Giacomo Amati

GIACOMO AMATI

16.07.2016

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MIGLIONICO
I matrimoni senza sposo stanno diventando comuni in alcune zone della Siria
 

MIGLIONICO. Storie di guerra. In tempi di guerra e di privazioni, spesso, le tradizioni sono tutto quel che resta. Così in Siria, dove oltre 11 milioni di persone, circa metà della popolazione, sono fuggite dalle proprie case, ci sono spose che chiedono di celebrare il proprio matrimonio da sole, tra gli applausi e le danze della famiglia e degli amici, ma senza il marito, prima di ricongiungersi con lui all’estero.E’ la storia del tutto singolare raccontata dalla giornalista Viviana Mazza (Corriere della Sera, 8 luglio 2016). “I matrimoni senza sposo stanno diventando così comuni in alcune zone della Siria che è ormai bizzarro vedere le coppie unite nel giorno delle nozze. C’è l’abito bianco, il fotografo, la banda che suona. L’unica cosa che manca, oltre al marito, è la torta, perché in Medio Oriente la tradizione prevede che venga tagliata con una spada dall’uomo al fianco della sposa”. A causa della guerra civile, molti uomini sono fuggiti all’estero. E sono uomini anche la stragrande maggioranza dei 400 mila siriani morti in cinque anni di conflitto. “Intere città, inclusa Damasco, sono popolate oggi soprattutto da donne, da anziani e ragazzi. Le donne sono diventate le capofamiglia. Se nei primi anni di guerra pochi celebravano i matrimoni, perché non se la sentivano di festeggiare mentre il loro Paese crollava, adesso le famiglie hanno deciso di riprendere le consuetudini perché tanto non c’è speranza che le cose cambino”. Dopo la cerimonia nunziale senza lo sposo, le spose aspettano di raggiungerlo all’estero. “Quando le spose appaiono nel loro abito bianco davanti ai familiari, ci si accorge che negli occhi dei loro cari non c’è gioia, ma solo tristezza”. La guerra civile siriana, “iniziata nel 2011, ha costretto circa 12 dei 17 milioni di abitanti a lasciare le proprie case. Di questi, 8 milioni sono sfollati interni, mentre 3 milioni e mezzo sono riparati in Turchia, Libano e Giordania. Gli altri sono rifugiati soprattutto nei Paesi europei”. Giacomo Amati

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