MIGLIONICO
Nessuna paura, ci salverà Braccio di Ferro

MIGLIONICO. Prima di rispondere ai quesiti che mi ha rivolto l’amico Giacomo Amati, dedico qualche breve commento al tormentone del momento: da un sondaggio condotto da Ilvo Diamanti è emerso che l’80% degl’italiani sarebbe favorevole alla guida di un “Uomo Forte” al governo del Paese. E’ davvero strano questo nostro popolo: appena due mesi fa ha bocciato la riforma di Renzi, per timore che divenisse “l’uomo solo al comando”. Ora scopriamo che ben otto cittadini su dieci sarebbero disposti a ubbidire a un novello Mussolini. Se non fosse preoccupante, sarebbe da pensare a uno scherzo dei media. Purtroppo è vero. C’è tanta rabbia in giro che la gente non ne può più di questa classe politica.

Cerco ora di dare una risposta alle domande di Amati, con la premessa che non potrà essere del tutto esaustiva per il fatto che il clima politico muta di ora in ora. Ciò che valeva ieri, oggi è del tutto superato. Tra le domande che mi sono state rivolte, figurano le questioni più scottanti del momento: la durata del governo Gentiloni e, parallelamente, la data delle future elezioni; inoltre il destino del PD e le formazioni politiche che si presenteranno alle urne. Tutte questioni, da affrontare con urgenza, da cui dipende la soluzione dei gravi problemi del Paese: fra i più urgenti, il rilancio dell’economia, il lavoro per i giovani, la messa in sicurezza del territorio, l’ondata migratoria, i rapporti con l’Europa.

La durata del Governo, come accennato, è strettamente legata alla data delle prossime elezioni. E’ il ricorso al voto che tiene in fibrillazione tutto il mondo politico. Fino a pochi giorni fa la situazione era la seguente: il PD renziano, i 5Stelle, la Lega e i Fratelli d’Italia spingevano per elezioni subito. Tutti gli altri, compresa la sinistra Dem, erano più attendisti. Si era già profilato un accordo tra i primi per fare una nuova legge elettorale e andare subito alle urne. Nel giro di ventiquattr’ore la situazione è completamente mutata, a causa del radicale cambio di strategia di Renzi e di tutto il PD.

A questo punto faccio un passo indietro per accennare alle questioni interne al Partito Democratico. La minoranza chiede l’immediata celebrazione del congresso, allo scopo di definire i rapporti interni, chiarire le cause delle ultime sconfitte e, sotto sotto, far pagare a Renzi le colpe di tutte le sconfitte subite. Ci mette del suo anche D’Alema (non aveva detto che faceva ormai un altro mestiere?) che minaccia sfracelli. Con la rete dei comitati del NO, aspira a raggiungere il 10% dei consensi. Peccato accontentarsi di così poco, con il suo sarcasmo potrebbe superare anche il 20%. Bersani lo segue a ruota. Minaccia di lasciare la “Ditta” e rifare l’Ulivo. Forse non si è reso conto che il virus Xylella sta distruggendo intere piantagioni di ulivi.

“Saranno pure delle brave persone, lui e d’Alema -sentenzia Emanuele Macaluso, l’ultimo Grande Vecchio del PCI - ma sono entrambi responsabili di aver distrutto il PD. Renzi nasce dal fallimento della loro gestione”. E’ un giudizio severo, ma molto vicino al vero. Speranza (l’ultimo a ferire) non accetta i capilista bloccati e si candida alla segreteria del partito. Dovrà vedersela con Emiliano che, carta alla mano (da bollo), aspira a fargli le scarpe. Come si vede il quadro è estremamente fosco e frastagliato.

In questo marasma è intervenuto Renzi che, nell’intervista al TG1, ha sconvolto i piani di quanti preparavano la corsa al voto. Ha infatti aperto alle primarie di coalizione; si è mostrato disponibile a sostenere il governo in carica - se necessario - fino al termine della legislatura; e, cosa del tutto impensabile fino a questo momento, si è dichiarato propenso a rinunciare a candidarsi alle primarie per designare il candidato premier. (A questo punto mi si permetta un’annotazione di carattere strettamente personale. Era proprio questo l’auspicio che avevo formulato, all’indomani del referendum, nel mio intervento “Tanto Gentil …oni e…” disponibile su questo stesso sito nell’”angolo della politica”).

