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DOMENICO LASCARO
13 Gennaio 2015

Miglionico
Primarie o ultimarie? Il dilemma è servito
di Domenico Lascaro

MIGLIONICO. Devo confessare che mi aspettavo dal prof. Amati l’ennesima provocazione. Questa volta ha voluto stuzzicarmi sulle recenti primarie tenute dal Pd in Liguria per designare i candidati alla presidenza della Regione. La vittoria è andata a Raffaella Paita ma, Cofferati intende fare ricorso per timore di brogli. Il quesito che Amati mi ha posto è il seguente: ha ancora validità lo strumento delle primarie, messo in campo dal Pd per designare i propri candidati nelle istituzioni?
Dal primo momento che tale prassi è stata introdotta nelle dinamiche della gestione del partito, sono stato più che favorevole all’innovazione. Il principio della partecipazione popolare alle decisioni importanti del partito l’ho giudicato quanto mai opportuno e necessario. Ma, alla luce della concreta attuazione, qualcosa non ha funzionato. Spesso si sono verificati dei veri e propri brogli che ne hanno falsificati i risultati.
Non sarà il caso di Genova, ma in diverse altre parti, come Napoli, la Calabria e chissà in quale altro posto, si è verificato lo stesso inconveniente. Il metodo più diffuso è stato quello di coinvolgere soggetti del tutto estranei –extracomunitari, disturbatori di altri partiti, ecc. – nelle operazioni di voto. Il risultato è stato alquanto deludente. Talvolta ne hanno tratto vantaggio i meno capaci. Che fare, allora? E’ urgente e necessario cambiare strategie e metodi.
Secondo il mio modestissimo parere, occorre innanzitutto riservare ai soli iscritti il diritto di voto, ad ogni livello di primarie; non è giusto considerare alla stessa stregua chi dedica al partito tempo ed energie, e chi si accosta all’ultimo momento per chissà quali reconditi fini. Il coinvolgimento deisemplici elettori certamente può essere un utile espediente di propaganda, ma nella pratica crea più problemi che soluzioni. Il diritto di voto, secondo me, andrebbe riservato agli iscritti con almeno un anno di tesseramento.
Un’altra distinzione andrebbe fatta tra primarie nazionali e primarie locali. Le prime dovrebbero essere estese a tutti gli iscritti, indiscriminatamente; le seconde con modalità differenziate, a seconda delle posizioni occupate. 1- Primarie per candidati sindaci: iscritti dei singoli circoli.2- Primarie per candidati consiglieri e presidenti di province: come le norme in vigore, direttividei circoli ed eletti comunali. 3-Primarie per candidati al parlamento regionale e nazionale: direttivi dei circoli e dei componenti le assemblee provinciali e regionali.
La domanda nasce…Non sarebbe, in tal modo, annullata la tanto sospirata democrazia interna? Il rischio è concreto, ma i benefici immediati sarebbero consistenti: ridotte o eliminate le fazioni contrapposte; riduzione dei tempi persi per lotte intestine a vantaggio dell’attendibilità e dell’efficienza del partito; celerità nelle decisioni e partecipazione più fattiva ad ogni livello di responsabilità.
In definitiva i modelli così ipotizzati costituirebbero un freno ad un assemblearismo farraginoso e conflittuale ; nonché un rimedio alle manovre ipocrite dei “signori delle tessere”, fatte oggetto, in passato, di critiche feroci, nei confronti di partiti avversari e, in molti casi, utilizzate nel campo a noi vicino. Sarebbe un passo decisivo verso l’assunzione definitiva di una prassi democratica interna, che ancora stenta ad affermarsi. Domenico Lascaro
(d.lascaro@libero.it)

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