MIGLIONICO.
kathrine, la maratoneta che fece correre le
donne. Torna in gara a 70 anni. Pioniera
della maratona al femminile, Kathrine
Switzer è nata il 5 gennaio 1947 ad Amberg,
in Germania, figlia di un maggiore
dell’Esercito americano. A 20 anni si
iscrive alla maratona di Boston indicando
solo le iniziali del suo nome. In questo
modo è la prima donna a ottenere un numero
ufficiale per la gara, a quel tempo
riservata solo agli uomini. “Finora Switzer
ha corso 39 maratone – scrive Riccardo Bruno
sul Corriere della Sera – e ha al suo attivo
due vittorie a New York. Dopo l’attività
agonistica è diventata commentatrice
televisiva, autrice di due libri e relatrice
in conferenze in campo universitario e
professionale. Ha fondato la società non
profit “261 Fearless” per stimolare
l’autostima delle donne attraverso la corsa.
Nei giorni scorsi si è iscritta alla
maratona di Boston che si disputerà il
prossimo 16 aprile”. Il numero 261 da quel
19 aprile 1967 è rimasto attaccato a
Kathrine Switzer. Lo ha fatto diventare il
simbolo del movimento mondiale che ha
fondato per propagandare il coraggio e la
mancanza di paura di fronte alle avversità
delle donne, sia nell’affrontare una
maratona che le difficoltà della vita.
Tornare a correre la maratona di Boston a 70
anni, dopo 50 dalla prima volta, sarebbe già
un bel primato. Ma trattandosi di Kathrine
Switzer è qualcosa di più. Nel 1967 quella
cavalcata di 4 ore e 20 minuti, in felpa e
pantaloni, cambiò la storia dell’atletica. E
non solo. Alle donne, allora, non era
permesso partecipare a gare di 42
chilometri, erano considerate troppo fragili
per affrontare uno sforzo così prolungato.
Ma Kathrine era cresciuta correndo. A soli
12 anni usciva in strada da sola, 5
chilometri attorno a casa, nessuna delle
coetanee avrebbe osato farlo. Nel 1967 si
iscrisse alla maratona di Boston ricorrendo
a un sotterfugio: si registrò con il nome K.
V. Switzer. Nessuno si accorse prima che era
una donna, tranne un giudice di gara, Jock
Semple che invano cercò di bloccarla. Quel
19 aprile 1967 avvenne una “rivoluzione
sociale”: da allora le donne finalmente
vennero ammesse a partecipare a tutte le
gare di fondo. Giacomo Amati |