MIGLIONICO.
La riforma fondiaria, simbolo delle lotte contadine per la
conquista delle terre abbandonate dagli agrari (latifondisti);
la nascita della scuola popolare per contrastare il fenomeno
dell’analfabetismo; la creazione del sistema radio-televisivo
come mezzo di comunicazione di massa. Su questi tre temi è
incentrato il saggio, “L’ambizioso progetto della riforma
fondiaria come progetto culturale”, scritto dalla professoressa
Margherita Lopergolo, ed. “Amico Libro”, di Giuseppe Bellone,
Montescaglioso (2014). Su questi argomenti si sono confrontati
insegnanti e letterati: dallo scrittore materano Giovanni
Caserta, all’antropologa Dorothy Zinn; dal prof. Domenico
Lascaro alla poetessa miglionichese Nunzia Dimarsico, al
presidente dell’Unla Antonio Lacava; dalla dottoressa Rosa
Fioriniello allo storico miglionichese Gabriele Scarcia, nel
corso del seminario che, nei giorni scorsi, s’è svolto
nell’auditorium del castello del “Malconsiglio”, presenti, tra
gli altri, il sindaco Angelo Buono e Leonardo Braico, presidente
del “Gal Bradanica”. Il libro, che è strutturato in tre
capitoli, per complessive 158 pagine, ha il merito di raccontare
storie vere, legate alla vita sociale, economica e culturale
della popolazione lucana degli anni Cinquanta. Il protagonista
del
volume
è l’uomo “faber” che insegue un sogno: quello di voler
sconfiggere il fenomeno della disoccupazione e di attenuare lo
spettro dell’emigrazione che, negli anni del dopo guerra,
contraddistinti dalla miseria e dalla povertà economica, causava
lo spopolamento dei paesi del Materano, con la fuga di tanti
braccianti disoccupati e affamati verso le città dell’Italia del
Nord e di alcune nazioni europee (Svizzera e Germania). Il
bellissimo libro di Lopergolo porta il lettore a rivivere quei
problemi e i numerosi disagi che, da sempre, hanno pesato, come
macigni, sulla qualità della vita dei lucani. Che cosa ha di
speciale questo saggio? Ebbene, la sua forza sta nel farci
capire la rivoluzione sociale ed economica prodotta dalla
riforma fondiaria, un evento che rappresentò una vera e propria
ristrutturazione dei mezzi di produzione agricola, migliorando
la produttività delle terre e favorendo una più equa
distribuzione del reddito. Un altro pregio del libro consiste
dell’evidenziare la bontà del progetto di trasmettere,
attraverso il diffondersi della scuola popolare, il tesoro
dell’istruzione come forma di investimento volta a liberare
l’uomo dalla povertà dell’ignoranza. Infine, dal volume emerge
l’idea del forte rapporto di comunicazione insito tra i
mass-media e la società. In particolare, viene evidenziato come
i mezzi di comunicazione di massa abbiano contribuito sia alla
diffusione di una lingua unitaria su tutto il territorio
nazionale sia alla crescita dei livelli culturali delle classi
sociali. In definitiva, il libro fa entrare il lettore in quella
che è stata la vita reale dei contadini lucani, inquadrandola in
un periodo storico particolare contraddistinto da innumerevoli
problemi e ne fa capire l’identità: viene fuori l’immagine del
popolo lucano che attraverso il lavoro e lo studio cerca di
riscattarsi e di emanciparsi. Giacomo Amati |