Giacomo Amati

GIACOMO AMATI

14 Giugno 2017

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MIGLIONICO
In pensione tre colonne portanti della scuola miglionichese
 

MIGLIONICO. La scuola dentro di loro. Ne ha attraversato l’anima. Ne ha contraddistinto l’identità. E’ stata la loro vita. Una “seconda pelle”. Una seconda casa. Che tra pochi giorni dovranno salutare. Andranno in pensione, dal prossimo primo settembre, tre “colonne portanti” della scuola miglionichese: Antonietta Laforgia (60 anni), Beatrice Bilotta (65 anni) e Franco Centonze (65 anni). Tre protagonisti di spicco che hanno fatto la storia della nostra scuola. Tre simboli: la riflessiva e creativa Laforgia è l’immagine della scuola primaria; il pacato Centonze simboleggia l’ufficio di segreteria, ovvero il lavoro “dietro le quinte”, meno visibile ai più, ma di vitale importanza per il buon funzionamento dell’istituzione scuola; la saggia Bilotta rappresenta la scuola dell’infanzia. Tutti e tre lasciano un’eredità significativa, una “merce rara” nella società d’oggi: la cultura del lavoro. Tutti e tre hanno scritto pagine importanti della storia scolastica di Miglionico, dando il meglio delle proprie possibilità. Vediamoli più da vicino.
Antonietta Laforgia
Razionale, creativa, amorevole. Potrebbero bastare questi tre aggettivi per rappresentarla. Ma chi, come il sottoscritto, ha avuto l’opportunità di conoscerla a fondo, sa che la sua personalità di educatrice va oltre questi “confini”. Ho avuto modo di “scrutarla” da vicino e di condividerne gioie (tante) e nessuna delusione, per fortuna. Tra le prime, spicca, in modo particolare, quella indelebile vissuta a conclusione dell’anno scolastico 2010/2011, in occasione del ritiro, a Torino, del premio a carattere nazionale denominato “Fratelli d’Italia”. Un riconoscimento conquistato, con la sua “regia”, dagli alunni delle classi quinte, sez. A e B. Il premio “FAI” (Fondo Ambiente Italiano). Con il successivo e gratificante riconoscimento assegnato della Regione Basilicata. Grazie a lei, la nostra scuola seppe scrivere una memorabile pagina di storia culturale di alto spessore artistico e pedagogico. Tanti sono gli altri riconoscimenti non scritti. Per lei fare scuola è stato come fare una carezza a centinaia e centinaia di bambini che ha aiutato a crescere. Carezze. Come quelle che rivolge ai suoi tre figli e ai suoi nipoti. La scuola come prolungamento della sua famiglia. Chiude la sua strepitosa carriera di educatrice, una bellissima storia d’amore, con la nomina di vicario del dirigente scolastico. Il sigillo finale. La testimonianza dei suoi molteplici talenti. Il coronamento di una carriera formidabile. Come una stella: continuerà a brillare il suo esempio. Il senso del dovere. Lo spirito della responsabilità.
Franco Centonze
Lo stacanovista del lavoro. In 43 anni di servizio s’è assentato una trentina di giorni: meno di un giorno all’anno. Roba da record, da “Guinness dei primati”. Una vita dietro la scrivania. Nell’ufficio della segreteria. Dietro quel tavolo. Che, con lui, sembra un “trono”. Il posto, la sedia, la scrivania “dell’imperatore”, del “sovrano” dallo sguardo “magnetico”, cui non sfugge nulla. Il “radar” della scuola miglionichese. Riservato e potente. Forte. Di quella forza che gli deriva dal lavoro. Il “capitano” del protocollo. Il “signore” delle nomine. Delle tante nomine di supplenza con cui ha reso felici numerosi insegnanti non di ruolo, in cerca del primo lavoro nel mondo dorato della scuola. In tanti anni di lavoro non l’ho mai visto alzare la voce. Sussurra. Dispensa suggerimenti. Consiglia. Indica soluzioni. Il “suggeritore” discreto e prudente. Risparmiatore incredibile: per ottenere una penna nuova, bisognava restituirgli quella in dotazione. La “memoria storica” dell’istituto comprensivo “Don Donato Gallucci” che ha visto nascere. Nonostante la “familiarità” di un’amicizia con lo scrivente, nata sin dall’infanzia, non ha mai chiesto niente per sé. Una carriera scolastica da “deus ex machina”. Da anti personaggio. L’ho visto all’opera in modo “ravvicinato”. Lascia in eredità il “trono” del lavoro. Il primo ad arrivare. Sempre. L’ultimo ad andare via. Ogni giorno. Stupendo!

Beatrice Bilotta.
L’educatrice autorevole e riservata. Saggia e giudiziosa. Il suo tratto distintivo va ricercato nella dedizione al lavoro. Capace di esprimere un’azione educativa pregevole e raffinata. Spesso un “passo indietro”. Ma con l’aria di chi ne sta due avanti. Diploma di maturità all’istituto Magistrale e funzione docente completamente esplicata a beneficio dei bambini della scuola dell’infanzia. A servizio dell’innocenza. Pensatrice d’eccellenza. Ho avuto il piacere di conoscerla sin dagli anni dell’adolescenza: siamo stati compagni tra i banchi della scuola media. E, sin da allora, ne ho scoperto le virtù. Tra di esse ne spiccano quattro: la pazienza, lo spirito di collaborazione, l’autocontrollo e la dedizione al lavoro. E, poi, ovviamente, l’amore per i bambini, concepiti come una continuazione del suo essere mamma. Ho avuto il pregio di ritrovarla a scuola negli ultimi anni della nostra carriera scolastica: l’ho riscoperta serena e sensibile, incapace di importunare. Felice. Di quella felicità che si ottiene, quando si rende felici gli altri: nella fattispecie, i bambini che crescono e diventano adulti. La maestra Beatrice ha rappresentato un tesoro per la nostra scuola. Una scuola che ha saputo amare con tutta se stessa. La sua carriera di educatrice è stata un inno all’amore per l’infanzia. La testimonianza esemplare dell’arte di educare. Encomiabile la sua voglia di migliorarsi. Sempre! Giacomo Amati

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