DOMENICO LASCARO

20 Giugno 2017

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MIGLIONICO
Pisapia, Pisapia, per sincero che tu sia Pure rischi la follia
 

MIGLIONICO. Com’era prevedibile, l’amico Amati non ha esitato a provocarmi con le sue sferzanti domande sull’esito delle elezioni amministrative svoltesi domenica 11 giugno. In particolare mi chiede di individuare vincitori e perdenti; di sapere che cosa ha determinato l’insuccesso del M5S; se si può parlare di ritorno al bipolarismo e se non sarebbe il caso di adottare anche a livello nazionale il sistema elettorale in uso nei comuni sopra i 15.000 abitanti.

La risposta alla prima domanda è quella solita: hanno vinto tutti. Ha vinto il Centro-destra perché ha recuperato parte dei consensi persi nelle precedenti consultazioni; soprattutto ha visto salire il livello dei sondaggi che lo davano complessivamente sotto il 30%; cosa che ha suscitato la speranza che, alleandosi, potrà riconquistare il consenso degli italiani.

Lo stesso Pd, pur accusando una perdita di voti in termini assoluti, non ha nascosto la propria soddisfazione per aver conquistato, già al primo turno, alcune importanti città. Soprattutto è riuscito a contenere le perdite, nonostante la disastrosa spaccatura consumatasi al suo interno. A dispetto di quanti hanno gridato e gioito per la sconfitta del M5S (forse troppo interessati a far apparire in calo il movimento di Grillo), i Grillini hanno sì accusato un momento di stasi, ma non si può parlare di una vera sconfitta, giacchè le situazioni locali non possono paragonarsi a quella nazionale. Lo stesso Renzi ha affermato che Grillo, pur avendo subito una battuta d’arresto, è ancora vivo e vegeto, e ancora più determinato a dare battaglia su tutti i fronti.

Con questo, caro Giacomo, mi sembra di aver risposto alle tue prime domande. Ora io mi chiedo: se tutti hanno vinto, ci sarà pure qualcuno che ha perso? Di certo ha perso la Democrazia. Se il 40% degli aventi diritto non è andato a votare, ci sarà pure un perché. L’astensionismo dilagante è un segnale molto preoccupante per la Democrazia; rischia di aprire la strada a fenomeni che in passato hanno prodotto non poche sciagure nel nostro Paese.

Non è difficile individuare le cause di una tale disaffezione. Già da alcuni anni, stiamo assistendo a un vero e proprio rigetto della cosiddetta politica politicante. Frange consistenti di antipolitica sfogano la loro insofferenza nei confronti dei partiti tradizionali dando vita al sorgere di movimenti populisti i quali sfruttano i sentimenti di frustrazione dei giovani senza lavoro e d’intere classi sociali minacciate nei loro diritti fondamentali. Colpa senz’altro della crisi economica internazionale e della mal concepita globalizzazione che ha messo in ginocchio intere categorie produttive.
Ma, sul piano nazionale le maggiori responsabilità sono da attribuire al sistema dei partiti che hanno occupato gran parte delle istituzioni, generando corruzione e malgoverno. Hanno perseguito solo interessi personali e di casta, a scapito di una reale partecipazione delle masse a conseguire il bene comune. Ecco dunque chi, ancora una volta, ha perso: gli esclusi da qualsiasi gestione del potere, da ogni possibilità di far valere i propri diritti e le proprie opportunità.

Una domanda cade a proposito: quale fiducia possono riporre i cittadini in questa classe politica, che, oltre a tutto il resto, da decenni non riesce a darsi uno straccio di legge elettorale, capace di assicurare un minimo di governabilità al Paese? Per quanto esposto, non mi sarà difficile rispondere agli ultimi due quesiti del mio interlocutore. Di quale bipolarismo parli caro Giacomo, considerato che in Italia non è mai esistito un vero sistema bipolare. Non c’è mai stato nella cosiddetta Prima Repubblica, quando al governo si alternavano forze tenute insieme col solo obiettivo di tenere lontano dal potere un PCI segnato dal fattore “K” di Roncheyana memoria.

Non c’è stato vero bipolarismo negli ultimi decenni, né quando ha governato Berlusconi con la Lega e la Destra di Fini; né quando ha tentato di governare Prodi, dovendo districarsi tra decine di forze alternative fra esse. Certo che sarebbe auspicabile un vero bipolarismo, ma solo una rispettabile legge elettorale può contribuire a farlo nascere. Per quello che può valere, la mia opinione l’ho già espressa nel precedente intervento: un premio di maggioranza al partito che superi il 40% dei suffragi e, in alternativa, alle prime due forze che decidano di allearsi prima del voto.
A questo punto volgiamo lo sguardo dal passato e pensiamo al futuro. Fra pochi giorni si svolgerà il secondo turno delle amministrative, chi sarà il vincitore? L’incertezza maggiore riguarda il ballottaggio di Parma tra l’ex 5Stelle, Pizzarotti e il candidato del Pd, Scarpa. L’esito è molto incerto perché ognuno potrà contare solo sulle proprie forze. Negli altri ballottaggi, quasi tutti tra il Centro-destra e le coalizioni di Centro-sinistra, certamente saranno favorite le destre, considerato che, verosimilmente, i Grillini restituiranno il favore ricevuto a Roma e Torino.

