MIGLIONICO.
In fuga dal centrodestra per approdare al centrosinistra. In
quest’ultimo periodo, in Italia, sono tanti gli esponenti
politici che lasciano i partiti ove sono stati eletti ed
emigrano in altre formazioni politiche, preferibilmente nel Pd.
E’ in atto un vero e proprio fenomeno di “trasformismo”
politico. Azioni di “camaleontismo” politico che sembrano
rispondere ad una sola logica: quella utilitaristica, volta ad
accrescere il proprio “potere” politico. Movimenti di
“transumanza”. Azioni di arrivismo e di “gattopardismo”
politico. Del resto, in una società “liquida”, senza legami
duraturi e in presenza di partiti di “plastica” senza un forte
retroterra ideologico c’è poco da stupirsi per lo “spettacolo”
poco edificante che si sta verificando. Ovviamente, il passaggio
da un partito all’altro, di solito, avviene nella direzione
della formazione politica più forte. Apparentemente, a subire il
danno sembra essere il partito abbandonato. In realtà, il guaio
vero lo subisce il partito d’approdo, che finisce col perdere la
propria identità. Oltretutto, è verosimile immaginare che i
“trasformisti” della politica, con la stessa facilità con cui
sono arrivati, possano andarsene, dalla sera alla mattina, in
cerca di altre convenienze contingenti e di migliori “posizioni
di potere”. Qualche anno fa, l’on. Scilipoti, col suo passaggio
dall’Italia dei Valori a Forza Italia, fu aspramente criticato.
Oggi, invece, nessuno sembra indignarsi più di tanto davanti ai
movimenti dei tanti “voltagabbana”. Sembra quasi che la politica
voglia “autoassolversi”. Salvo, poi, prendersela col M5S che,
nel tentativo di contrastare il diffuso fenomeno dei “tradimenti
politici”, propone di introdurre all’interno del suo statuto,
una multa da 150 mila euro a carico dei politici “saltimbanchi”.
A riguardo, alcuni esponenti del Pd pensano che la “strategia
della multa” sia una misura antidemocratica. Chi ha ragione? Da
che parte sta la verità? Giacomo Amati |