MONTESCAGLIOSO.
Il 13 Dicembre 2014 presso il chiostro del
Convento delle Clarisse si e' tenuta la
presentazione della prima pubbilcazione di
Geltrude Potenza, intitolata "Riflessi",
edita da Falco editiore: una raccolta di 28
poesie scritte da una madre di un piccolo
uomo dagli occhi a mandorla,Gianvito.La
malattia si rivela,nella cultura
contemporanea,esperienza supremamente umana
della propria finitezza.Prenderne coscienza
e' un atto di onesta' radicale. La poesia e'
un'espressione del cuore, una sensazione che
il poeta sente il bisogno di comunicare.
Propone una visione personale del
mondo,associando realta'
disgiunte,stabilendo legami che sfuggono
all' 'uomo comune'.La poesia di Geltrude e'
coinvolgente ,tocca le corde intime e
segrete. Leggere le sue poesie ci apre un
universo ignoto,forse solo
immaginato,facendoci quasi toccare i
sentimenti e le emozioni
descritti.Sentimenti ALTRUI che riescono a
dischiudere il nostro mondo interiore al suo
mondo.Lasciatevi trasportare dai suoi versi
che vi indurranno a RIFLETTERE su sentimenti
universali quali il dolore,la gioia,la
solitudine e la speranza.
La sua poesia traduce i sentimenti di madre
e figlio e illumina di bellezza e armonia
una vita piena di dolore.
Nella mente dell'autrice si affollano
ricordi vissuti e mai dimenticati dal
momento della nascita di Gianvito che ha
stravolto completamente la sua vita, ha
arricchito la sua
personalita'
con doti,abilita' e risorse che lei stessa
non immaginava, cosi come succede a tutte le
mamme per non aver rinunciato ad un Angelo
con la Sindrome di Down.Geltrude ,ex
presidente dell'Associazione Down di
Matera,urla ai 'cittadini della nostra
Italia' di non dimenticare che la
disabilita' e' nella vita,riguarda tutti e
non e' bene girarsi dall'altra parte...Non
serve pieta', beneficenza,non serve
commuoversi, ma partecipare tutti con
responsabilita' al destino dell'umanita'.La
diversita' spaventa,destabilizza,condanna
alla solitudine,sostiene la dottoressa Rosa
Fioriniello, neuropsicomotricista dell'eta'
evolutiva' che ha curato la prefazione del
libro .Ma lei,Geltrude, madre coraggio,mette
a nudo la sua anima e ci accompagna nei
meandri del suo cuore.
La poetessa esprime da un lato la sofferenza
della vita e dall'altro l'accettazione della
realta' , come unica soluzione per
sopportare la vita triste e dolorosa, non
avendo altro sbocco che la preghiera a Dio.
C'e' bisogno di una grande campagna per
smuovere le coscienze sopite,sostiene
l'autrice nella prefazione, per far vedere
il disabile come una risorsa,nella
consapevolezza che l'integrazione sociale
delle persone con sindrome di down passi
soprattutto attraverso la promozione dei
diritti e la sensibilizzazione sulle loro
reali capacita'. Il progetto di vita di un
figlio nasce prima nella propria famiglia e
prosegue con la collaborazione di una
societa' civile partendo dall'idea che
ognuno e' una ricchezza per l'altro. 'Quanto
lontani sono i tempi dei
mongoloidi',sostiene il dottor
Eletto,assessore alla sanita' del comune di
Montescagliososono: Gianvito lavora presso
l'Azienda Sanitaria Materana .
Spiega il dottor Angelo Garbellano che
l'inserimento lavorativo di Gianvito e'
stato possibile grazie ad un emendamento di
legge delibera della giunta regionale di
Basilicata (1022/2003), che ha dato la
possibilita' agli enti pubblici di
facilitare l'inserimento lavorativo delle
persone con disabilita' psichiche, senza
concorso .
Sono rivoluzioni lente che procedono per
avanzamenti e brusche frenate ,afferma
l'assessore alla cultrura,dott.ssa Maddalena
Ditaranto. A conclusione del dibattito il
sindaco di Montescaglioso, ing.Giuseppe
Silvaggi, ha ringraziato l'autrice per
averci insegnato che il dolore serve a
maturarci non a toglierci dignita'.
Siamo appena all'inizio!Tutto e' ancora
fragile e la spinta interiore verso un'umanita'
qualitativamente altra rende l'avventura
affascinante, vibrante di tensione.