Il vero nodo da sciogliere, però, riguarda le future alleanze delle prossime elezioni politiche. Se non si riuscirà a trovare un accordo su un’accettabile legge elettorale, il problema sarà molto complicato da risolvere. E qui appare in tutta la sua importanza il personaggio cui ho dedicato il titolo di questo articolo, Giuliano Pisapia. Premesso che il Centro-destra non avrà difficoltà a mettere in campo un’alleanza la più ampia possibile, da FI alla Lega, fino ad Alfano e Fitto, i problemi veri sorgeranno a sinistra, giacchè i 5Stelle presumono di farcela da soli.

“L’arcipelago alla deriva”, la Sinistra, si è ancor più smembrato. Da una parte si cerca di formare un raggruppamento unitario con tutti i gruppi della sinistra radicale, compresi gli scissionisti del Pd; dall’altra affiorano altre formazioni che si definiscono di Sinistra Democratica, a difesa di tutti gli esclusi cui Zagrebelsky ha rivolto un appello: “Esclusi di tutto il mondo, unitevi”. Alla guida si sono proposti il critico d’arte Tommaso Montanari e l’avvocata Anna Falcone, già organizzatori dei comitati “No Referendum”.

Non c’è nulla di male che si formino gruppi con l’intento di contribuire alla soluzione dei problemi del Paese. Ciò che non è accettabile è l’atteggiamento distruttivo, alla Montanari, il cui unico scopo è contrastare il lavoro di Renzi, diventato il nemico da abbattere anche da parte dei vecchi “compagni”. Non si giustifica per nulla l’avversione di personaggi mossi solo da spirito di rivincita e da astio personale.

Perché allora tanto peso riservato a Pisapia, da dedicargli addirittura il titolo in versi poetici? (Si fa per dire). E’ diventato così importante che tutti lo tirano per la giacca. Il suo “Campo Progressista” sembra essere divenuto l’attrazione fatale di tutte le anime peregrine della Sinistra. Abbracci e baci a ripetizione da Bersani e D’Alema, Speranza e Civati, Fratoianni e Vendola; tutti fanno a gara per conquistarsi il suo sorriso. Povero Pisapia! Lui, così riservato e timoroso, costretto ad atteggiarsi come una star del cinema.

Fuor di metafora il problema è molto più serio di quanto possa apparire e riguarda da vicino chi, come il sottoscritto, ha a cuore le sorti della Democrazia nel nostro Paese. Il problema è: quale sinistra riuscirà a competere con le destre, fattesi nuovamente minacciose, e con i Grillini disposti a giocarsi tutte le carte, pur di conquistarsi il potere? Renzi finalmente, dopo la spaccatura del Pd, s’è reso conto che da solo difficilmente potrà aspirare a raggiungere il fatidico 40% per governare in sicurezza. L’unico possibile alleato gli rimane Pisapia col suo “campo” ancora da seminare. Purtroppo si è mosso un po’ in ritardo: gli si è rivolto solo dopo che è naufragata l’ipotesi di riforma elettorale cosiddetta “alla tedesca”.

In verità, io glielo avevo consigliato già molto tempo prima. Oddio! Chiedo scusa per la mia immodestia. Così mi ero espresso nel mio precedente intervento: occorre dare fiducia a Pisapia e sperare che riesca a portare a compimento il suo interessante progetto, finalizzato a raggruppare intorno a sé tutte le sinistre democratiche, gli spiriti socialisti, le anime repubblicane, gli autentici liberali, etc. con l’appoggio, forse, di Prodi, Letta e Veltroni. Pisapia, però, forse perché troppo vezzeggiato, forse perché pensa di imitare il fenomeno francese di Macron, di farsi tirare la calzetta, come usa dirsi, di dettare lui le condizioni, risponde col proporre asimmetriche primarie tra un partito, bene o male, strutturato e un raggruppamento in divenire, tutto da inventare.

E’ vero che il primo luglio prossimo ha programmato una sorta di assemblea costituente, ma il cammino è ancora molto lungo; ci vorrà del tempo per definire strutture e obiettivi. Premesso che già dal primo momento ho apprezzato il progetto dell’ex sindaco di Milano, ma pensare di sovvertire in tempi oltremodo rapidi i rapporti di forza tra i partiti della Sinistra è pura follia. Stia attento Pisapia, dal campo progressista può facilmente finire in un campo minato.

Chiudo rivolgendo un caloroso appello a Matteo Renzi: consideri con estrema serietà e col massimo rispetto l’iniziativa di Giuliano Pisapia. A quest’ultimo rivolgo l’invito a stare più con i piedi per terra e a offrire senza condizioni il proprio contributo per bloccare le pretese egemoniche della Destra e dei Grillini, e dare al Paese, finalmente, un autentico governo di Sinistra democratica.
Miglionico 20.06.2017
Domenico Lascaro (d.lascaro@libero.it)

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