MIGLIONICO.
Nei giorni scorsi, nel corso della cerimonia del conferimento a
Papa Francesco del Premio internazionale “Carlo Magno” per
l’impegno a favore della pace nel mondo e della difesa dei
diritti umani, il Santo Padre ha pronunciato un memorabile
discorso che quasi tutti i commentatori hanno paragonato al
famoso discorso, “I Have A Dream” (Io ho un sogno) tenuto da
Martin Luther King (28 agosto 1963), in cui veniva espressa la
speranza che un giorno la popolazione di colore avrebbe goduto
degli stessi diritti dei bianchi. Fonte Gazzetta Del
Mezzogiorno,eccone i passaggi più significativi. “Sogno un nuovo
umanesimo europeo – ha sottolineato il Pontefice – un’Europa
capace di essere ancora madre perché rispetta la vita e offre
speranze di vita. Sogno un’Europa che si prende cura del
bambino, soccorre come un fratello il povero e chi arriva in
cerca di accoglienza perché non ha più nulla e chiede riparo.
Sogno un’Europa che ascolta e valorizza le persone malate e
anziane. Sogno un’Europa in cui essere migrante non è un delitto
e dove i giovani respirano l’aria pulita dell’onestà, dove
sposarsi e avere figli è una responsabilità ed una gioia, non un
problema dato dalla mancanza di un lavoro stabile. Sogno
un’Europa di cui non si possa dire che il suo impegno per i
diritti umani è stata la sua ultima utopia”. Poi, il Santo
Padre, rivolgendosi all’Unione Europea, s’è chiesto: “Cosa ti è
successo madre dei diritti umani? Paladina della democrazia e
della libertà? Cosa ti è successo, Europa terra di poeti,
filosofi, artisti, musicisti, letterati? Che cosa ti è successo,
Europa madre di popoli e nazioni, di grandi uomini e donne che
hanno saputo difendere e dare la vita per la dignità dei loro
fratelli”? Infine, il Pontefice ha auspicato un’Europa capace di
dare alla luce un “nuovo umanesimo”, fondato su tre capacità: la
capacità di integrare, di dialogare e di generare. “Il volto
dell’Europa non si distingue nel contrapporsi ad altri, ma nel
portare impressi i tratti di varie culture e la bellezza di
vincere le chiusure. La pace sarà duratura nella misura in cui
armiamo i nostri figli con le armi del dialogo. In tal modo,
potremo lasciare loro in eredità una cultura che sappia
delineare strategie non di morte ma di vita, non di esclusione
ma di integrazione. Questa cultura del dialogo dovrebbe essere
inserita nel curriculo scolastico, come asse trasversale delle
discipline di studio”. Giacomo Amati |