MIGLIONICO.
Ancora un titolo in prestito. E’ quello
divertente dell’ultimo disco di Renzo
Arbore. Avrei voluto prendermi un po’ di
pausa e far riposare contemporaneamente i
coraggiosi lettori; ma gli avvenimenti degli
ultimi giorni richiedono un’inderogabile
riflessione. Inizio con una citazione:
“Nossignore, il Partito democratico non
rivolge più la parola a se stesso. Se vedi
due tizi in cravatta bianca salire su un
autobus e sedersi in due angoli opposti, con
uno che mormora: “Traditore” e l’altro che
sibila : “Miscredente”, puoi scommettere che
sono due leader democratici che cercano di
riunire il gran’ ol’ party”. E’ tratta dal
M, Dooley’s Opinions di F.P. Dunne, del
1901.
Ebbene, a distanza di oltre un secolo, la
storia si ripete. Questa volta non sono gli
americani in discussione, ma i democratici
di casa nostra. Forse gliel’hanno scritta
nel DNA la tendenza a massacrarsi a vicenda.
Ho già evidenziato, nel precedente
intervento, gli errori commessi dal
presidente Renzi, primo fra tutti Il suo
atteggiamento di sfida nei confronti dei
sindacati e della minoranza del partito. Ma
sono da giustificarsi per questo i
comportamenti assunti dai sindacati e dalla
sinistra, interna o esterna, che dir si
voglia?
Sono tutti sul piede di guerra. CGIL e UIL
hanno proclamato, “a tambur battente”, uno
sciopero generale per il 12 dicembre.
Esclusa la CISL, che si chiama fuori,
ritenendo inopportuno, in questo momento di
crisi, ricorrere a un’azione di forza col
Governo, gli altri due sfidano apertamente
l’esecutivo. La Camusso risponde a muso duro
ad ogni minima provocazione del Premier. Lo
scontro, più che col fioretto, si sviluppa a
forza di pugnalate nei fianchi. L’ultimo
affondo di Landini è il segnale
inequivocabile di una situazione davvero
incandescente. E’oltremodo evidente che la
materia del contendere riguarda più i
rapporti personali e politici che i meriti
delle questioni.
Il programma del Governo – legge di
stabilità e riforma del lavoro - bene o
male, ha avuto un primo lasciapassare dagli
alleati del NCD e da buona parte dei
dissidenti interni del PD; ma il gruppo dei
“duri e puri” non molla. Anzi, sale sulle
barricate. Fassina, l’uomo dal sorriso
malinconico, e Civati, alla ricerca di un
momento di celebrità, sono già in partenza
per altri lidi. D’alema va ripetendo, col
solito sarcasmo, che lui ormai fa un altro
mestiere; ma intanto sferra un colpo dopo
l’altro e ritira furbescamente la mano.
Insomma l’aria che tira, almeno dal punto di
vista della sinistra, è davvero
preoccupante. Sono tutti contro Renzi,
divenuto ormai capro espiatorio degli errori
e delle sconfitte subite da tutto il PD.
Non entro nel merito delle questioni;
certamente ognuno possiede parte della
ragione; mi preme solo, da semplice
osservatore iscritto al PD, evidenziare lo
sconcerto che mi crea assistere a questa
guerra intestina che non preannuncia nulla
di buono. Non dimentichiamoci, lo ripeto,
dell’opera demolitrice di Bertinotti.
La situazione economica è quella che
sappiamo, la protesta sociale è ormai
incontrollata, i populismi di ogni razza
soffiano sul fuoco della disperazione; e la
sinistra che fa? Litiga sui simboli di una
fase storica ormai al tramonto. Il redivivo
Berlusconi, quasi un novello Napoleone, si
appresta a sbarcare “dall’isola d’Elba” per
tentare l’ultima battaglia di Waterloo. E
non è detto che sulla sua strada trovi un
altro Wellington! In parole semplici, non va
per nulla sottovalutata la possibilità di
ripresa della destra, che con le nuove
promesse dell’ex cavaliere, possa annullare
tutto il capitale elettorale conquistato
nelle elezioni europee. E gli ultimi segnali
non sono per niente confortanti. Non vorrei
che quel 42%, a fatica conquistato, resti
solo un miraggio nel deserto. Domenico
Lascaro
(d.lascaro@libero.it) |