Giacomo Amati

GIACOMO AMATI

16.07.2016

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MIGLIONICO
Chi era veramente Adolf Hitler? (Terza parte)
 

MIGLIONICO. Il mistero di Hitler. Terza ed ultima parte del bellissimo articolo di Pietro Citati,scritto per il “Corriere della Sera” (11 luglio 2016). “Negli ultimi anni della sua vita – scrive Citati – Hitler cambiò profondamente: non parlava più alla folla né alla radio. Si allontanò e diventò invisibile. Si trasferì in una zona della Prussia orientale, che Galeazzo Ciano definì la “Tana del lupo”. Era una via di mezzo tra il monastero e il campo di concentramento. L’evento principale di ogni giornata era il punto sulla situazione militare, a mezzogiorno. Durante il pranzo, Hitler si atteneva, come sempre, a una dieta rigorosamente vegetariana. Spesso consumava il pasto da solo. Alle 17 invitava le segretarie a prendere un caffè. Dopo cena, faceva proiettare un film. Bastava una parola e si lanciava in una arringa interminabile contro il bolscevismo. Guardava una carta geografica d’Europa: teneva il dito puntato su Mosca e diceva: “Mosca verrà rasa al suolo”. Ascoltava dischi: sempre gli stessi: Beethoven, Wagner, Hugo Wolf. Non aveva amicizia per nessuno: l’uomo, diceva, era un “risibile batterio”. I nemici erano insetti nocivi da schiacciare tra le dita. Aveva tenerezza solo per la sua cagna. Il popolo tedesco era spregevole. Un giorno, accanto al suo treno, si fermò un treno pieno di soldati tedeschi feriti: si rifiutò di vederli e di parlare con loro. Aveva un profondo disprezzo per i suoi generali, che considerava incompetenti e traditori. Pensava di essere il più grande condottiero di tutti i tempi. Obbediva a un principio: le truppe non dovevano mai ritirarsi, anche a costo di venire accerchiate e distrutte. Nei primi mesi del 1943 cominciò ad ammalarsi: soffriva di capogiri; la sola vista della neve gli dava un acuto malessere. Lamano sinistra tremava di continuo. Soffriva di una terribile insonnia. Era nelle mani del suo medico che lo riempiva di medicine, ventotto diverse pasticche al giorno. Aveva emicranie, mal di denti, crampi allo stomaco, attacchi di cuore. Balbettava, sembrava che la volontà di vivere l’avesse abbandonato completamente. Mangiava solo dolci. Era – disse un ufficiale - un rottame umano rimpinzato di dolci”. Il 16 gennaio 1945, Hitler fece ritorno alla Cancelleria del Relch, a Berlino. Si rifugiò in un bunker, a due piani, scavato a otto metri di profondità. Poco dopo la mezzanotte del 29 aprile 1945, tra il rumore sempre più vicino delle cannonate russe, sposò Eva Braun, con la quale, il giorno dopo, si suicidò. “Quando un cameriere aprì la porta della sua stanza, vide il Fuhrer ed Eva Braun distesi, l’uno accanto all’altro, sopra un divano: dal corpo di lei veniva un penetrante odore di mandorle amare, l’odore dell’acido prussico: Hitler aveva la testa piegata: il sangue colava da un foro sulla tempia destra. La pistola giaceva ai suoi piedi. I due corpi vennero bruciati nel giardino della Cancelleria, mentre i superstiti gridavano per l’ultima volta “Heil Hitler”. Non erano ancora le diciotto e mezza del 30 aprile 1945. Il giorno dopo, la radio tedesca annunciò che il Fuhrer “era caduto in combattimento, lottando contro il bolscevismo”. Era l’ultima menzogna di una lunga serie di menzogne, che per molti anni avevano insanguinato la terra. Giacomo Amati

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