MIGLIONICO.
Come una carezza. L’ha rivolta, nei giorni scorsi, “nonno”
Vincenzo Buono (75 anni), il decano degli imprenditori edili
miglionichesi, ai sessanta bambini della scuola dell’infanzia
dell’istituto comprensivo “Don Donato Gallucci”, guidato dalla
dirigente scolastica Elena Labbate. In una settimana, quella
coincidente con la chiusura della scuola, per le vacanze delle
festività pasquali, Vincenzo Buono, papà del sindaco Angelo, ha
tralasciato tanti altri impegni di lavoro e s’è dedicato
esclusivamente ad eseguire quelli per la messa in sicurezza del
piazzale antistante il plesso scolastico, in via Dante. Tutto il
lavoro è stato svolto in modo gratuito. Per la locale comunità
scolastica è stato un dono, tanto inedito quanto prezioso. Un
regalo, un bel gesto d’amore, per festeggiare nel modo migliore
la santa Pasqua, espresso dal vecchio imprenditore edile
Vincenzo Buono e rivolto ai bambini della scuola, tra cui,
figura anche il nipotino, il piccolo Iacopo (5 anni), figlio del
sindaco Angelo. I lavori erano stati richiesti dalla dirigente
Labbate per sistemare la pavimentazione “dissestata del cortile
della scuola”. Si trattava di mettere in sicurezza circa venti
metri quadrati di pavimentazione per evitare “il potenziale
pericolo di inciampo” da parte sia dei bambini sia degli adulti.
All’appello della dottoressa Labbate ha prontamente risposto
Vincenzo Buono, il nonno imprenditore edile che, a titolo
completamente gratuito, ha provveduto ad effettuare i lavori di
sistemazione del piazzale della scuola dell’infanzia che
presentava varie sconnessioni del piano pavimento, probabilmente
dovute al “rigonfiamento del terreno argilloso sottostante la
pavimentazione”. In particolare, le opere necessarie al
ripristino della pavimentazione sono consistite nello
“svellimento delle basole rotte per circa 20 metri quadri, nella
preparazione del piano di posa del massetto in calcestruzzo
armato con rete elettrosaldata a supporto della pavimentazione e
nella ricollocazione in opera della basole in pietra esistenti”.
Un lavoro ad opera d’arte che, se fosse stato retribuito,
avrebbe comportato una spesa di oltre duemila euro. Giacomo
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