MIGLIONICO.
Si prefigura una preoccupante situazione di
criticità per l’olivicoltura miglionichese.
Simbolo di pace e di longevità, l’olivo, che
è la pianta che meglio caratterizza il
paesaggio agricolo dell’agro, è stato
attaccato da due agenti patogeni: uno è
costituito dalla mosca olearia, da sempre,
acerrimo nemico delle olive; l’altro,
invece, è rappresentato da un’insidiosa
malattia, che gli olivicoltori chiamano la
“lebbra” delle olive, il cui effetto
devastante consiste nel causarne la caduta
dai rami, attraverso un processo di
indebolimento del loro picciolo. Ne discende
che tutto il locale comparto olivicolo, che
rappresenta il settore più importante
dell’agricoltura miglionichese, ne risulta
penalizzato al massimo. In particolare, in
un paio di contrade dell’agro, si nota uno
scenario desolante: alcuni oliveti sono già
spogli, come se la campagna della raccolta
delle olive si fosse già conclusa, prima
ancora di iniziarla. Sono tanti gli alberi
che ne sono prive: sia per il mancato
germoglio sia per la prematura caduta di
quelle che sono state già assalite e
divorate dal vorace verme distruttore, il
“cannibale”: ovvero la mosca olearia.
Risultato: da una prima stima
approssimativa, soprattutto, nelle contrade
maggiormente colpite dal flagello, si
calcola che la produzione delle olive abbia
subito un calo del 40% rispetto a quella
degli anni scorsi. Siamo in presenza, forse,
di una vera e propria “epidemia”? “Purtroppo
– spiega Nino Comanda, ex capo diga
di San Giuliano, in pensione, ed esperto
olivicoltore – quest’anno si sono verificate
delle condizioni climatiche negative
(frequenti piogge ed umidità diffusa) che,
certamente, non hanno favorito la produzione
delle olive. Alcune piante sono state
sottoposte ad una situazione anomala, di
“forte stress”, al punto da causare la
prematura caduta delle olive”. Quali ne sono
le conseguenze? “I danni già accertati –
spiega Comanda – sono di due tipi: il primo
riguarda la rilevante diminuzione della
quantità delle olive prodotte; il secondo,
invece, chiama in causa la diminuita resa
dell’olio prodotto dalla molitura delle
olive. La situazione è veramente
preoccupante: se ne registra un sensibile
calo: di norma, è di 20 chili per 1 quintale
d’olive; adesso, invece, il rapporto è
completamente cambiato: per 1 quintale di
olive sottoposte a spremitura, si ottiene
una quantità di olio che oscilla tra i 12 e
i 15 chili”. Ma, allora, gli olivicoltori
sono nei guai? “La situazione è critica: il
sindaco Angelo Buono – conclude Comanda –
valuti la possibilità di chiedere
all’assessorato all’Agricoltura della nostra
Regione la deliberazione di un intervento
straordinario a favore degli olivicoltori”.
Intanto, si calcola che il prezzo del nuovo
olio, “l’oro giallo” del settore agricolo
locale, in virtù del brusco
ridimensionamento delle rese, non costerà
meno di 6 euro al chilo. Unica consolazione:
meno male che la qualità dell’olio è più che
buona. Giacomo Amati |