MIGLIONICO.
Il tema dell’inquinamento ambientale, ovvero, di una vera e
propria “catastrofe ambientale”, costituisce l’argomento di
fondo del libro, “Io, morto per dovere” (la vera storia
di Roberto Mancini, il poliziotto che ha scoperto la “Terra dei
Fuochi”), ed. Nuovo Istituto d’Arti Grafiche, Bergamo, (febbraio
2016) di Luca Ferrari e Nello Trecchia, entrambi giornalisti. Il
volume, che è strutturato in sei capitoli, con prefazione di
Giuseppe Fiorello e postfazione di Monika Dobrowolka (moglie del
poliziotto), per complessive 150 pagine, è stato presentato ieri
sera (sabato 5 marzo), con la consueta bravura, dal prof.
Domenico Lascaro, nella sede del locale circolo culturale,
“La Fucina”.
Il relatore ha ricostruito la vicenda, delineandone, prima,
l’inquadramento storico: in particolare, ha osservato come la
data iniziale del deposito illegale dei rifiuti tossici, in una
vasta zona compresa tra le province di Caserta e Napoli, sia
riconducibile agli anni Settanta; poi, ne ha riassunto gli
aspetti più significativi e drammatici. “In tale area – ha
precisato Lascaro – furono interrati molteplici rifiuti tossici
(industriali e nucleari), causa indiretta di un alto tasso di
tumori su numerosi abitanti ivi residenti”. L’inquinamento da
diossina dei terreni cominciò subito ad avere un impatto
negativo nella catena alimentare. “A far emergere i primi
sospetti sull’attività illegale dello smaltimento dei rifiuti
velenosi – ha raccontato Lascaro – furono le indagini condotte
da un ispettore della Criminalpol della Polizia di Stato,
Roberto Mancini. Inizialmente, però, la sua informativa sui
possibili reati e i presunti autori, non ebbe uno sviluppo
significativo, fino al 2011, quando venne ripresa dal magistrato
Alessandro Milita che approfondì le indagini sul deposito
illegale dei rifiuti”. Quindi, Lascaro ha illustrato la figura
dell’eroe della vicenda, il super poliziotto Roberto Mancini,
“un comunista convinto, accanito lettore del quotidiano Il
Manifesto, ex studente del Liceo romano Cesare Augusto”. In modo
particolare, Lascaro ha evidenziato la figura di Roberto Mancini
“uomo” convinto che, entrando ancora giovane in polizia,
“bisognava provare a cambiare il sistema dall’interno”.
Nel corso del dibattito che ne è seguito, Giovanni Finamore,
vigile urbano in pensione, ha osservato con amarezza, come
Roberto Mancini non ci sia più (è morto di tumore il 30 aprile
2015) mentre i presunti responsabili del disastro ambientale si
stiano difendendo dalle accuse (il maggiore imputato è Cipriano
Chianese). Infine, il dott. Tommaso Ditaranto ha
sottolineato come il super poliziotto Mancini sia stato un uomo
dotato di uno straordinario senso civico, capace di battersi per
il bene comune, fino al punto da sacrificare la sua vita nel
tentativo di portare giustizia nella “Terra dei Fuochi”, un
luogo ormai “avvelenato” da innumerevoli rifiuti tossici,
diventati strumento di corruzione (prima) e poi causa di morte
di tante persone innocenti. Giacomo Amati |