MIGLIONICO.
E’ sotto gli occhi di tutti il marasma che sta
succedendo nell’universo politico italiano, a destra e a
sinistra, al centro e in periferia. La materia del
contendere è la scelta dei candidati alla guida delle
grandi città nelle prossime elezioni amministrative. I
partiti si azzuffano nell’affannosa ricerca di persone
presentabili. La Destra a Roma è spaccata in due, anzi
in tre: Forza Italia, Lega e i Fratelli d’Italia, per
non parlare del “revenant” Storace.
Sono divisi su ogni cosa, soprattutto sul nome di un
candidato unitario. Berlusconi ha tirato fuori dal
cilindro il nome di Bertolaso. Salvini è contrario,ma
non ha nessuno credibile da contrapporgli e fa il tifo
per la Meloni; la quale vorrebbe proporsi ma, essendo in
dolce attesa, il suo stato particolare non glielo
consente. Alla fine si è ricorso a un escamotage,le “gazebarie”:
domani, domenica, si chiederà agli elettori di
confermare Bertolaso il quale, se non raggiungerà le
5000 adesioni, si ritirerà dalla competizione. Insomma
un vero pasticcio. I Grillini hanno anticipato tutti.
Sono bastati pochi SMS per designare la giovane
avvocatessa Virginia Raggi. Merito delle astuzie di
Casaleggio.
Diversa e più complicata la situazione nella Sinistra,
soprattutto nel PD a Roma e a Napoli. Nella capitale si
sono svolte le primarie che hanno visto prevalere il
candidato renziano, l’on. Giachetti. Hanno però lasciato
uno strascico di polemiche e di scontenti che, quasi
certamente, daranno vita a liste alternative, quali
quella di Fassina e Ignazio Marino. A Napoli, però, è
scoppiato il vero bubbone: Bassolino, sconfitto alle
primarie e,in attesa della risposta ai ricorsi
inoltrati, ha già pronta una lista di disturbo, sicuro
della vittoria. Questo è al momento lo Status questionis.
Ma, a complicare ulteriormente la situazione, è
subentrato un altro devastante inghippo: l’intervista di
D’Alema al Corriere della Sera. Dietro i suoi
obnubilanti occhiali neri, spara strali avvelenati
contro Renzi e la maggioranza del partito. Accusa il PD
di essere ostaggio di un “gruppetto di arroganti” che ha
consegnato il Governo nelle mani di Verdini e di Alfano.
Paventa, o meglio, auspica una nuova scissione che dia
la stura a un nuovo partito alla sinistra del Pd -
sarebbe il settimo o l’ottavo; ho perso davvero il
conto.
A questo punto qualcuno potrebbe chiedermi: c’è proprio
bisogno di un tuo ulteriore intervento, dal momento che
giornali e Tv ci invadono continuamente di notizie e
commenti ben più autorevoli? Veramente lo stimolo è
partito, ancora una volta, da un’angosciante domanda del
Prof. Amati che si è chiesto, preoccupato: A chi dare
ragione? Poiché nessun responsabile del PD locale ha
voglia di farlo, mi sacrifico io, in prima persona, a
tirare fuori dall’angoscia l’amico giornalista.
Caro Giacomo, hanno tutti ragione, vale a dire hanno
tutti torto marcio. E’ vero che nelle primarie
napoletane si sono verificatibrogli e illegalità, ma
nessuno ha mai proposto realmente di modificare una
prassi che, in precedenza, ha creato gli stessi
inconvenienti. A niente è servita l’esperienza della
Liguria e quella di cinque anni fa nella stessa Napoli.
Bassolino sapeva di essere inviso alla maggioranza del
partito; per questo, immagino, ha sguinzagliato i suoi
stessi sostenitori allo scopo di filmare le scene dei
probabili brogli e accusare i suoi avversari. La verità
è che le primarie sono state il pretesto per mettere
sotto accusa Renzi e il suo Governo. Si sapeva che
andavano urgentemente cambiate, ma si è continuato a
fare orecchio da mercante. Non scordiamoci che anche
nella nostra piccola realtà, con l9offerta di qualche
euro, si sono accaparrati voti per l’uno o l’altro
candidato.
E’ evidente che tutti hanno, chi più chi meno, le
proprie responsabilità che hanno generato una situazione
totalmente deteriorata. In più occasioni ho criticato
errori e atteggiamenti sbagliati di Renzi e della stessa
minoranza del partito. Chi avesse voglia di farlo,
potrebbe dare un’occhiata ai tanti articoli raccolti in
questo stesso sito. Ora però è opportuno pensare a
quello che il Pd, il mio partito,potrebbe o dovrebbe
fare per riconquistare i consensi perduti.
Ha ragione D’Alema quando afferma che ci sono state
molte defezioni nel suo elettorato. La sua, però, è solo
una costatazione della realtà. Non dice i veri motivi
che hanno portato alla crisi attuale. Si limita solo a
criticare Renzi e i pessimi risultati del suo Governo.
Taccia di arroganza il gruppo dirigente. Non ha tutti i
torti. Ma è proprio il caso di dire: “Chi di arroganza
ferisce, di arroganza perisce”. Ha nostalgia dell’Ulivo,
ma non si è accorto che l’olio che essoha prodotto è
risultato scadente. Si scaglia contro l’Italicum, ma non
dice perché si oppose, pretestuosamente, all’ipotesi di
accordo tra Urbani e Veltroni sul punto di dare al Paese
una nuova legge elettorale.
In questi giorni si sta svolgendo a Perugia un seminario
della minoranza del partito. L’intento è ricercare modi
e strumenti nuovi per creare un’alternativa alla
politica di Renzi,giudicata troppo spostata a destra.
Non è un peccato, a condizione che tutto si svolga
nell’ambito del normale dibattito democratico e senza
oscuri tentativi di scissioni. Sarebbe il suicidio
dell’intero partito. Che cosa rimane dunque da fare? Ho
molto condiviso l’analisi che Vannino Chiti ha fatto sul
suo Blog qualche giorno fa: “Stiamo scontando la
sconfitta storica della sinistra europea, non solo di
quella italiana; è in atto la trasformazione di una
grande idea di liberazione e uguaglianza in regimi
repressivi delle libertà, col rischio di essere
partecipi di un declino universale e dagli esiti
drammatici”. A proposito della sinistra italiana egli
denuncia la “scarsa solidarietà esistente tra i suoi
appartenenti”, e aggiunge che “alla tenuta unitaria ad
ogni costo è subentrata la fase dei liberi tutti, di un
protagonismo personale separato da responsabilità
collettive”. Alla luce di quanto sta accadendo non si
può che essere d’accordo con lui.
Mi scuso se sono stato ancora una volta prolisso e
termino con l’esprimere succintamente il mio modesto
punto di vista su quello che il partito, se vuole
riconquistare credibilità e nuovi consensi, dovrà
mettere in campo. Dovrà favorire per prima la
costruzione di una democrazia europea capace di
affrontare le sfide cruciali che minacciano la stessa
idea di Europa; dare corso a una nuova forma di partito
che definisca con chiarezza i valori cui ispirarsi;
definire il ruolo degli iscritti e dei probabili
elettori, e quello che spetta alle minoranze interne.
Risolvere una volta per tutte la questione delle
candidature, in modo da attribuire ai soli iscritti il
compito di designare una rosa di candidati, da
sottoporre, in sede di primarie, al giudizio degli
elettori. In altre parole, s’instauri un’autentica
democrazia interna.
Domenico Lascaro
(d.lascaro@libero.it) |