MIGLIONICO.
Devo confessare che mi aspettavo dal prof.
Amati l’ennesima provocazione. Questa volta
ha voluto stuzzicarmi sulle recenti primarie
tenute dal Pd in Liguria per designare i
candidati alla presidenza della Regione. La
vittoria è andata a Raffaella Paita ma,
Cofferati intende fare ricorso per timore di
brogli. Il quesito che Amati mi ha posto è
il seguente: ha ancora validità lo strumento
delle primarie, messo in campo dal Pd per
designare i propri candidati nelle
istituzioni?
Dal primo momento che tale prassi è stata
introdotta nelle dinamiche della gestione
del partito, sono stato più che favorevole
all’innovazione. Il principio della
partecipazione popolare alle decisioni
importanti del partito l’ho giudicato quanto
mai opportuno e necessario. Ma, alla luce
della concreta attuazione, qualcosa non ha
funzionato. Spesso si sono verificati dei
veri e propri brogli che ne hanno
falsificati i risultati.
Non sarà il caso di Genova, ma in diverse
altre parti, come Napoli, la Calabria e
chissà in quale altro posto, si è verificato
lo stesso inconveniente. Il metodo più
diffuso è stato quello di coinvolgere
soggetti del tutto estranei
–extracomunitari, disturbatori di altri
partiti, ecc. – nelle operazioni di voto. Il
risultato è stato alquanto deludente.
Talvolta ne hanno tratto vantaggio i meno
capaci. Che fare, allora? E’ urgente e
necessario cambiare strategie e metodi.
Secondo il mio modestissimo parere, occorre
innanzitutto riservare ai soli iscritti il
diritto di voto, ad ogni livello di
primarie; non è giusto considerare alla
stessa stregua chi dedica al partito tempo
ed energie, e chi si accosta all’ultimo
momento per chissà quali reconditi fini. Il
coinvolgimento deisemplici elettori
certamente può essere un utile espediente di
propaganda, ma nella pratica crea più
problemi che soluzioni. Il diritto di voto,
secondo me, andrebbe riservato agli iscritti
con almeno un anno di tesseramento.
Un’altra distinzione andrebbe fatta tra
primarie nazionali e primarie locali. Le
prime dovrebbero essere estese a tutti gli
iscritti, indiscriminatamente; le seconde
con modalità differenziate, a seconda delle
posizioni occupate. 1- Primarie per
candidati sindaci: iscritti dei singoli
circoli.2- Primarie per candidati
consiglieri e presidenti di province: come
le norme in vigore, direttividei circoli ed
eletti comunali. 3-Primarie per candidati al
parlamento regionale e nazionale: direttivi
dei circoli e dei componenti le assemblee
provinciali e regionali.
La domanda nasce…Non sarebbe, in tal modo,
annullata la tanto sospirata democrazia
interna? Il rischio è concreto, ma i
benefici immediati sarebbero consistenti:
ridotte o eliminate le fazioni contrapposte;
riduzione dei tempi persi per lotte
intestine a vantaggio dell’attendibilità e
dell’efficienza del partito; celerità nelle
decisioni e partecipazione più fattiva ad
ogni livello di responsabilità.
In definitiva i modelli così ipotizzati
costituirebbero un freno ad un
assemblearismo farraginoso e conflittuale ;
nonché un rimedio alle manovre ipocrite dei
“signori delle tessere”, fatte oggetto, in
passato, di critiche feroci, nei confronti
di partiti avversari e, in molti casi,
utilizzate nel campo a noi vicino. Sarebbe
un passo decisivo verso l’assunzione
definitiva di una prassi democratica
interna, che ancora stenta ad affermarsi.
Domenico Lascaro
(d.lascaro@libero.it) |