MIGLIONICO.
“Vivo da solo perché non ho tempo per gli
altri. Perché non ho trovato la persona
giusta. Perché sono rimasto solo. Perché
preferisco così. Per scelta, per necessità,
per convenienza. Le famiglie cambiano
struttura. Si restringono, anno dopo anno:
da una media di 2,7 componenti nel 1995 sono
passate a 2,4 nel 2015. E a furia di
contrarsi, si riducono al minimo: a una
persona sola. Si diffondono le “famiglie
unipersonali”, scrive Sabina Minardi su
“L’Espresso” del 22 gennaio 2017. Le
famiglie unipersonali sono il 31,1 per
cento, certifica l’Annuario statistico dell’Istat
2016. La semplificazione familiare è
compiuta. Dal Nord al Sud. Con la quota più
alta di famiglie unipersonali al Centro: il
34,2 per cento del totale. E le regioni
campioni del fenomeno sono la Liguria
(40,2%), la Valle d’Aosta (39,85), il Lazio
(38%). Insomma si sta diffondendo una
“società atomistica, individualista,
egoista”, dice il filosofo Umberto
Galimberti. Quali le conseguenze? “Saremo
una società più egoista – spiega Galimberti
– quando le società sono povere, i vincoli
familiari sono più forti e prevale la
solidarietà. Invece, quando le società
diventano opulente, o comunque libere dai
bisogni fondamentali, individualismo ed
egoismo, caratteristiche proprie del
benessere, si fanno più radicali”. Poi il
filosofo dice che la “gente non ha voglia di
assumersi la responsabilità di un’altra
persona e di una famiglia. Ha qualche
piccolo privilegio e preferisce goderselo da
solo. Ma una società individualistica è
indubbiamente più povera. Non solo. Si
impoverisce la stessa struttura psichica
dell’uomo, a causa del decadimento
sentimentale. Vivere da soli depaupera i
sentimenti”. Giacomo Amati |