MOMUMENTI

CASTELLO MEDIOEVALE DEL MALCONSIGLIO

Che ne sarà del castello dopo il suo restauro (Antonio Biscaglia)


Il Castello del Malconsiglio su LA RIVISTA Illustrata del popolo italiano - Aprile 1942
La sala del Malconsiglio dopo il restauro

 

 

Castello Medioevale del MalconsiglioDei tre castelli di Miglionico questo è certamente il più importante, perché occupa una parte di rilievo nella storia d’Italia. Si trova in una posizione strategica: sulla sommità di una collina da cui si domina tutta la valle del Bradano. Sorge su un terreno roccioso isolato, chiamato Cencre.Il castello (a stella e di origine semita) risale all’VIII-IX secolo d.C. Il conte Alessandro di Andria, nel 1110, fece costruire il piano superiore del maniero, mentre quello inferiore già esisteva ed era malridotto.Alcuni signori del castello:


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         secoli XI-XI: I conti di Andria
·         1415: Sforza de Attendolis
·         1449: Antonio Sanseverino, Principe di Bisignano
·         1487: Giovanni Nauclerio
·         sec. XVI: I Sanseverino (lo riacquistarono dopo la cacciata degli Aragonesi da Napoli)
·         Ettore Fieramosca, campione della disfida di Barletta
·         1624-1829: Ippolito Revertera dei duchi di Salandra
·         1861: demanio
(E' stato di proprietà dei privati fino al 1992, quando il Comune iniziò le procedure per 
      l'esproprio, rendendo possibile l'inizio dei lavori di restauro, ancora oggi in atto).

Il castello, con la sua geometrica tipologia, ha la forma di un parallelogramma, fiancheggiato da sette torrioni, alcune quadrate (le più antiche), due bitorri e altre circolari, poste ai vertici della costruzione e frutto, probabilmente, di uno dei tanti rifacimenti e ristrutturazioni che l’edificio ha subito durante i secoli.

Divenuto proprietà del comune di Miglionico, dopo l’unità d’Italia, il castello è stato protagonista di un’assurda vicenda che lo vide lottizzato e venduto per quattrini ad altrettanti cittadini che, divenuti proprietari, ne ricavarono abitazioni. Da qualche tempo il maniero è tornato ad essere un bene comune.

La porta d’ingresso attuale guarda il Nord-Est, mentre quella originaria, distrutta dal terremoto del 1857, era adiacente a questa e rivolta verso Sud. Dell’antica porta si vedono ancora i pilastrini con l’architrave di pietre intagliate. Accanto a detto architrave ci sono i resti di due tigri di viva pietra al di sopra delle quali si nota lo stemma baronale dei Bisignano. E' formato da uno scudo inclinato con una fascia che l’attraversa, sul quale è posta una criniera, con morione (elmo medioevale) abbassato dalla cui sommità escono due grandi corna bovine con i peli in segno di fortezza e vittorie riportate nei tornei.

Pozzo nella corte del Castello

 

Nell’atrio interno del castello vi è l’antico pozzo, grande quanto il cortile, che raccoglieva l’acqua piovana che era una riserva per tutto il paese.

Scalinata che porta all'androceo

Attraverso una lunga e larga gradinata si accede, per un’angusta porta di ordine teutonico a sesto acuto, al piano superiore dove erano le stanze dei signori, l’androceo, la parte dei reggenti, gli ambienti del governo tra cui la Sala del Malconsiglio il cui pavimento crollò durante il sisma del 1857. Alle sale dell’androceo i signori potevano accedere anche a cavallo, considerata l’ampiezza delle scale e delle porte. Tutta la loggiata dell’androceo fu costruita nel 1400.

