MIGLIONICO.
Rapporto sulla situazione del servizio ospedaliero del
“Pronto soccorso” in Italia. Il “Tribunale per i Diritti
del Malato di Cittadinanzattiva e la Società italiana di
medicina di emergenza-urgenza hanno monitorato 93
strutture di emergenza e intervistato 2.944 persone per
valutarne il funzionamento”. I risultati salienti sono i
seguenti: “In media occorrono tre ore d’attesa; gli
spazi sono ridotti; pochi sono i posti letto”. (Fonte
Corriere della Sera del 7 ottobre 2016). In pratica, i
tempi di attesa nei “Pronto soccorso” sono ancora
eccessivamente lunghi. La permanenza media tra
l’accettazione e l’indicazione per un’eventuale
ospedalizzazione supera le tre ore che diventano cinque
nei “Dea” (Dipartimenti di emergenza e accettazione) di
primo livello e 2,30 in quelli di secondo livello. Però
i cittadini mantengono la fiducia in questi servizi che
per loro rimangono l’unico punto di riferimento, una
sicurezza. “Le attese sono particolarmente prolungate –
scrive Margherita De Bac - quando la barella viene
destinata all’Obi (Osservazione breve intensiva).
Un’area pensata per velocizzare le pratiche e che invece
è diventata un vero e proprio parcheggio dove si rischia
di soggiornare una settimana”.E’ facile allora che il
personale, sovraccarico di lavoro, commetta errori o
manchi di umanità. Tra i punti deboli del percorso oltre
ai tempi di attesa e agli spazi, c’è la disattenzione al
dolore fisico ed alla comunicazione con i familiari dei
pazienti. In definitiva, il servizio ospedaliero del
“Pronto soccorso” costituisce in diverse regioni
italiane l’unico “rifugio”. Fenomeno più evidente dove
mancano strutture intermedie sul territorio in grado di
assorbire le richieste di assistenza non urgenti. “IL
resto lo fanno il taglio dei posti letto, previsto dalle
ultime manovre finanziarie, e la diminuzione del
personale legata ai blocchi del turnover”.
Giacomo
Amati |