Che cosa cambia d’ora innanzi? Molto poco, secondo me. E’ vero che Grillo e Salvini si ritroveranno spiazzati per il fallito accordo con Renzi, ma le prospettive sul versante PD si sono ulteriormente ingarbugliate. La novità più eclatante è venuta da Franceschini che, in un’intervista al Corriere, ha proposto una legge elettorale che assegni il premio di maggioranza alla coalizione in grado di raggiungere il 40%. In sintesi la proposta prevede: una coalizione che va da Alfano a Pisapia, passando per Berlusconi, con primarie per la scelta del Premier. (Il Grande Forno è stata definita). La proposta però incontra non pochi ostacoli lungo il suo cammino. Non solo la minoranza Dem, ma diversi esponenti della maggioranza non la condividono.

Orfini parla di “fuga all’indietro”; Orlando continua a sostenere una legge proporzionale che prevede il premio al partito più votato, allo scopo di “eleggere un Parlamento che produca un Governo che governi”. La Sinistra dem, capeggiata da Gianni Cuperlo, chiede le dimissioni di Renzi da segretario e la convocazione del congresso in tempi rapidi. Graziano Del Rio, a sua volta, approva la proposta di Franceschini e giudica indispensabile evitare la scissione del PD. Ma Orfini torna ancora alla carica: stoppa Del Rio, dopo aver bocciato la proposta Franceschini: “Una coalizione che va da Alfano a Pisapia è un ogm, preferisco il PD”. Infine all’orizzonte si staglia la figura di Achille Occhetto: “PD mix tra bullismo nuovista e passatismo rancoroso”, sentenzia. “Ma inorridisco per la scissione. Clima di rancore tra tutti i partiti. Servono volti nuovi”.

Fu il primo a proporre il doppio turno alla francese. Teme che un ritorno al proporzionale possa incoraggiare chiunque a formare un suo partito, da aggiungere ai tanti già “in servizio attivo”. Come si può notare, la situazione è davvero incandescente. Molti temono che D’Alema e Bersani portino a compimento il disegno di staccarsi dal corpo centrale del partito. Sarebbe la fine di un’esperienza politica, salutata con tanto entusiasmo da milioni di elettori, che non ha potuto esprimere fino in fondo le sue potenzialità di governo.

Secondo il mio parere le aperture di Renzi sono un primo importante passo avanti. Speriamo che riescano a raffreddare gli animi esacerbati dei suoi avversari. E’ giusto celebrare il congresso prima di correre al voto. Ma occorrono tempi distesi per permettere che vengano coinvolti tutti gl’iscritti; altrimenti si trasformerà in uno scontro fratricida col rinfacciarsi le reciproche responsabilità. In questo momento così delicato sarà bene dedicarsi tutti a rifare una legge elettorale che assicuri stabilità di governo e un minimo di governabilità tra forze affini. Ne trarrebbe vantaggio Renzi, il partito e il Paese.

Il quadro come si vede è davvero disarmante. In tutti i partiti si respira un clima di guerra fredda che non promette nulla di buono, se si considera che la situazione economica, sociale e politica del Paese è tale da mettere in pericolo la stessa tenuta democratica della Nazione. Per giusta ragione mi permetto di rivolgere, immodestamente, un monito a tutte le forze politiche; attenti amici, non perdete di vista il bene comune; fermatevi in tempo. Il popolo è estremamente indignato nei confronti di tutta la politica, di questa cattiva politica. Se in Germania fu opera di un semplice caporale, sia pure “forte” di un’ ossessiva voglia di potenza, in Italia, dati i precedenti, può bastare anche un “gracile” Colonnello per cambiare il volto del Paese.
Miglionico 4.02.2017
Domenico Lascaro (d.lascaro@libero.it

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