MIGLIONICO.
“Le mie bici da 61 mondiali. Così ho fatto
pedalare Merckx e papa Wojtyla”. Il
costruttore Ernesto Colnago, 85 anni, dice:
“Iniziai a 12 anni, con me c’era Gian Maria
Volontè”. L’azienda si trova a Cambiago,
vicino Milano. La prima bottega l’aprì nel
1953. Colnago iniziò come ciclista, vincendo
una dozzina di gare. E’ stato meccanico di
diversi campioni di ciclismo e della
Nazionale italiana di ciclismo e poi
imprenditore. Ha sempre voluto che la sua
azienda rimanesse a dimensione artigianale.
Attualmente produce, ogni anno, 15 mila
esemplari di biciclette che esporta in tutto
il mondo. Colnago, innovatore nella
realizzazione dei telai, ha introdotto nel
ciclismo professionistico carbonio e freno a
disco. Nel 1972 il campionissimo Eddy Marckx
realizzò, su un modello da lui creato, il
record dell’ora, a Città del Messico. Quella
bicicletta pesava 5 chili e 750 grammi.
“Ernesto Colnago iniziò a lavorare all’età
di 12 anni – scrive Riccardo Bruno sul
Corriere della Sera del 18 giugno – quando
c’era ancora la guerra. I miei genitori mi
mandarono in un’officina del paese dove si
riparavano attrezzi agricoli e biciclette.
Come compenso prendevo due chili di farina
gialla a settimana. Ma erano i miei genitori
a pagare il titolare per offrirmi la
possibilità di imparare un mestiere”. L’anno
dopo, a Milano, nella fabbrica di biciclette
“Gloria” trovai un lavoro vero. Si costruiva
la famosa bici “Garibaldina”. Per cominciare
a lavorare dissi di avere 14 anni anziché
13. All’età di 20 anni aprì la sua prima
bottega, una stanzetta di 5 metri quadrati.
Poi, un giorno incontrò il famoso ciclista
Florenzo Magni, il “leone delle Fiandre”. Si
lamentava che da qualche giorno gli faceva
male una gamba: guardai la sua bici e mi
accorsi che la pedivella non era in asse.
Gliela misi a posto, gli passò il dolore e
mi offrì di seguirlo al Giro d’Italia come
vice del suo meccanico di fiducia, Faliero
Masi. Dopo alcuni anni inventò il telaio in
carbonio. La prima bici venduta costava 300
lire. Il segreto del suo successo? “Fare le
cose con amore e con pazienza. Ogni bici che
realizzo la devo guardare e poter dire: era
giusto farla proprio così”. Giacomo Amati |