MIGLIONICO.
Ecco un altro dramma dell’umanità: è quello che da un
anno e mezzo (dal 19 marzo 2015) vivono le persone dello
Yemen. “Un Paese sfigurato dalla guerra civile e dalla
carestia”, scrive Dacia Maraini sul Corriere della Sera
(giovedì 6 ottobre 2016). Lo Yemen è uno Stato arabo,
con una popolazione di oltre 24 milioni di abitanti. A
Nord confina con l’Arabia Saudita e a Sud confina col
Golfo di Aden (Oceano Indiano). Fino allo scorso mese di
agosto le vittime della guerra civile erano già 10 mila.
Le foto dei bambini che vivono nello Yemen, che è uno
dei Paesi tra più poveri del mondo, ritraggono immagini
di scheletri di bambini, fatti di pelle ed ossa. “Da noi
– scrive Dacia Maraini –i bambini sono spesso troppo
grassi e devono imparare a nutrirsi di meno. Quei
piccoli scheletri che si potrebbero contenere nel cavo
di due mani, dovrebbero farci capire che il mondo sta
andando verso drammi comuni da cui non possiamo tirarci
fuori semplicemente chiudendo la porta e gli occhi.
Eppure quelle fragili e tenerissime creature con un
piede nell’aldilà, sembrano incapaci di odiare e
sorridono alle loro mamme disperate, a noi che guardiamo
cercando di non guardare. Io so cosa vuol dire arrivare
a mangiare le formiche per fame, arrivare a strappare
l’erba dalla terra per calmare uno stomaco che protesta.
Le gambe non reggono, i capelli cadono, i denti
traballano e lo sguardo non distingue più bene in
lontananza. Quella fame è l’anticamera della morte e le
povere madri lo sanno. Di fronte a tutto questo
l’indifferenza è la peggiore delle risposte. Ricordo che
in Africa ho visto tanti piccoli tenuti al seno dalle
madri, anche quando non avevano più latte, nella
disperata speranza di continuare a nutrirli con i propri
umori, perché il passaggio dal latte materno all’acqua è
la cosa più pericolosa che esista quando l’acqua è
inquinata. Due bambini su tre muoiono in quel passaggio.
Cosa fare per aiutarli? Chiudersi nel proprio giardino
privilegiato è la cosa più inumana, ma anche più stupida
che possiamo fare. Dobbiamo cominciare a rinunciare a
qualcosa del nostro benessere”.
Giacomo
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