Nell’anticamera della Sala della Stella venivano ricevuti i confidenti e veniva anche consumato il diritto-delitto dello ius primae noctis. Ogni sposa, la prima notte di matrimonio, la trascorreva insieme al barone il quale, l’indomani mattina, le donava un gioiello, prendendolo da uno degli scrigni murati sulle pareti Colonnato androceo della stanza. Qualche volta al posto della sposa si presentava lo sposo vestito da donna, approfittando dell’oscurità. In una di queste occasioni un barone venne massacrato e ucciso in un locale che si trova nei pressi del castello che fu chiamato "La vergogna del barone".

La parte più bella del castello è la Sala della Stella o degli spiriti, che Nicchia (scrigno) della Sala della Stellaha affacci sulle vallati circostanti. Poiché in questa sala vi sono delle nicchiette intagliate molto belle (praticamente degli scrigni), nelle quali venivano custoditi gli ori, i tesori, la zecca delle monete, i libri preziosi, i documenti, si pensò di chiamarla in questo modo per spaventare la gente, perché non andasse a rubare. Sulla parte esterna degli scrigni sono scolpiti dei pavoni, simboli dilunga vita e di eternità. L’importanza e la bellezza della stanza, però, è proprio nell’architettura (soffitto a stella), simile a quelli presenti nella Martorana di Palermo. La Sala della Stella era la parte più segreta del castello cui potevano accedere solo i fedelissimi. Era anche la più munita e difesa.

Dalla sala della Stella si accedeva direttamente nel Salone del Malconsiglio, dove si tenne nel 1485 la congiura dei Baroni. Il loggiato per accedere al salone dall’esterno è settecentesco, mentre il camminatoio è molto più vecchio, del 1400.

Ogni sala del castello aveva un camino che aveva una duplice funzione: di riscaldamento e nello stesso tempo di scala. In caso di assalto i castellani salivano sui terrazzi per mettere in salvo la loro vita.

Per un’altra gradinata si accede al gineceo, l’abitazione delle donne (nel passato abitato dalla famiglia Stancarone). IlColonnato androceo - Sala del Malconsiglio gineceo aveva le porte basse, come il suo portone d’ingresso, proprio perché era riservato alle donne. Stando sul ballatoio e guardando verso Nord (verso la strada Quaranta), si vede una torre della prima fase di costruzione del castello.

Il maniero di Miglionico risale ai progetti di Paolo Diacono, uno degli architetti di Carlo Magno, secondo i quali si costruivano i castelli a punta di palo. Il palo veniva spinto in giù e, una volta arrivato al fondo, sull’acqua, si alzavano le mura con delle fortificazioni esterne. Il castello riceveva dall'interno la spinta dell’acqua, dall'esterno quella delle fortificazioni per cui non poteva mai cadere.

Girando intorno al castello, è possibile notare le tre fasi della sua costruzione (anteriore alTracce della Civiltà Pelasgica scoperte durante i restauri del castello 1000 la prima, del 1110 la seconda, del 1400 la terza). Si vedono anche le merlature, le feritorie, le arcate.

Sulla sinistra, poco prima che finisca il giro, vi è una falegnameria che una volta era la cappella del castello e che aveva porta e finestre lunghe e strette. Alla chiesa si accedeva dal di sotto della gradinata dell’androceo.

Durante i recenti lavori di restauro (1994), in alcuni locali che si trovano, entrando a destra nel castello, sono state ritrovate tracce della Civiltà Pelasgica del X-VIII secolo a.C. (popolazioni provenienti dall’oriente, dall’Umbria e dalle Marche). Si tratta, forse, di strutture aventi la funzione di depositi di grano, di olio, di viveri in genere.

