MIGLIONICO.
Com’era prevedibile, l’amico Amati non ha esitato a provocarmi
con le sue sferzanti domande sull’esito delle elezioni
amministrative svoltesi domenica 11 giugno. In particolare mi
chiede di individuare vincitori e perdenti; di sapere che cosa
ha determinato l’insuccesso del M5S; se si può parlare di
ritorno al bipolarismo e se non sarebbe il caso di adottare
anche a livello nazionale il sistema elettorale in uso nei
comuni sopra i 15.000 abitanti.
La risposta alla prima domanda è quella solita: hanno vinto
tutti. Ha vinto il Centro-destra perché ha recuperato parte dei
consensi persi nelle precedenti consultazioni; soprattutto ha
visto salire il livello dei sondaggi che lo davano
complessivamente sotto il 30%; cosa che ha suscitato la speranza
che, alleandosi, potrà riconquistare il consenso degli italiani.
Lo stesso Pd, pur accusando una perdita di voti in termini
assoluti, non ha nascosto la propria soddisfazione per aver
conquistato, già al primo turno, alcune importanti città.
Soprattutto è riuscito a contenere le perdite, nonostante la
disastrosa spaccatura consumatasi al suo interno. A dispetto di
quanti hanno gridato e gioito per la sconfitta del M5S (forse
troppo interessati a far apparire in calo il movimento di
Grillo), i Grillini hanno sì accusato un momento di stasi, ma
non si può parlare di una vera sconfitta, giacchè le situazioni
locali non possono paragonarsi a quella nazionale. Lo stesso
Renzi ha affermato che Grillo, pur avendo subito una battuta
d’arresto, è ancora vivo e vegeto, e ancora più determinato a
dare battaglia su tutti i fronti.
Con questo, caro Giacomo, mi sembra di aver risposto alle tue
prime domande. Ora io mi chiedo: se tutti hanno vinto, ci sarà
pure qualcuno che ha perso? Di certo ha perso la Democrazia. Se
il 40% degli aventi diritto non è andato a votare, ci sarà pure
un perché. L’astensionismo dilagante è un segnale molto
preoccupante per la Democrazia; rischia di aprire la strada a
fenomeni che in passato hanno prodotto non poche sciagure nel
nostro Paese.
Non è difficile individuare le cause di una tale disaffezione.
Già da alcuni anni, stiamo assistendo a un vero e proprio
rigetto della cosiddetta politica politicante. Frange
consistenti di antipolitica sfogano la loro insofferenza nei
confronti dei partiti tradizionali dando vita al sorgere di
movimenti populisti i quali sfruttano i sentimenti di
frustrazione dei giovani senza lavoro e d’intere classi sociali
minacciate nei loro diritti fondamentali. Colpa senz’altro della
crisi economica internazionale e della mal concepita
globalizzazione che ha messo in ginocchio intere categorie
produttive.
Ma, sul piano nazionale le maggiori responsabilità sono da
attribuire al sistema dei partiti che hanno occupato gran parte
delle istituzioni, generando corruzione e malgoverno. Hanno
perseguito solo interessi personali e di casta, a scapito di una
reale partecipazione delle masse a conseguire il bene comune.
Ecco dunque chi, ancora una volta, ha perso: gli esclusi da
qualsiasi gestione del potere, da ogni possibilità di far valere
i propri diritti e le proprie opportunità.
Una domanda cade a proposito: quale fiducia possono riporre i
cittadini in questa classe politica, che, oltre a tutto il
resto, da decenni non riesce a darsi uno straccio di legge
elettorale, capace di assicurare un minimo di governabilità al
Paese? Per quanto esposto, non mi sarà difficile rispondere agli
ultimi due quesiti del mio interlocutore. Di quale bipolarismo
parli caro Giacomo, considerato che in Italia non è mai esistito
un vero sistema bipolare. Non c’è mai stato nella cosiddetta
Prima Repubblica, quando al governo si alternavano forze tenute
insieme col solo obiettivo di tenere lontano dal potere un PCI
segnato dal fattore “K” di Roncheyana memoria.
Non c’è stato vero bipolarismo negli ultimi decenni, né quando
ha governato Berlusconi con la Lega e la Destra di Fini; né
quando ha tentato di governare Prodi, dovendo districarsi tra
decine di forze alternative fra esse. Certo che sarebbe
auspicabile un vero bipolarismo, ma solo una rispettabile legge
elettorale può contribuire a farlo nascere. Per quello che può
valere, la mia opinione l’ho già espressa nel precedente
intervento: un premio di maggioranza al partito che superi il
40% dei suffragi e, in alternativa, alle prime due forze che
decidano di allearsi prima del voto.
A questo punto volgiamo lo sguardo dal passato e pensiamo al
futuro. Fra pochi giorni si svolgerà il secondo turno delle
amministrative, chi sarà il vincitore? L’incertezza maggiore
riguarda il ballottaggio di Parma tra l’ex 5Stelle, Pizzarotti e
il candidato del Pd, Scarpa. L’esito è molto incerto perché
ognuno potrà contare solo sulle proprie forze. Negli altri
ballottaggi, quasi tutti tra il Centro-destra e le coalizioni di
Centro-sinistra, certamente saranno favorite le destre,
considerato che, verosimilmente, i Grillini restituiranno il
favore ricevuto a Roma e Torino.
