MIGLIONICO.
Rapporto Istat 2016 (Istituto nazionale statistica) sull’Italia
d’oggi.Il presidente Giorgio Alleva l’ha pubblicato sabato
scorso (21 maggio). In sintesi, gli aspetti salienti sono i
seguenti: il nostro Paese sta cominciando ad uscire dalla crisi
economica cominciata alla fine del 2007. La ripresa, però, è
ancora “a bassa intensità”. Le prospettive di sviluppo restano
ancora incerte, anche sul fronte dell’occupazione che, ad ogni
modo, è aumentata dello 0,8% nel 2015 (gli occupati sono 186
mila in più); però l’occupazione “continua a restare
abbondantemente sotto la media europea, con difficoltà che
riguardano in particolare i giovani e le donne”. I giovani che
“non studiano e non lavorano sono 2,3 milioni, mezzo milione in
più del 2008; il 20% delle donne che lavorano abbandona quando
diventa madre, mentre il numero medio di figli per donna
continua a decrescere senza soluzione di continuità”. Nella sua
relazione, il presidente dell’Istat precisa che l’Italia “è
irriconoscibile rispetto al 1926, nel senso che ha fatto
progressi in tutti i campi: dalla lunghezza della vita alla
forza economica. Ma mantiene antiche debolezze: dalla eccessiva
distanza tra Nord e Sud all’arretratezza nei livelli medi
d’istruzione. Inoltre, s’è aggravata la disuguaglianza tra
ricchi e poveri”. In particolare, le persone in condizioni di
“povertà assoluta”, cioè non in grado di “acquistare un paniere
di beni e servizi essenziali, sono aumentate: da circa 1,7
milioni nel 2007 a 4,1 milioni nel 2014, ovvero del 140%.
Infine, sono tante le famiglie “jobless”, vale a dire quelle in
cui nessuno è occupato, sono passate dal 10% del 2008 al 14,2%
del 2015, corrispondenti a 2,2 milioni di famiglie. Nel Sud,
poi, sono ancora di più, il 24,5%”. Conclusione: stiamo uscendo
dalla recessione, ma “campanelli d’allarme restano la povertà,
l’aggravarsi delle disuguaglianze e la precarietà del lavoro”.
Ultimo dato: l’Italia con il Giappone e la Germania è una delle
nazioni più vecchie al mondo: gli italiani centenari nel 2015
“sono quasi 20 mila”. Giacomo Amati |