 
Il seguente testo è tratto da

Miglionico. Il territorio e la sua storia

di Piero MeleMario SpinelloNicola Mele
Editore: Il Grillo
Pubblicazione: 2008
Il fabbricato a forma di parallelepipedo è situato a sud del paese, su un terreno di natura arenacea, circondato da grosse mura con terrapieno. È fiancheggiato da sette torrioni, due dei quali, negli angoli posteriori, sono strutturati a doppie torri, più quattro bastioni a scarpa, con le sommità coronate di merli.
Da un'analisi approfondita si riscontra una diversa epoca di edificazione; il pianterreno è stato costruito in epoca molto anteriore rispetto al piano superiore. Infatti, confrontando le varie costruzioni, si nota come la merlatura del piano inferiore sia rimasta all'interno della costruzione. La data esatta di costruzione della parte superiore non è perfettamente accertabile; presumibilmente essa risale a molto prima del 1110, anno in cui il pianterreno, già esistente e malridotto, viene fatto restaurare dal signore di Matera Alessandro Loffredo conte di Andria, il quale ingloba alcune torri all'interno alla Corte, dov'è tutt'ora leggibile "la stella di Davide", forma primitiva della fortezza" (questo particolare mette in evidenza il periodo della migrazione semita verso il Sud dell'Europa e offre un valido contributo per interpretare i reperti archeologici di recente scoperti durante i lavori di restauro).
L'accesso attuale è a nord-est mentre quello originario era a sud. Di questa porta sono chiaramente visibili, perché in buono stato, i pilastri con l'architrave, realizzati in pietre intagliate. Accanto all'architrave ci sono due tigri in pietra e alla sommità lo stemma del barone Sanseverino: uno scudo inclinato con una fascia di traverso con sopra un cimiero, dal morione abbassato, alla cui sommità spuntano due grandi corna bovine (simbolo di forza o di vittoria riportata nei tornei) ritorte nelle punte verso l'esterno; esse racchiudono nel mezzo un monte che termina con altri cinque monticelli. Su questo architrave, fino a pochi anni fa, si notavano gli antichi merli e un loggiato stretto per accorrere a difesa della porta. Adesso sia i merli che le petriere sono scomparsi dopo la costruzione del 'nuovo loggiato; si nota che è andata anche distrutta l'intera porta, crollata a causa del terremoto del 1859 e se ne è costruita poi una nuova.
Da tale ingresso si accede alla corte del castello con al centro l'antica cisterna e la lunga gradinata, in cima alla quale vi è la porta con arco a sesto acuto che conduce al piano superiore. Simili sono anche la porta e le finestre, lunghe e strette, della cappella, posta al di sotto della gradinata.
Dobbiamo poi supporre l'esistenza di una cava, da cui è stata estratta la pietra usata per la realizzazione di un lastricato" (Una più approfondita descrizione delle vari fasi ricostruttive del castello di Miglionico è contenuta nella relazione tecnica redatta dall'ingegnere Giovanni Grande nell'ambito del progetto di restauro del complesso. Tale relazione è presente in Appendice)
Ritenendo superfluo parlare di tutte le sue grandiose sale, ci soffermeremo soltanto su due che riteniamo di grande interesse storico-artistico. Entrando dalla porta al piano superiore, dopo aver percorso lunghe fila di sale e camere, si giunge alla parte settentrionale, nel cui angolo nord-ovest vi è la "Sala della stella", i cui raggi presenti nella volta racchiudono tante piccole lunette. Al centro del muro orientale si trova una porticina quasi insignificante, ma che nell'aprirsi offre uno spettacolo davvero sorprendente. Infatti, ci si trova di fronte ad un salone di straordinaria grandezza con una volta costituita di grossi pezzi di pietra di natura tufacea, lunga 104 palmi, larga 30,5 palmi ed alta 35 palmi (il palmo è un'antica misura di lunghezza corrispondente a un quarto di metro (25 cm). È in questa sala che si riunirono i baroni per ordire la congiura contro il re di Napoli Ferdinando I d'Aragona: è l'anno 1485.