Il vero nodo da sciogliere, però, riguarda le future alleanze
delle prossime elezioni politiche. Se non si riuscirà a trovare
un accordo su un’accettabile legge elettorale, il problema sarà
molto complicato da risolvere. E qui appare in tutta la sua
importanza il personaggio cui ho dedicato il titolo di questo
articolo, Giuliano Pisapia. Premesso che il Centro-destra non
avrà difficoltà a mettere in campo un’alleanza la più ampia
possibile, da FI alla Lega, fino ad Alfano e Fitto, i problemi
veri sorgeranno a sinistra, giacchè i 5Stelle presumono di
farcela da soli.
“L’arcipelago alla deriva”, la Sinistra, si è ancor più
smembrato. Da una parte si cerca di formare un raggruppamento
unitario con tutti i gruppi della sinistra radicale, compresi
gli scissionisti del Pd; dall’altra affiorano altre formazioni
che si definiscono di Sinistra Democratica, a difesa di tutti
gli esclusi cui Zagrebelsky ha rivolto un appello: “Esclusi di
tutto il mondo, unitevi”. Alla guida si sono proposti il critico
d’arte Tommaso Montanari e l’avvocata Anna Falcone, già
organizzatori dei comitati “No Referendum”.
Non c’è nulla di male che si formino gruppi con l’intento di
contribuire alla soluzione dei problemi del Paese. Ciò che non è
accettabile è l’atteggiamento distruttivo, alla Montanari, il
cui unico scopo è contrastare il lavoro di Renzi, diventato il
nemico da abbattere anche da parte dei vecchi “compagni”. Non si
giustifica per nulla l’avversione di personaggi mossi solo da
spirito di rivincita e da astio personale.
Perché allora tanto peso riservato a Pisapia, da dedicargli
addirittura il titolo in versi poetici? (Si fa per dire). E’
diventato così importante che tutti lo tirano per la giacca. Il
suo “Campo Progressista” sembra essere divenuto l’attrazione
fatale di tutte le anime peregrine della Sinistra. Abbracci e
baci a ripetizione da Bersani e D’Alema, Speranza e Civati,
Fratoianni e Vendola; tutti fanno a gara per conquistarsi il suo
sorriso. Povero Pisapia! Lui, così riservato e timoroso,
costretto ad atteggiarsi come una star del cinema.
Fuor di metafora il problema è molto più serio di quanto possa
apparire e riguarda da vicino chi, come il sottoscritto, ha a
cuore le sorti della Democrazia nel nostro Paese. Il problema è:
quale sinistra riuscirà a competere con le destre, fattesi
nuovamente minacciose, e con i Grillini disposti a giocarsi
tutte le carte, pur di conquistarsi il potere? Renzi finalmente,
dopo la spaccatura del Pd, s’è reso conto che da solo
difficilmente potrà aspirare a raggiungere il fatidico 40% per
governare in sicurezza. L’unico possibile alleato gli rimane
Pisapia col suo “campo” ancora da seminare. Purtroppo si è mosso
un po’ in ritardo: gli si è rivolto solo dopo che è naufragata
l’ipotesi di riforma elettorale cosiddetta “alla tedesca”.
In verità, io glielo avevo consigliato già molto tempo prima.
Oddio! Chiedo scusa per la mia immodestia. Così mi ero espresso
nel mio precedente intervento: occorre dare fiducia a Pisapia e
sperare che riesca a portare a compimento il suo interessante
progetto, finalizzato a raggruppare intorno a sé tutte le
sinistre democratiche, gli spiriti socialisti, le anime
repubblicane, gli autentici liberali, etc. con l’appoggio,
forse, di Prodi, Letta e Veltroni. Pisapia, però, forse perché
troppo vezzeggiato, forse perché pensa di imitare il fenomeno
francese di Macron, di farsi tirare la calzetta, come usa dirsi,
di dettare lui le condizioni, risponde col proporre asimmetriche
primarie tra un partito, bene o male, strutturato e un
raggruppamento in divenire, tutto da inventare.
E’ vero che il primo luglio prossimo ha programmato una sorta di
assemblea costituente, ma il cammino è ancora molto lungo; ci
vorrà del tempo per definire strutture e obiettivi. Premesso che
già dal primo momento ho apprezzato il progetto dell’ex sindaco
di Milano, ma pensare di sovvertire in tempi oltremodo rapidi i
rapporti di forza tra i partiti della Sinistra è pura follia.
Stia attento Pisapia, dal campo progressista può facilmente
finire in un campo minato.
Chiudo rivolgendo un caloroso appello a Matteo Renzi: consideri
con estrema serietà e col massimo rispetto l’iniziativa di
Giuliano Pisapia. A quest’ultimo rivolgo l’invito a stare più
con i piedi per terra e a offrire senza condizioni il proprio
contributo per bloccare le pretese egemoniche della Destra e dei
Grillini, e dare al Paese, finalmente, un autentico governo di
Sinistra democratica.
Miglionico 20.06.2017
Domenico Lascaro
(d.lascaro@libero.it) |