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MIGLIONICO.
Chiarisco subito, caro Giacomo: Shakespeare
non centra un bel niente con questo
problema. Ancora una volta mi solleciti a
schierarmi su un argomento così controverso.
Spiego prima che cos’è la Leopolda. Essa è
una vecchia stazione abbandonata di Firenze,
nella quale Renzi e i suoi seguaci da alcuni
anni si riuniscono per discutere di
politica. Da lì cinque anni fa è partito il
progetto renziano che l’ha portato alla
conquista del PD prima, e del Governo dopo.
Il problema però si è complicato enormemente
perché il raduno di quest’anno è coinciso
con la manifestazione della CGIL e con la
carica di Renzi a Presidente del
Consiglio.Molti si sono chiesti se fosse
opportuno che il segretario del partito
riunisse la sua corrente al di fuori del
partito o, date le circostanze, fuori dal
Parlamento. Da qui nasce il dilemma.
Proviamo a chiarire. Non vedo perché la
Leopolda non si dovesse tenere, dal momento
che è diventata ormai una consuetudine; per
di più, è senz’altro un ‘occasione per
cercare e proporre soluzioni a problemi di
carattere nazionale. Inoltre la kermesse, mi
si passi il termine, era liberamente aperta
a tutti.
Il problema è sorto quando la minoranza del
partito si è sentita esclusa dall’evento. E’
stata esclusa o si è autoesclusa? Per
ragioni di opportunità, poteva anche non
tenersi; ma giacchè era già stata convocata,
rinviarla avrebbe creato forse ancora più
problemi. La verità, secondo una mia
impressione, è che i motivi del contendere
vanno ricercati ben oltre la superficie: non
si tratta di non condividere riunioni più o
meno riservate; né difendere fino
all’inverosimile i diritti dei lavoratori,
simboleggiati dal fatidico art.18.
La vera questione è politica: si tratta di
due visioni contrastanti della realtà, che
difficilmente potranno trovare una sintesi
se non si dismettono atteggiamenti e
motivazioni di carattere personale. Gli
animi sono oltremodo accesi. Ogni battuta,
dall’una all’altra parte, è percepita come
offesa alla persona. E’ pur vero che le
ragioni della protesta del più grande
sindacato della sinistra non sono del tutto
pretestuose; ma è lecito pretendere tutto e
subito da un governo anomalo e traballante
come quello in carica; per giunta nel pieno
di una crisi economica senza precedenti? E’
giustificata la minaccia di uno sciopero
generale?
Il partito democratico, o meglio la sua
minoranza, ha altrettante ragioni per
manifestare contro il suo stesso segretario
e Presidente? Il dilemma si ripropone. E’
solo una questione di contenuti o alla base
sussistono motivi più seri? Ho già di sopra
accennato che la questione è politica. La
sinistra del partito, non ha molto
apprezzato il modo quasi burrascoso con cui
Renzi ha sostituito l’ex Presidente Letta
alla guida del Governo. Non apprezza i toni
spesso provocatori del Premier e,
soprattutto, non condivide il patto con
Berlusconi sulle riforme istituzionali.
Non passa giorno che non siano minacciate
scissioni e abbandoni imminenti. Certo Renzi
non è esente da numerosi errori che non è
qui il caso di citare. Una cosa però gli va
riconosciuta: opera in un contesto
governativo stretto tra una sinistra
extraparlamentare oltremodo agguerrita e da
un alleato di governo non molto affidabile;
insomma di critiche v’è n’è tante da fare,
ma nessuno può contestargli di non avere
coraggio e determinazione ad andare avanti e
affrontare con decisione gli annosi problemi
che abbiamo davanti. Vorrà la minoranza
concedergli il beneficio della prova o
perdurare nel muro contro muro, fino alle
estreme conseguenze? Ovvero sarà disposta a
dargli ancora un po’ di tempo per realizzare
almeno in parte le riforme avviate, o ha già
deciso di negargli la fiducia?
A quanto sembra le frequenti riunioni della
componente Civati preannunciano una uscita
imminente; Cuperlo è sul punto di farlo;
Bersani tentenna; il saggio D’Alema frena ma
non troppo. Insomma sembra di rivivere
l’epoca del “parolaio rosso”. Parlo di
Bertinotti il quale un giorno sì, e l’altro
pure minacciava di affondare il governo
Prodi. Purtroppo per ben due volte è
riuscito a offrire alla destra la guida del
Paese. Come se non bastasse, in queste
ultime ore lo scontro tra il sindacato e il
governo si è fatto infuocato, col risultato
di generare episodi drammatici e rischiosi
per l’ordine pubblico.
Una crisi di governo nelle condizioni
attuali sarebbe un disastro per il Paese.
Paradossalmente, il più responsabile sembra
proprio Berlusconi, che paventa elezioni
anticipate. Sarà vero perché gli serve un
po’ di tempo per ricomporre le sue truppe.
Intanto i “poveri” iscritti respirano
un’atmosfera allucinante,tirati or dall’uno,
or dall’altro dei contraenti. Non discuto
delle ragioni di ognuno, che pur andrebbero
analizzate; c’è un governo in carica,
lasciamolo lavorare. Alla fine giudicheranno
gli elettori.
Un’ultima notazione: E’ oltremodo opportuno
rivedere le regole interne del partito che,
alla luce di quello che sta succedendo, si
sono rivelate inadeguate ad assicurare una
normale dialettica democratica . Una
minoranza è giusto che faccia sentire la sua
voce critica, ma schegge anarchiche che
minacciano ogni giorno sfracelli sono
inconcepibili. La democrazia si regge su una
maggioranza e su una minoranza; quest’ultima
deve accettare le decisioni della prima,
qualsiasi esse siano. La libertà di pensiero
deve essere in ogni modo garantita; le
decisioni finali spettano alla maggioranza.
Domenico Lascaro. |
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