Margherita Lopergolo
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Il
viaggio di una donna alle prese con uno dei
ruoli più difficili che possa toccare a
qualcuno oggi. Era il 1985. Lei, insegnante,
è alle prese con uno di quegli eventi
inaspettati, che si posson definire come un
terremoto di vita. Ha 2 figli all‘epoca. Uno
di loro, particolarmente simpatico, bello,
buffo, testardo, dolcissimo. E diversamente
abile. Un libro che parla dell’esser madre
di ogni figlio, quando loro chiedono di
reinventarsi e ridiventare. L’opera nasce
dapprima sottoforma di diario privato,
proprio per non nascondere sotto il tappeto
della consapevolezza, le proprie ferite e
fragilità. Diario che diventa per l’autrice
un motore di incontri, dibattiti,
esperienze, fonte e testimone di una
crescita continua, grazie agli sguardi che
ha incontrato e che continuerà ad
incontrare. Affascinante, per la delicatezza
e poesia con le quali avvicina una
problematica impegnativa, alle volte
impenetrabile e scomoda, quella della
diversità. Mette l’accento sulla speranza di
avvicinarla, superando il dolore, la rabbia
e la sofferenza. Ovviamente, l’autrice, non
dà soluzioni, ma lascia aperta la
possibilità di riflettere, di pensare ad
altre storie che per quanto diverse hanno
con questa delle analogie e lasciar nascere
in noi il desiderio di impegnarsi, cercando
e sperimentando nuove modalità per
rapportarsi a chi è diverso.
La diversità non deve necessariamente esser
associata ad un limite, ma può esser fonte
di peculiarità e potenzialità. Con ciò non
si vuol nascondere sotto una proiezione
ideologica le difficoltà, a volte
drammatiche, che oggettivamente, deve
affrontare chi vive una tale situazione.
Piuttosto si tratta di cogliere una realtà
che c’è, provoca e smonta, per il fatto
stesso di esistere, i modelli sociali e
individuali basati sull’apparenza, il
successo, il potere e l’efficienza. Siamo
noi, cosiddetti adulti occidentali, tanto
moderni, tecnologici ed industrializzati che
continuiamo a mettere e porci dei limiti.
Basti pensare ai bambini. Loro son tabula
rasa. Apprendono ed imparano per emulazione
ed imitazione dei grandi. Se noi, grandi,
insegneremo loro a deformare, a distorcere,
a vedere limiti e diversità, anche loro lo
faranno. Ma se invece insegneremo loro a
vedere l’esser speciale della diversità, se
li educheremo a sviluppare la sensibilità,
loro accarezzeranno la realtà con questi
principi. Noi, abbiamo un dovere non solo
morale, ma anche civile, verso di essi. I
piccoli di oggi saranno i grandi del domani.
Ma saranno i grandi del futuro sulle orme
degli adulti del presente.
Non dimentichiamoci che è attorno a queste
persone “diverse” che si son sviluppate le
esperienze comunitarie più significative,
basate sui principe della solidarietà e di
giustizia. Non dimentichiamoci delle
battaglie intraprese per il riconoscimento
dei diritti all’integrazione,
all’accessibilità. Basti pensare alla
sottoscrizione della Convenzione Onu del
2007, sui diritti delle persone con
disabilità: convenzione che parla di
inclusione, parità di trattamento ed
opportunità, visione globale della persona,
inserita in una determinata situazione
socio-ambientale, proprio perché
l’integrazione avviene solo con un’attiva
partecipazione alla vita comune. Ma questo
non è bastato, e non basta. Ad esempio, in
Italia nel 2005 erano circa 42.400 i bambini
tra 0 e 5 anni con disabilità; oggi sono
circa 2.615.000, pari quindi al 5%
dell’intera popolazione, ancora soggette a
discriminazioni e disparità, in ogni ambito,
dalla vita sociale, alla scuola, al lavoro,
all’accessibilità a beni e servizi. Ed anche
in relazione a ciò, che l’autrice decide,
coraggiosamente, di render pubblica la sua
esperienza di vita positiva, per raccontare
la disabilità come risorsa, per darle
dignità, perché esistono disabilità nelle
quali la sofferenza non può esser annullata
con un decreto, una convenzione o
nominalismo. Và rispettata, condivisa, nella
prospettiva della vicinanza, dell’esser
insieme, nell’avere e nel darci
responsabilità condivise. Loro non sono
portatori di un handicap, bensì, ogni giorno
combattono contro questa etichetta per
ridurla, annullarla, per farsi accettare
dalla società con i loro dati, e connotati,
irreversibili.
Noi dobbiamo accettare e affrontare la
sfida. Perché nel momento in cui decidiamo
di star accanto a qualcuno che è diverso, di
sostenerlo, accompagnarlo nel percorso di
vita, nel momento in cui decidiamo di
prenderci cura dell’altro, noi stiamo
semplicemente decidendo di prenderci cura di
noi stessi. Rosa Fioriniello (Neuropsicomotricista
dell’età evolutiva) |