MIGLIONICO.
Perché diciamo tante parolacce? Ce ne sono persino nei testi
delle canzoni e, negli slogan di Beppe Grillo sono all’ordine
del giorno. Gli insulti, poi, sono di casa persino in
Parlamento. Secondo uno studio condotto dal prof. Richard
Stephens della “Keele University (Regno Unito), la parolaccia è
liberatoria, aiuta a sopportare il dolore. E per Adriano
Zamperini, docente di Psicologia della violenza all’Università
di Padova, la parolaccia sostituisce la violenza fisica del
passato. Le parolacce vengono pronunciate ovunque: basta
prendere una metropolitana per “ascoltare ogni giorno una specie
di rosario pagano”, scrive Roberto Scorranese sul Corriere della
Sera. Perché? “Viviamo in una democrazia – dice il prof. Adriano
Zamperini – che è pur sempre un sistema non violento, però
fondato sul conflitto. Nel momento in cui la violenza fisica
viene condannata, non ci resta che la parola”. La parola come
sostituto della spada? “Sì, basta guardare i talk show: c’è
sempre un’escalation di aggressività parolaia fine a se stessa”.
La parolaccia, in pratica, è un “carico simbolico che dà peso
alla parola, altrimenti troppo leggera, incapace di imporsi nel
magma dei discorsi infiniti”. E i bambini che ascoltano?
“Capiscono bene qual è una parolaccia e quale no: la censura non
fa che amplificare il loro interesse. L’importante però è
guidarli all’ascolto, spiegare loro che una certa parola è
disdicevole”. Giacomo Amati |