MIGLIONICO.
Le età della vita vanno aggiornate. E va abbattuta la soglia dei
65 anni. Fino a poco tempo fa, a 65 anni si entrava nella
categoria “anziani”. Oggi tale parametro non ha alcun senso: è
solo un pregiudizio. Ne discende che va cancellato l’aggettivo
anziano per i sessantacinquenni. A sostenere la validità di
queste affermazioni è un’indagine Istat (Istituto nazionale
statistica) che sottolinea come tra gli ultrasessantacinquenni
ci siano “profili eterogenei per stato di salute e condizioni di
vita. Sono state proposte varie misure dinamiche
dell’invecchiamento di una popolazione. C’è un’età anagrafica e
ce n’è una biologica. Nel secolo scorso, la speranza di vita
residua a 65 anni era di 13 anni. A 65 anni si entrava così nel
parametro “anziani”. Ma negli ultimi cinquant’anni è cambiato
tutto. Oggi “13 anni sono l’attesa di vita di un uomo di 73 anni
e di una donna di 75 anni”. In virtù di tale criterio, in Italia
6,5 milioni di persone di età compresa tra 65 e 74 anni non
verrebbero più considerati anziani. Non si tratta di una
“rivoluzione lessicale”. Ma di una “trasformazione in corso”. E,
secondo i dati dell’Onu (Organizzazione nazioni unite) “per la
prima volta nella storia dell’umanità, la percentuale degli
ultrasessantacinquenni supererà, tra un paio di anni, quella dei
bambini d’età inferiore ai 5 anni. E nel 2050 la percentuale
degli over 65 sarà più del doppio di quella dei bambini”. Ne
discende che, tra poco, “ci saranno più nonni che nipoti. Se il
miglioramento delle condizioni di salute ha portato l’Italia al
primato della longevità (dopo il Giappone) la mancanza di
politiche a sostegno della donna che lavora incide sul calo
delle nascite. Crescere un figlio ha un costo che molte giovani
coppie, senza il sostegno della famiglia, non riescono a
sostenere. La retta di un asilo nido è come uno stipendio”.
L’indagine Istat, infine, informa che “in Italia su 16 milioni
di pensionati, 7,2 milioni hanno un assegno inferiore ai mille
euro al mese e il 17 per cento vive con meno di 500 euro al
mese”. Giacomo Amati |