Tale congiura è originata dal contrasto tra il re e i suoi feudatari. Essa ha luogo in Basilicata esattamente a Melfi, Tramutola e Miglionico non per mano del popolo ma dei signori. Essi infatti nutrono un forte malcontento nei riguardi del re e del figliastro, il duca di Calabria Alfonso il bastardo, dichiaratamente nemico dei signori e sorretto dal principe di Bisignano. Quando diviene papa Innocenzo III, i tristi umori dei baroni (cioè dei signori) esplodono contro il re di Napoli. I più potenti baroni del regno, quali il principe di Salerno, capo dei Sanseverino, e il principe di Altamura Pirro del Balzo, ordiscono una trama a cui aderiscono anche alcuni ministri del re. Come luogo d'incontro viene scelta Melfi, nascondendo con un matrimonio (tra il figlio del duca di Melfi e la figlia del conte Capaccio di casa Sanseverino) quello che è in effetti il vero obiettivo. Il re, avuto sentore di tale trama, tenta una rivalsa sul conte di Nola e sugli altri feudatari (partecipanti alla congiura) infondendo loro un duro colpo. Si arriva così a un accordo fra le due parti (re e baroni): il re mostra intenzioni di pace e promesse di perdono; i baroni intanto, un po' per odio e un po' per paura, si mostrano accondiscendenti a questi patti. L'appuntamento è previsto nel castello di Miglionico, residenza del barone Sanseverino. Il re, invitato agli accordi, manda i suoi delegati. È necessario, però, che i patti concordati siano approvati dal re; perciò i baroni richiedono la sua presenza, ma il re è nuovamente assente. È il 10 settembre 1485 quando nella terra di Miglionico giunge Alfonso duca di Calabria, figlio bastardo del re Ferdinando. Il re, o meglio il "falso" re, viene accolto con grandi onori, ma il tutto si conclude con un tradimento e molti baroni vengono catturati e privati della libertà, chiusi in prigione a Castel dell'Ovo di Napoli, dove il 2 febbraio 1486 saranno miseramente trucidati, mentre si sta celebrando il rito della Candelora. Il re, a sua volta, risponde assediando le terre del papa, devastando il paese e provocando gravi disastri, per cui il pontefice, spinto dai cardinali, è costretto a venire a patti con il re. Questi a sua volta fa promesse ma non mantiene la parola; successivamente passa ad una vendetta tanto spietata da provocare grande rumore in tutta l'Europa. Un esercito di cavalieri e di guerrieri, infatti, prende d'assalto e occupa le terre e il castello di Miglionico. Tutti i territori feudali, tornati nelle mani del re, sono affidati a persone di fiducia. Il Sanseverino (signore di Miglionico) trova scampo nella fuga, ma nel luglio 1487 cade prigioniero e successivamente viene decapitato come gli altri feudatari. L'autorità regia ha trionfato e gli aragonesi celebrano la vittoria nella stessa "Sala del Malconsiglio" (si tiene a precisare che la denominazione "Castello del Malconsiglio" è da attribuirsi ad una affrettata qualifica, in quanto il maniero non è nato con la Congiura dei baroni né ha terminato la sua esistenza all'indomani di tale avvenimento. Inoltre, è noto che la casa borbonica si vendicò perpretando in ben altri cinque castelli della Basilicata uguali stragi e, non per questo a detti castelli è stato attribuito il titolo di Malconsiglio. Diversi autori contemporanei hanno descritto l'episodio del tradimento e tra questi il messo delegato presso la Repubblica Veneta a cui si deve la cronaca dell'avvenimento redatta giornalmente in latino: tal Giuseppe Paladino. Tali notizie vengono confermate dallo storico Camillo Porzio contemporaneo). La grande sala del Castello di Miglionico è denominata appunto così perché qui si sono radunati i baroni a congiurare e perché qui si conclude la "finta" pace tra il re e i baroni.
Fra i signori di Miglionico resta famoso Ettore Fieramosca che ottiene l'ambito titolo, essendo vincitore della famosa Disfida di Barletta. L'egregio studioso concittadino Marino Leogrande, nel «Popolo d'Italia» del 18 marzo 1939 n. 77, pubblica la Vita eroica di Ettore Fieramosca. Il Fieramosca, dopo l'investitura, si sarebbe fermato a Miglionico, feudo suo prediletto. Per dieci anni, infatti, esiste un'interessante bibliografia a proposito di tale investitura del titolo di conte del feudo di Miglionico. Vedi pdf

 

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