MIGLIONICO.
Sabato 1 novembre nell'auditorium del
Castello del Malconsiglio si e ' svolta la
presentazione della raccolta poetica
'L'élisir della vita' del poeta materano
Giuseppe Ambrosecchia . La presentatrice
Margherita Lopergolo ha dato il via,con
questo reading poetico,al progetto 'I Tre
Confini della letteratura' della casa
editrice 'Amico libro' di Montescaglioso,che
vedra' coinvolti i paesi della provincia di
Matera in diverse iniziative culturali. L'ambizioso
progetto, afferma il presidente della casa
editrice,Giuseppe Bellone,avra' come
obiettivo finale la pubblicazione dell'opera
vincitrice del festival della parola.
Oggi, in un'epoca caratterizzata dalla
fretta, dalla disattenzione,dal vuoto c'e'
ancora posto per la poesia? Noi possiamo
affermare di si, sostiene la Lopergolo,
proprio grazie alla poesia di Ambrosecchia,
coinvolgente, nobile,elevata,rassicurante,che
e' per noi uno scrigno prezioso di memoria
storica della comunita' materana e di
acquisizioni di cose vissute. Le
innumerevoli tematiche della sua poesia ci
propongono una visione di un mondo autentico
dell'infanzia che rimane vivo anche in eta'
adulta,senza perdere mai il contatto con le
sue radici. Il carattere fondamentale della
poesia di Ambrosecchia e' una lingua molto
elaborata in cui termini ricercati si
uniscono a quelli piu' comuni,a parole
antiche e a espressioni del dialetto
materano, aperto a ogni tipo di
fantasia,fino a raggiungere effetti
sorprendenti. Le poesie dell'autore sono
state recitate con maestria da Emanuele
Canterino, Nunzia Dimarsico, Carmelo Caldone,
Annalisa Marinaro, Lucia Frescura. Un'interessante lettura dell'opera e' stata
data dalla dott.ssa Rosa Fioriniello,
consulente educativa per la comunicazione
alternativa, che ha sviscerato le tematiche
predominanti dell'opera. Con grande successo
di pubblico la serata si e' conclusa con i
salutiste della presidentessa dell'
'Associazione Matera poesia 1995' e
l'intervento musicale di Teo Comanda.
Margherita Lopergolo
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L’ ELISIR DELLA VITA
Di GIUSEPPE AMBROSECCHIA
I momenti difficili, nell’apparenza del
modernismo, non producono solo format
televisivi dal sapore discutibile, films
mediocri e libri di gastronomia, ma anche
versi di poesia.
Avete mai pensato di regalare un libro di
poesia, come un rametto di nespole? No, eh?
Potrebbe sembrare un’un analogia strana, un
regalo insolito, ma questi, poesia e
nespole, come gli antichi usi ci insegnano,
regalano la conoscenza. Che di questi tempi
è davvero rara, nonché preziosa.
La poesia non andrebbe accantonata, esige
rispetto, delicatezza, pazienza. Nel
frenetico mondo contemporaneo andrebbero
riscoperte le nespole della saggezza
poetica. E noi cogliamo questo sublime
invito nella raccolta in versi di Giuseppe
Ambrosecchia, che analizza, esalta,
sviscera, questa faccenda della scoperta e
riscoperta dell’elisir della vita, come
fondamento di ogni azione rivolta verso
l’esterno, ma che trova il suo compimento
nell’interno, solo ritrovando ed amando
prima se stessi.
Nei suoi versi, impregna il suo essere, le
sue emozioni, riportando alla luce quei
valori antichi del focolare familiare, oggi
dimenticati, sotterrati, negati, quei
principi arcaici ed istintivi degli
abbracci, dei sorrisi, delle corse a piedi
scalzi tra i fili d’erba, delle scoppia di
risa intorno al profumo del pane appena
sformato, dell’incanto suscitato
dall’ascoltare fabule antiche, quasi fosse
qualcosa di onirico e magico. Donandoci
un’altra chiave di lettura della vita:
quella seconda la quale dobbiamo accettare
ed accogliere ogni dolore, ogni aberrazione,
ogni affanno, come occasione di riflessione
e crescita, in grado di temprarci come
persone e svilupparci al meglio come essere
umani, nella felicità della vita, nella
voce, nelle parole, nei gesti, nei
comportamenti, assaporando ed inebriandoci
dell’unicità ed irripetibilità che la vita,
la nostra, ci offre, come fosse un perpetuo
e lirico “inno alla gioia“.
Ambrosecchia, si descrive e ci descrive come
creature del creato, di madre terra, di
madre cielo, di madre acqua, di madre fuoco,
di Iddio, che ogni giorno devono far
qualcosa per questo mondo, da cui, di dice,
non usciremo vivi. E allora, perché farlo?
Perché tentare di capire, di darci da fare
per comprendere e, poi, agire? Semplice.
Perché insieme a noi, in questo creato, ci
sono gli atri, che un giorno potremmo esser
noi. (Se qualcosa non ci tocca, non ci
segna, non ci affonda con i suoi artigli,
non è detto che non esista. Esiste eccome).
Così, lui, uomo, marito, padre, nonno, parla
a suo nipote, alla sua compagna, ai suoi
figli, non dimentico di esser stato, a sua
volta, anch’egli figlio, di quel padre e di
quella madre, di cui delinea e disegna i
contorni, tuttavia non sbiaditi dal tempo
che passa, galoppa, lacera, tentando di
portar via, perché ancora e sempre presenti
nella sua memoria, nei suoi ricordi.
Ambrosecchia, uomo e maestro di vita,
insegna, racconta, modella, come uno
scultore con il suo marmo, dona, questa
possibilità, rammentandoci che solo tenendo
presente tutto ciò, possiamo raggiungere
l’elisir di un’esistenza degna e felice,
libera dai sensi di colpa, in cui ogni cosa
torna dove deve essere, nel posto esatto.
Dove è viva ogni gioia, così come ogni pena;
dove si ride, ma si piange ancora; dove si
fanno i conti con il dolore, ma da grandi,
come un campo di grano maturo. Consci che
sia meglio viverla questa vita.
Intensamente. Lunga, quella che sia. E che
nonostante tutto dev’essere, come sia, come
se fossimo “Uccelli senz’ali”. Miglionico,
01/11/2014
A cura di
Dr.ssa Fioriniello Rosa
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