IRSINA.
Si è svolto a Irsina ,il 4 luglio,il convegno intitolato
" La via Francigena ,cammino di pace, da Canterbury a
Gerusalemme", nella concattedrale,riaperta al pubblico
il 17 Aprile 2016,dopo un anno e mezzo di lavori di
restauro,come hanno ricordato don Gerardo Forliano e il
sindaco Nicola Massimo Morea.Il convegno ,moderato dal
giornalista Gennaro Grimolizzi, è stato organizzato dal
Centro studi e ricerche 'Basilicata futura',presidente
Tonio Michele Bufano,in collaborazione con
l'associazione 'Rete Vie Francigene
Basilicata'presidente , dott.
ssa Maria Raffaella Antonocelli ;essa ha illustrato il
contributo della sua associazione alla realizzazione
della via Francigena che vuole unire l'Oriente
all'Occidente e ha fornito al pubblico elementi sulle
origini dei pellegrinaggi.Nel mondo cristiano sono
esistite due forme di pellegrinaggio, in seguito
collegate e fuse tra loro: Il pellegrinaggio
devozionale; Il pellegrinaggio penitenziale.
Il primo esiste fin dall'epoca paleocristiana e faceva
parte del processo di conversione: per liberarsi dalle
ansie e dalle tensioni del mondo si partiva verso
Gerusalemme, dove si viveva da "stranieri", da "esuli"
(secondo l'etimologia del termine "pellegrino"), magari
fino al resto della propria vita.
Il pellegrinaggio penitenziale, o espiatorio, invece ha
origini più tarde, legate a tradizioni di origini
insulari ,anglosassoni e soprattutto irlandesi. Esso era
originariamente una forma di dura condanna verso una
colpa molto grave (dall'omicidio all'incesto), nella
quale incorrevano soprattutto gli ecclesiastici, non
essendo essi sottomessi al diritto dei laici. Il reo era
condannato a vagabondare in continuazione, per terre
sconosciute e pericolose, vivendo nella povertà grazie
solo alle elemosine, impossibilitato a stabilizzarsi
altrove, lavorare e rifarsi una vita.Essi dovevano
portare ben visibili i segni del loro peccato: giravano
infatti nudi, scalzi e con ferri che ne cingevano i
polsi e le gambe.
Le prime notizie di pellegrinaggi penitenziali diretti a
una specifica meta risalgono all'VIII secolo. I
pellegrini avevano anche alcuni segni non infamanti che
li contraddistinguevano: il bastone (detto bordone), la
bisaccia e i segni del santuario verso il quale si era
diretti o dal quale si tornava, ben in vista sul
copricapo o sul mantello.
Gli imperatori carolingi scoraggiavano tali pratiche per
ragioni di ordine pubblico; nello stesso periodo i
vescovi iniziarono a inviare questo particolare tipo di
criminali direttamente al pontefice, affinché fosse lui
a comminare la penitenza o a concedere un'assoluzione,
anche se ciò causò talvolta conflitti tra alcuni vescovi
e il pontefice: infatti i condannati, se pensavano di
essere stati trattati con eccessiva durezza dal proprio
vescovo preferivano migrare fino a Roma in cerca di pene
meno severe.
Con l'uso di andare a Roma dei pellegrini penitenziali,
essi si sovrapposero ai pellegrini devozionali, che ivi
visitavano le tombe e le reliquie degli apostoli Pietro
e Paolo. Durante il medioevo le due forme di
pellegrinaggio si sovrapposero fino a confondersi e
uniformarsi: ogni pellegrino cercava l'espiazione di
qualcosa.
Ai pellegrinaggi verso Roma e la Terrasanta nel corso
dell'XI secolo la potente abbazia di Cluny si fece
promotrice di un'altra destinazione, la città di
Santiago di Compostela in Galizia, dove esisteva la
(presunta) tomba dell'apostolo Giacomo. Santiago aveva
il vantaggio di unire il flusso dei pellegrini al
processo di Reconquista della Spagna allora musulmana.
Per quanto riguarda Gerusalemme essa era fin dal VII
secolo in mano dei musulmani, in un'area contesa tra i
califfati del Cairo (fatimide, sciita) e di Baghdad (abbaside,
sunnita). I pellegrini cristiani potevano visitare la
città e le chiese al prezzo di pagare per i
salvacondotti.
