia veramente. Ma è solo
un’impressione apparente: l’uomo è chiamato
a mettere le “ali per spiccare il volo in
altri cieli, lì dove i gabbiani e gli
usignoli si agghindano dei canti puri, senza
gli echi di paure”. Ne discende che l’uomo
d’oggi dovrà uscire “fuori da ogni ombra”
per appropriarsi della capacità di essere
libero: lontano dalla solitudine, libero
dalla prigione dell’egoismo, libero da una
sorta di autonegazione,
dall’incomunicabilità e, quindi, da una vita
senza senso. Per vivere nella luce
dell’amore per il prossimo. Giacomo Amati |