Giacomo Amati

GIACOMO AMATI

7 Giugno 2017

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Notte di paura a Torino per Ivana Dimucci
 

MIGLIONICO. Notte di paura per Ivana Dimucci, 34 anni, miglionichese doc, tifosissima della Juventus, di professione bancaria, che, verosimilmente, non dimenticherà mai: è quella del 3 giugno 2017. Il giorno della finale di “Champions League” tra la Juventus e il Real Madrid. Per lei, la serata di quel giorno è stata contrassegnata dall’amarezza per la sconfitta della sua squadra del cuore e dal terrore per gli incidenti causati dal panico per lo scoppio improvviso, probabilmente, di un petardo in piazza San Carlo, a Torino.
“Sabato scorso – racconta Ivana, ex consigliere comunale “grillina” in seno all’ assemblea cittadina – mi trovavo a Torino ed ero tra le 30 mila persone radunate in piazza per guardare la finale sul maxischermo. All’improvviso, subito dopo il terzo gol del Real Madrid, è scoppiato il caos: nei nostri cuori di tifosi, la delusione per la sconfitta che si stava delineando ha lasciato il posto alla paura. Una paura che difficilmente potrò dimenticare. Un botto ha causato un fragore assordante. E in piazza non s’è capito più niente: tutti a correre per guadagnare una via di fuga e mettersi in salvo: c’era chi piangeva, chi chiedeva aiuto, chi gridava che era scoppiata una bomba e che si era verificato un attentato terroristico. Per terra numerosi cocci di vetro di bottiglie rotte e sangue ovunque. Quella bella piazza sembrava essersi trasformata in un luogo di battaglia, quasi un mattatoio.  Tante erano le persone che stavano per terra. Non si capiva più niente: sono scappata anch’io, ma nella confusione generale sono stata spinta e sono caduta, riportando una ferita al ginocchio sinistro che ancora oggi è dolorante. Temevo di restare schiacciata tra le transenne che vi erano state installate per motivi di sicurezza. Paradossalmente, proprio quelle transenne in metallo hanno rappresentato una trappola, perché ostacolavano la fuoriuscita dalla piazza. Non so come ho fatto a scavalcarle, mettendomi in salvo. Poi, conclude, muovendomi a piedi, pur dolorante, dopo un paio di ore ho raggiunto il mio albergo. Ma, in camera, per lo spavento, non ho chiuso occhio per tutta la nottata”. Giacomo Amati

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