Fino all'XI secolo i pellegrinaggi furono un fenomeno
esistente ma piuttosto limitato, per l'insicurezza
generale e anche per una certa diffidenza da parte della
stessa Chiesa: essi andavano oltre il controllo delle
diocesi, che era saldamente territoriale, e non era
gradito dagli ordini monastici, che seguivano il
precetto della stabilitas loci, che impediva a un monaco
di cambiare monastero. Essi inoltre sostenevano in
genere che la propria "Gerusalemme" andasse trovata nel
cuore di ogni cristiano, piuttosto che nel viaggio. In
seguito la Chiesa riconobbe nel pellegrinaggio
un'esperienza fondamentale della vita religiosa e lo
disciplinò, corredandolo di un apposito voto e delle
relative indulgenze spirituali.
I pellegrinaggi furono dopo l'anno Mille uno dei motori
della ritrovata mobilità delle persone e affiancarono il
rinascere dei commerci. Le vie dei pellegrinaggi si
attrezzarono con hospitalia (ospizi) dove rifocillarsi e
curarsi, se infermi.
A partire dal 1300 ,quando papa Bonifacio VIII istituì
il primo Giubileo, ogni fedele cattolico è invitato a
fare un pellegrinaggio nell'anno giubilare. Alcune
"tappe" del pellegrinaggio erano: Ur dei Caldei, ove
Abramo sentì la parola del Signore; il monte Sinai, ove
Mosè ebbe la rivelazione del nome di Dio e il dono del
Decalogo; il monte Nebo, ove Mosè poté guardare la Terra
promessa, senza tuttavia poterla raggiungere; Nazareth,
luogo della concezione e della nascita di Gesù, accanto
alla Madre e al suo lavoro quotidiano; Betlemme, ove
Cristo venne alla luce e i pastori e i magi diedero voce
all'adorazione dell'intera umanità e risuonò l'augurio
di pace degli angeli; Gerusalemme, il Cenacolo e i
luoghi dove Cristo ha dato la sua vita e l'ha poi
ripresa nella risurrezione; Damasco, luogo della
conversione di Paolo.
Un' interessante riflessione sul pellegrinaggio e il
valore dell'esperienza della strada è venuta dal
professorArmando Sichenze,dell'Universita degli studi di
Basilicata :la strada offre e riceve diversità. I monaci
e i mercanti nel Medioevo andavano per le strade ,tra la
gente,narravano , ascoltavano e riportavano (basti
pensare al romanzo 'Narciso e Boccadoro).L'incontro con
chi viaggia si affida alla comunicazione e la strada
diventa luogo d'incontro per eccellenza.
Un interessante studio sulle vie francigene è la
pubblicazione della professoressa Anna Trono,
dell'Università del Salento,intitolata 'Cammini di fede
e turismo culturale,via Francigena',Mario Congedo
Editore. La professoressa ha illustrato i vari percorsi
dei pellegrini per raggiungere la Terra Santa dopo la
costruzione di nuovi monumenti legati alla vita di
Cristo,ad opera di Costantino,nel 326 d.C.Nel
1987,infatti,sono stati individuati gli 'Itinerari
culturali',riconosciuti dal Consiglio d'Europa e la Via
Francigena è stata riconosciuta 'Bene culturale
complesso'.Un ponte per unire l'Europa Anglosassone e
l'Europa Latina:il vescovo di Canterbury,Sigerico,
recandosi a Roma da Papa Giovanni XV ,appunto' il suo
percorso che è stato attraversato da tantissimi uomini
di Chiesa e pellegrini.
La dott.ssa Patrizia Minardi ,responsabile dell'Ufficio
Sistemi culturali e turistici -Cooperazione
internazionale- Regione Basilicata-Vie Francigene 2019,
ha espresso la necessità di partire da un turismo
spirituale sostenibile.La Basilicata,per l'Anno dei
Cammini , può far vivere ai pellegrini un viaggio
affascinante promuovendo il suo patrimonio e la sua vera
vocazione agricola e culturale.
L'estensione della via Francigena al Sud ci impone tre
passi importanti:identificazione del percorso insieme ai
comuni e alle regioni,certificazione del percorso
scientifico e la condivisione con la cittadinanza per
creare opportunità di lavoro , attraverso un turismo non
esclusivo,che valorizzi l'aspetto naturalistico e
riflessivo della nostra terra.E ,infine,è necessaria un
'unità di principi che non ci faccia cadere nella
chiusura ma cerchi relazioni e scambi.
Monsignor Giuseppe Caiazzo ,vescovo della diocesi di
Irsina Matera, ha concluso il convegno affermando che
andare per le strade,peregrinare,ci porta a riscoprire
lo scrigno di meraviglie del Creato e la necessità della
sua cura in un'ottica di pace,perché la bellezza salverà
il mondo.
Arrivederci tra le vie del creato alla ricerca di una
fede profonda. Margherita
Lopergolo |