Cara
Apolonia. Il
14 di aprile (2018), a un’età anagrafica venerabile (91 anni) smentita
dall’aspetto e da quel piglio vivace carico di tante storie, ti sei
congedata inaspettatamente da questa vita, e dai tuoi familiari in
particolare la figlia Maria e il nipote Giulio (Brusori), coi quali
condividevi amore e serenità nella bella residenza a Grignasco.
Il passato riemergeva costantemente nella tua mente, con il periodo
della tua prima gioventù sul colle di Miglionico tra case bianche e
castelli dove nascesti il 5 marzo del 1927, da Antonia Lascaro e
Francesco Occhiogrosso, aprendo una lista di 11 fratelli e sorelle.
Amavi ricordare:
- la sorpresa del festeggiamento del tuo 90° compleanno organizzato dai
tuoi cari attorniandoti con 170 invitati;
- il calore della casa nativa, attorno al camino per cuocere ceci, fave,
cicorie… sughi con rossi pomodori per condire la pasta fatta in casa,
come il pane;
- le regole di costume legate alle convenzioni sociali locali che
condizionavano la tua vita da ragazza e in seguito quando facevi zit col
tuo amato Antonio (Matera), che divenne il tuo sposo;
- poi il distacco da quel colle per andare, con la tua famiglia, a
Valduggia e poi Borgosesia;
- il tuo vivere intenso districandoti tra il lavoro alla ambita “Ragno”
e tra le mura domestiche, dove sovente con tuo marito radunavate
parenti, paesani e non, attorno a un tavolo imbandito per rammentare
avvenimenti del paese d’origine;
- il ritorno, per un periodo dopo il pensionamento, alla tua Miglionico,
dove le tradizioni colorano il viverci;
- i raduni, nella parte suttuan della casa al paese, per formare e
scomporre circoli di quadriglie, l’antico ballo, al suono di un 78 giri
sul grammofono; di un’orchestrina di casa o a noleggio, con quel
irresistibile profumo della carne, arrostuta nelle v’cciarj, avvolta a
carbonaia nella carta paglia e messa al centro del tavolo con un
bicchiere di primitivo;
- il passeggio interminabile tra la piazza centrale e il castello, e le
veglie estive, sul ballatoio esterno, con le comari a ripetere leggende,
miserie, nobiltà e ironie, con qualche intervallo per scrutare il
passeggio dei cristiani;
- infine le feste sacre, annunciate dal campanile col suo concerto delle
campane rifuse a Valduggia, (nel 1987) e lo strimpellare di un brandello
di banda, la banda delle cozzavuffl’, in un saggio del repertorio che
sarebbe risuonato armoniosamente nel giorno successivo prima che gli
spari dei fuochi artificiali, verso il castello, avessero colorato il
cielo, scendendo sulle brune torri fino a spegnersi giù su quell’antica
terra amata.
Anche così verrai ricordata.
Maria Augusta Galletti |