DOMENICO LASCARO

1.Luglio.2017

Home

Index stampa locale e nazionale

Stampa pagina

MIGLIONICO
Aiuto! Afflonda il Pd. Si salvi(ni) chi può

MIGLIONICO. Puntualmente l’amico Giacomo sollecita un mio commento sull’esito del secondo turno delle amministrative. Questa volta, nonostante le “attenuanti generiche”, non si può dire che hanno vinto tutti. La totalità dei giudizi è concorde: c’è solo un vincitore: il Centro-destra unito. Il Pd ha perso senza appellativi; Il M5S, dato per sconfitto già al primo turno, è combattivo più che mai.
Si tratta comunque di un test parziale, ma molto indicativo degli orientamenti futuri. Due considerazioni preliminari: si è recato al voto meno della metà degli aventi diritto; si vince solo aggregandosi tra forze omogenee. Sul primo dato ho ampiamente discettato nel mio articolo precedente, per cui è inutile ripetermi; sul secondo si svilupperà gran parte del mio ragionamento.

L’euforia di Berlusconi e di Salvini è alle stelle. Sono convinti di aver posto le basi per spazzare via Renzi e quel che rimane del governo Gentiloni, di cui chiedono a gran voce le dimissioni. A dire il vero il voto peserà non poco, ma non sarà certo il solo elemento a determinare le scelte future. Ciò che condizionerà l’evolversi della situazione politica, oltre alla legge elettorale che, si presume, si riuscirà a fare entro settembre (ho molti dubbi al riguardo), saranno le controverse questioni interne ai partiti e tra i partiti. E’ risaputo che i sistemi elettorali non sono una variabile indipendente: ad ogni modello specifico corrisponde, grosso modo, una diversa organizzazione politica.

Veniamo alle altre questioni. Il tripolarismo attuale non sembra essere stato scalfito con le ultime elezioni. Il M5S, nonostante i giudizi, molto interessati, che lo davano perdente, è più che mai esultante. Pur non essendo presente in gran parte dei ballottaggi, ne ha vinto otto su dieci, molto rilevanti. Rimane comunque un’incognita pesante che darà filo da torcere a non pochi avversari.
Il Centro-destra ha vinto senza dubbio alcuno, per molteplici ragioni. Primo perché ha saputo ritrovare l’unità delle grandi occasioni. Non c’è voluto molto. Il tasto da battere era uno solo: enfatizzare gli errori commessi da Renzi per riagganciare gli elettori perduti. Il tentativo, come si può notare, è in gran parte riuscito; i suoi protagonisti sono talmente galvanizzati da sentirsi euforici.
Merito di Salvini che ha cavalcato impunemente i temi della sicurezza, dell’antieuropeismo, dell’ondata migratoria, del diritto di cittadinanza ai nati sul suolo patrio, o di Berlusconi che si è rifatto il look e la postura itinerante? Entrambi ne rivendicano orgogliosamente la primogenitura e la futura premiership. Oltre alle défaillances della Sinistra, il merito maggiore va attribuito, secondo me, al governatore della Liguria, Giovanni Toti, il vero artefice di tutta l’operazione. Dietro le quinte, quale stratega raffinato ed esperto politologo, ha saputo tessere una tela perfetta per riavvicinare due forze politiche, divise su molte questioni, ma unite col solo obiettivo di riprendersi il potere nelle mani.

Un altro elemento, a parer mio, ha contribuito in modo non marginale all’affermazione del Centro-destra. Se non alla luce del sole, dove non erano presenti nei ballottaggi, sicuramente tra i 5Stelle e la Destra c’è stato un tacito accordo per scambiarsi i favori. Chi teme che la lotta per la supremazia tra Salvini e Berlusconi condizionerà gli accordi futuri si sbaglia di grosso. L’aver sfiorato il successo li terrà stretti fino alla vittoria finale, qualunque sia il modello elettorale con cui si dovrà votare.

Veniamo alle dolenti note. Perché ha perso il Pd? Mi chiede Amati. Sperare di vincere dopo la sconfitta del referendum e la disastrosa scissione al suo interno era pura follia. Un dato però è da registrare a sua discolpa. Hanno perso quasi tutti i sindaci uscenti, sia di sinistra, sia di destra, anche se brucia la perdita de L’Aquila e di Sesto S. Giovanni. Com’era da prevedersi, per rinfacciarsi le responsabilità della sconfitta, è già iniziato il gioco al massacro, sia all’interno del Pd, sia tra quest’ultimo e le Sinistre radicali.

Orlando non usa giri di parole per addossare tutta la colpa a Renzi, per non aver saputo tenere unito il partito e di averlo isolato rispetto alle altre forze della Sinistra. Non risparmia, però, le critiche anche al Campo di Pisapia, al cui interno si litiga sull’auspicato ritorno sulla scena di Prodi. Infatti così si esprime Orlando: “Prodi non basta, se poi sono mazzate”. Aggiunge inoltre che tra Bersani e D’Alema non si possono mettere insieme i cocci.

