MIGLIONICO.
Le prime donne militari italiane arruolate in un
sommergibile: sono Erika Benemerito (sottotenente di
vascello, 26 anni, di Napoli), Elena Varagnolo
(sottotenente di vascello, 25 anni, di Chioggia-
Venezia),Domenica Ruggiero (radarista, 27 anni, di
Bari), Valeria Fedele (sottocapo elettricista, 26 anni,
di Brindisi), Iole Boccia (sottotenente di vascello,
ingegnere navale, 28 anni, di Napoli). A loro stanno per
aggiungersi due aspiranti sommergibiliste in procinto di
concludere il corso di studi trimestrale: si tratta di
Martina Petrucci (24 anni, di Camaiore-Lucca) e di
Francesca De Filippis (23 anni, di Lecce). Sono loro le
prime donne “sommergibiliste della Marina militare
italiana. Attualmente, sono in servizio nella base
dell’Arsenale di Taranto”, scrive Carlo Vulpio sul
Corriere della Sera (giovedì 6 ottobre 2016). “Non ci
sono incompatibilità tra questo lavoro e l’essere donna.
E’ una scelta di vita. Come gli altri, anche noi siamo
prima di tutto militari. Tutte, e si vede, vengono
dall’Accademia o dalla Scuola della Marina. Tutte, e si
vede anche questo, hanno prima frequentato buone scuole
superiori: liceo classico, scientifico, linguistico,
biologico e, solo in un caso, la Petrucci, il
prestigioso istituto nautico di Viareggio. E tutte,
infine, sono consapevoli che nella Marina, il
sommergibile è un’eccellenza”. Test fisici e psicologici
prima di essere avviate al corso di tre mesi con esame
finale non hanno scoraggiato nessuna di queste ragazze.
“Non si sono trovate in imbarazzonemmeno quando hanno
dovuto condividere cucina, docce e brande a bordo del
sottomarino, in spazi angusti e per missioni che durano
almeno un mese. L’unica vera regola quando si hanno
esigenze diverse – dicono – è il buon senso. Un esempio
è la doccia: ognuno di noi, maschi e femmine, ci va
vestito, non in accappatoio”. Ma perché il sottomarino?
“Le motivazioni sono le più diverse: il mistero degli
abissi; la sfida di governare un mezzovisto nei film o
incontrato nei libri di Jules Verne; ma anche l’idea
molto concreta di avere un lavoro, in cui però c’è
spazio per l’avventura e per la solidarietà (quanti
naufragi di disperati evitati grazie al pattugliamento
dei sottomarini). E perché no, anche per poter dire:
cari uomini, possiamo farlo anche noi”.
Giacomo
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