MIGLIONICO.
Non che avessi voglia di canticchiare i versi di una nota
canzone di Morandi e Ruggeri; al contrario, voglio solo
esternare il mio disappunto per l’ipotesi di riforma elettorale
che si sta discutendo in queste ore. Dopo mesi di discussioni
non approdate a nulla, è bastato un colpo di genio dell’ex
Cavaliere per convincere l’80% delle forze politiche ad
accettare un modello elettorale simile al sistema tedesco.
Si tratta solo di un’imitazione al ribasso che prevede, sì lo
sbarramento al 5%, ma rimane pur sempre un impianto
proporzionale che tanti guai ha prodotto nel nostro Paese. Di
certo non potrà garantire una stabilità di governo che duri
l’intera legislatura. Nel momento attuale, caratterizzato da
instabilità economica, insicurezze sociali, mancanza di lavoro,
ondate migratorie e minacce di terrorismo, occorrono più che mai
responsabilità condivise, uniformità di azioni e misure
efficaci.
Senza tema di smentite, si può senz’altro affermare che la
montagna, questa volta, rischia di partorire il solito topolino,
anzi un “topolone”; comunque trattasi pur sempre di sorci. Così
facendo, non solo non usciremo dal pantano, rischiamo anzi di
precipitare sempre più nelle sabbie mobili. Che tipo di governo
potrebbe uscire dalle urne con un sistema partitico tripolare, o
addirittura penta polare, in cui ognuno, senza aver nulla in
comune, aspira a conquistare uno scanno, purchessia, in
Parlamento?
Impensabile che, in queste condizioni, un solo partito possa
raggiungere un livello di consensi sufficiente a governare da
solo, sarà gioco-forza cercare alleati in altre forze politiche
con le quali, in campagna elettorale, si è disputata una
battaglia senza esclusione di colpi. Non ci vuole molto a capire
che, dopo il voto, qualunque tipo di alleanza sarebbe difficile
o, a dir poco, innaturale. Le conseguenze sarebbero la temuta
instabilità e il ricorso continuo a nuove elezioni.
Dopo un lungo periodo di tentativi andati a vuoto, com’è stato
possibile trovare un accordo in meno di una settimana? In primo
luogo è prevalsa la fregola di andare a elezioni anticipate da
parte di molti. Secondo, resosi conto che i sondaggi non davano
speranza di migliorare le singole posizioni (ferme al massimo al
30% per alcuni), bisognava dare una risposta alle richieste dei
cittadini di una legge purchessia, pur di uscire
dall’immobilismo.
Ecco che, strano a dirsi, non appena Berlusconi ha estratto dal
cilindro il modello tedesco, quasi tutti l’hanno preso al volo.
A lui è apparso come un’ancora di salvezza per tornare al centro
del gioco politico. Il Pd è stato costretto a rinunciare al
maggioritario, pur di non apparire immobile agli occhi degli
elettori; i Cinquestelle l’hanno volentieri accettato, nella
speranza di affermarsi come primo partito e dare le carte da una
posizione prevalente. In ogni caso in questa complicata vicenda
ha prevalso la cecità assoluta, a scapito dell’interesse
collettivo.
Il Pd, secondo il mio parere, pur avendo cercato
responsabilmente soluzioni condivise e alternative al suo
progetto iniziale, ha sbagliato metodo. Anziché incontrarsi
separatamente con le altre forze politiche, avrebbe dovuto
confrontarsi con tutti intorno ad uno stesso tavolo, anche in
diretta streaming, e cercare insieme soluzioni più confacenti
alle necessità del Paese. I Grillini, da parte loro, hanno perso
una buona occasione per dimostrare, finalmente, di avere a cuore
le sorti del Paese.
Senza nascondere la mia preferenza per l’Italicum, una soluzione
accettabile per tutti potrebbe essere la seguente: sbarramento
al 3-4%; premio di maggioranza al partito che superi il 40% dei
consensi; stesso premio ai primi due raggruppamenti che decidano
di allearsi dopo il voto, purché l’abbiano concordato prima.
Purtroppo, allo stato attuale la situazione sembra immutata. Non
rimane che fidare nella capacità degli Italiani di scegliere nel
modo migliore.
Non mi rimane che fare qualche considerazione finale. Dato il
momento difficile che stiamo attraversando, sarebbe auspicabile
che tutti i contendenti facessero un atto di coraggio che
definirei “coraggio dell’umiltà”. Per prima cosa rinunciare
tutti alla voglia di precipitarsi alle urne, senza aver portato
a termine le riforme già messe in campo dal Parlamento. Lasciare
al Governo il tempo necessario per predisporre la legge di
bilancio, mentre cominciano a intravedersi segnali di ripresa
economica.
Un atto di coraggio estremo me lo aspetterei inoltre dal
segretario Renzi. Sono un renziano della prima ora ma,
considerate le difficoltà del momento, gli suggerirei di fare un
gesto, a dir poco, di portata storica: rinunci, almeno per ora,
a candidarsi come Premier e favorisca la candidatura di
Gentiloni, che di certo avrebbe il consenso di milioni di
Italiani; si dedichi interamente a riorganizzare il partito su
basi autenticamente democratiche, e attenda pazientemente il
prossimo turno elettorale. Sarebbe un bene per l’Italia, per se
stesso e per il Partito Democratico. Tutto questo, però,
potrebbe non bastare. Servirebbe da parte sua un altro gesto di
umiltà. Ripensare una strategia politica lungimirante, capace di
apportare benefici al Pd e a tutto il Centrosinistra.
E’ noto che Giuliano Pisapia sta lavorando a un progetto molto
interessante: riunire sotto un unico “campo progressista” la
Sinistra più moderata, i Riformisti di centro, i Democratici
Liberali, gli autentici spiriti socialisti e repubblicani, i
delusi da Renzi e da Berlusconi; insomma chi non voterebbe mai
né i 5Stelle, né il partito dell’ex Premier. E’ un’ipotesi molto
concreta e fattibile. Avrebbe bisogno però oltre che del
rispetto di Renzi, anche di una sua apertura di credito, di un
suo sostegno ideale, in vista di una possibile alleanza di
governo, preventivamente concordata e nel rispetto delle
reciproche autonomie.
Se le condizioni sono queste e gli obiettivi chiari a tutti, il
neo “Pisacron” potrebbe farcela anche in poco tempo a
raggiungere il 15-20% per governare insieme al 30/35 del Pd.
Sarà utopia la mia? Talvolta un pizzico di follia in politica
non guasta.
Miglionico 3.06.2017
Domenico Lascaro (d.lascaro@libero.it) |