MIGLIONICO.
Giacomo Amati torna a sfidarmi ancora.
Questa volta sollecita il mio parere sulla
riforma scolastica che il governo conta di
far approvare prima dell’inizio del prossimo
anno scolastico. E’ un’ipotesi di riforma
partita lo scorso primo settembre con un
documento di oltre cento pagine – La Buona
Scuola - in cui si delineava un percorso di
rinnovamento globale della scuola italiana.
Il 22 febbraio u.s. il PD ha vagliato le
proposte avanzate da oltre 350.000 cittadini
e le ha presentate al presidente del
consiglio, il quale è autorizzato ad
emanare un decreto e un disegno di legge per
realizzare la rirorma.
Al momento non so quali siano le
materie da trattare per decreto e quali per
disegno di legge, ma si possono individuare
le misure più qualificanti che il governo
intende porre in essere. La prima riguarda
l’immissione in ruolo di oltre 120/140 mila
insegnanti , tra i precari e i vincitori del
l’ultimo concorso. Lo scopo è quello di
risolvere definitivamente l’annoso problema
del precariato. La soluzione, oltre ad
essere auspicabile, è fattibilissima perché
si farebbe ricorso al cosiddetto organico
funzionale che prevede la dotazione del 10%
in più del personale di ruolo. La misura,
oltre a beneficiare migliaia di docenti,
porterebbe un grande beneficio a tutta la
comunità scolastica.
Se si pensa che in un anno si
spendano oltre 800 milioni di euro solo per
le supplenze, è logico che, per una modica
spesa in più, si riuscirebbe ad eliminare il
deleterio sistema delle supplenze brevi Se
questo obiettivo si potesse davvero
realizzare,il merito di Renzi sarebbe
incommensurabile, visto che nessun altro
governo è riuscito nell’impresa.
Tra gli altri provvedimenti
nell’agenda di Renzi, i più qualificanti
sono: l’avanzamento di carriera
esclusivamente per merito; un serio progetto
di alternanza scuola-lavoro; il
potenziamento di alcune discipline, come
musica, inglese, ed. motoria; reclutamento
dei docenti solo per concorso; valutazione
generalizzata per tutti; autonomia
amministrativa.
Il primo punto segnerebbe la fine
della progressione professionale
esclusivamente per l’avanzare dell’età. E’
un sistema ormai obsoleto che genera solo
apatia e disimpegno generalizzati. Il
merito, documentato con un efficace sistema
di valutazione, individuale e collettivo,
premierebbe i più motivati e farebbe fare un
vero salto di qualità a tutta la scuola.
L’alternanza tra una preparazione teorica e
un tirocinio di formazione pratica in
azienda, così come avviene nei paesi del
Nord Europa, darebbe ai giovani una
preparazione quanto più completa e
immediatamente spendibile nel mondo del
lavoro.
Potenziare gli insegnamenti della
musica, della lingua inglese e
dell’educazione motoria nel primo ciclo
della scuola dell’obbligo, sarebbe un
provvedimento di alto valore educativo e
morale. L’Italia, culla della musica
classica, se continua a trascurare questa
essenziale formazione, rischia di essere
superata dal Giappone e dalla Cina. Le
lingue straniere rappresentano il ventre
molle di tutta la formazione odierna.
L’educazione motoria non sarà mai praticata
abbastanza; ben venga un suo potenziamento.
L’autonomia amministrativa era
l’elemento basilare che mancava alla
gestione democratica della scuola. Insieme
con un’inderogabile riforma degli organi
collegiali, darebbe ai singoli istituti
l’opportunità di gestire al meglio le
risorse, anche umane, per rendere più
responsabile e motivato tutto il personale
scolastico.
Molto appropriato dunque lo slogan
di Renzi: “ Cambiare la scuola per cambiare
l’Italia”. Saranno sufficienti tali misure,
se davvero si riuscirà a portarle in porto,
per cambiare per sempre il volto della
scuola italiana? Certamente sarebbero un
grande passo avanti e il presupposto per
completare tutto il progetto di riforma che
la scuola attende. Basterebbero a dare a
Renzi il merito di “Grande Riformatore” di
un sistema che nessuno sinora è riuscito a
cambiare.
Non basta, però. Occorre molto
altro. Intanto alle discipline da potenziare
aggiungerei lo studio della lingua latina,
come base indispensabile per conoscere le
fonti della nostra civiltà e per migliorare
l’uso della stessa lingua italiana. E
pensare che in Norvegia esistano club
esclusivi dove si parla correntemente il
latino! Va cambiato però il metodo d’
insegnamento , nel senso di renderlo attivo
e divertente.
