MIGLIONICO.
Il tempo corre veloce nella realtà d’oggi. Ma il poeta
miglionichese Mimì Daddiego sembra fermarlo nella sua splendida
poesia in dialetto miglionichese, “L’Altar” (Altare), la quarta
pubblicata in esclusiva su “Miglionicoweb”. Un componimento
poetico fantastico, costituito da 14 versi che ci fanno rivivere
i valori della “Civiltà contadina” e che ritraggono la mitica
figura del contadino, “scarpa grossa e cervello fino” (geniale),
capace di vivere in povertà e in ricchezza, prendendosi cura del
suo tomolo (4 mila metri quadri) di terra. Gli bastava. Era
sufficiente questa sua “creatura” per vivere in libertà e in
modo sereno. L’altare era il luogo in cui il contadino,
quotidianamente, “zuopp’ e zuopp” (anche quando era claudicante)
si recava a lavorare. Nella poesia, l’altare simboleggia lo
spazio del suo lavoro che, fino agli anni Settanta, più o meno,
faceva parte della vita di ciascun miglionichese. Nel suo orto,
il contadino metteva a dimora i semi della vita: i ceci, le
fave, i pomodori, eccetera. Ed era capace di curarne
amorevolmente ogni piccolo germoglio. Amava osservare e nutrire
quelle sue piante che, poi, avrebbero generato gli alimenti
essenziali della sua mensa. La poesia ci fa riflettere sul
lavoro del contadino, faticoso, ma appagante e fa gonfiare il
cuore del lettore per un’attività lavorativa, poco di moda oggi,
ma sempre affascinante. Tra i contadini, infine, Daddiego
ricorda l’immagine di colui che col “libro dei salmi sott’ a
luvrazz” (sotto il braccio), camminando “a nu cuost” (zoppicando
e curvandosi su di un lato) si recava comunque in campagna, nel
suo orto: era … “G’sepp’ Lambascion”, Giuseppe Clementelli.
Giacomo Amati |