Nelle ultime ore lo scontro s’è fatto ancora più marcato. Prodi, chiamato in causa da Renzi, ha reagito con toni particolarmente duri, minacciando addirittura di levare “le tende” dal Pd. Gli ha fatto eco Franceschini che non esita a prendere le distanze dalle ultime dichiarazioni dell’ex Premier, che auspica nientemeno un ritorno allo “spirito della rottamazione”. Ma la disputa più velenosa si consuma tra la galassia scissionista e la stessa persona di Renzi, in un rimballo di accuse e controaccuse che creano ulteriore sconforto tra iscritti ed elettori.
A D’alema non sembra vero che Renzi è uscito con le ossa rotte. Esulta e usa argomenti stuzzicanti contro il segretario Pd per suscitare l’ilarità sguaiata di chi lo ascolta. Bersani e Speranza non sono da meno. Sperano di sfruttare la sconfitta dell’ex “compagno” per far lievitare il misero 3% che gli attribuiscono i sondaggi. E’ questo il vero motivo della disfatta: la disgregazione totale di un partito e di una sinistra che, per interessi di casta e rivalità personali, hanno gettato nello sconforto milioni di cittadini elettori, che avevano riposto in quell’area politica le speranze di un futuro migliore. La perdita non tocca solo il Pd, ma tutto l’arcipelago (sedicente) democratico.

Riguardo agli ultimi due quesiti di Amati, credo di aver anticipato la risposta nel mio precedente intervento. In assenza di una legge ad hoc che faciliti le fusioni tra partiti omogenei, sarà giocoforza ricorrere alle vecchie coalizioni che, nel bene e nel male, potranno assicurare una parvenza di governabilità. Il ritorno a un bipolarismo, sia pure imperfetto, rappresenta senz’altro un bene per il Paese.

Ma di quale bipolarismo si può parlare? Se si esclude a priori il ruolo dei 5Stelle (in verità farebbe comodo a molti pensare di escludere Grillo dal gioco), rimane solo l’alternativa tra Centro-destra e quel che resta del Centro-sinistra. Se la coalizione della Destra moderata, come ultimamente l’ha definita Berlusconi, si può dire che è già cosa fatta, l’incognita più grande riguarda tutta la Sinistra. Le premesse sono a dir poco sconfortanti. Le dichiarazioni di alcuni aderenti al progetto di Pisapia non promettono nulla bi buono. Così si esprimono alcuni: “La convention del primo luglio ha il solo obiettivo di creare una forza alternativa al Pd”. Che vuol dire riesumare il vecchio PCI, con gli stessi uomini del passato e le vecchie ideologie non più all’altezza dei tempi moderni. E’ questa la vera “follia” di Pisapia? Non credo. Ma occorre fare molta chiarezza e precisare obiettivi e strutture adeguati per proporsi come unico alleato del Partito Democratico. Da parte loro, Renzi e il suo partito dovranno rinunciare alla voglia di imporre i propri principi, ridimensionare le pretese di superiorità e confrontarsi con le ragioni degli altri.

Sono condizioni che ho già espresso in diverse altre occasioni su cui è inutile aggiungere altro. Chiudo con l’ennesimo appello a Renzi: abbia il coraggio di prendere atto della sconfitta e con grande umiltà faccia un salutare passo indietro; si prenda cura soprattutto del partito che è letteralmente allo sbando. Ci sono circoli, comuni e regioni senza gruppi dirigenti. Occorrono regole nuove ed efficaci per rilanciare un partito in balia di se stesso. Le sue energie, il suo entusiasmo e la sua forza dirompente vanno spesi per rendere competitivo e credibile un partito che voglia davvero definirsi Democratico.
Per fare ciò, lo ripeterò fino alla noia, rinunci alla voglia di correre da Premier, almeno per questo giro; affidi il compito a Gentiloni o, in alternativa, ad un’altra personalità capace di unire tutta la Sinistra. Potrà essere Prodi? Non credo più. Oltre al fatto che lui stesso si è autoescluso, non sussistono più le condizioni. Potrà essere Veltroni o Letta? Chissà. Personalmente non escluderei Fabrizio Barca, una risorsa sempre validissima. Lo stesso atto di umiltà dovrebbero farlo anche D’Alema e Bersani, e tutti coloro che hanno solo l’obiettivo di far fuori Matteo Renzi.

Sono queste le condizioni senza le quali non ci sarà alcuna speranza che la Sinistra possa tornare a vincere senza le stampelle altrui. Grazie a chi ha avuto la bontà di leggermi, cui rivolgo un augurio di buone vacanze. A risentirci una prossima volta.
Miglionico 30.06.2017
Domenico Lascaro (d.lascaro@libero.it)

Created by Antonio Labriola - 10 Luglio 1999 - Via Francesco Conte, 9  -  75100 Matera - Tel. 0835 310375