Un insegnamento, che ha visto
negli ultimi anni una scellerata
decurtazione di ore, è stato quello della
storia dell’arte. Un’altra attività,
basilare per la formazione completa della
personalità, è stata ridotta a qualche ora
settimanale. Mi riferisco all’attività
“manuale e pratica”, come si diceva una
volta, tanto necessaria nella fascia di età
10/14 anni. Che fine faranno i tanti
laboratori che hanno caratterizzato il bel
periodo dei tempi prolungati?
Si torni dunque al vecchio “tempo
pieno”; pieno di tutte le attività che
rendono integrale la formazione della
persona. Non ultima quella appunto
dell’attività laboratoriale, della
creatività e dell’operare concretamente. I
ragazzi sono naturalmente portati al fare, a
manipolare la materia, a imparare facendo.
L’attività pratica, per sua natura è un
indispensabile tirocinio morale e sociale.
Il lavoro manuale, esercitato nella
scuola, rende dignitosa ogni professione
futura. Solo col sollecitare tutte le
attitudini, comprese quelle pratiche, la
persona è libera di scegliere il proprio
futuro lavorativo; la frattura lavoro
intellettuale-lavoro manuale solo in questo
modo potrà essere sanata. Più ore dunque
anche a tecnologia e informatica.
Sul piano dei contenuti e degli
obiettivi educativi, non c’è molto da
rivedere; le Indicazioni Nazionali per il
curricolo, emanate dal ministro Profumo,
sono confacenti ai canoni della pedagogia
moderna. Quello che necessita è una diversa
e organica formazione di base dei docenti,
finalizzata al conseguimento, non tanto di
nuovi contenuti, quanto ad una nuova
metodologia dell’insegnamento.
Occorre pertanto rivedere il
percorso universitario degli insegnanti e
adottare nuove forme si reclutamento. E’ un
terreno molto delicato e di difficile
soluzione, vuoi per gli interessi delle
varie facoltà universitarie, per il veto
sempre posto dai sindacati, vuoi per
convenienze politiche. Una proposta la
farei. A chi voglia intraprendere la
professione di insegnante, si consenta di
frequentare i primi tre anni universitari
distinti per aree generali: scientifiche,
umanistiche, artistiche, linguistiche. Al
termine, mediante una selezione rigorosa, a
numero chiuso, ognuno sceglie la propria
disciplina da insegnare. Gli esclusi
completerebbero la propria formazione a
seconda degli indirizzi prescelti. Si
potrebbero in tal modo eliminare del tutto i
concorsi.
Un’ultima provocazione.
All’Università di Grenoble in Francia, il
prof. Richard Monvoisin ha istituito un
corso di “zetetica e autodifesa
intellettuale”, ovvero il pensiero critico,
esercitato già nell’antica Grecia. Si sta
diffondendo in molte altre università
francesi e consta di una metodologia che
combatte la manipolazione delle opinioni e
l’emergenza di nuove forme di consenso.
Prenda esempio Renzi da quanto di più
esaltante si sta sperimentando altrove e lo
inserisca nel prossimo progetto di riforma
universitaria.
P:S. Chiudo il mio intervento
sulla scuola con un poscritto fuori
programma. Due fatti di estrema rilevanza mi
hanno talmente esacerbato l’animo, che non
ho resistito a esternare tutta la mia
indignazione. Si tratta di due interviste,
rilasciate da Bersani all’Avvenire e da
Fassina ad Agorà. Entrambi hanno deciso, con
i pretesti più assurdi, di disertare
l’incontro con Renzi nella sede del
Nazareno. Il loro atto è motivato dal fatto
che il premier non ha voluto accogliere il
parere espresso dai parlamentari del Pd su
un articolo del decreto attuativo della
riforma del lavoro.
Nel merito possono anche aver avuto
ragione, ma la reazione scomposta e velenosa
dei due parlamentari, ha generato, in me un
moto incontrollato di stizza e di
disapprovazione. La protesta non si fermerà
col disertare il summit di oggi, ma hanno
minacciato di non votare più le riforme che
fino a ieri hanno sostenuto. Se vogliono far
cadere il governo lo dicano chiaramente
senza cercare pretesti, proprio ora che
comincia a intravedersi qualche spiraglio di
luce sul piano economico e si va sempre più
aggravando la situazione internazionale.
Sembra proprio che vogliano costituire
l’ennesima corrente del PD, quella dei
“Vendicatori”. Manca solo che Fassina
partecipi domani alla manifestazione del
carroccio contro Renzi. Vai Fassina, vai! Domenico
Lascaro
(d.lascaro@libero.it) |