MIGLIONICO.
Com’era da aspettarsi, l’amico Giacomo mi ha rivolto una batteria di
quesiti ai quali è doveroso rispondere, sia pure in forma generalizzata.
Dopo una serie di commenti sulle alterne fasi della campagna elettorale,
non posso far mancare il mio giudizio sull’esito delle elezioni ormai
concluse. Non mi soffermerò sui risultati generali che hanno
caratterizzato i successi o gli insuccessi di tutti i partiti, giacchè
sono stati, e sono tuttora, oggetto di analisi da parte della totalità
di giornali e televisioni.
Mi occuperò esclusivamente di quelli che hanno determinato la sconfitta
clamorosa del Partito Democratico, di cui mi onoro di far parte, senza
pentimenti. Non vi sono attenuanti di sorta, la batosta è stata pesante
e dolorosa. Ma, come accennato nel titolo, è stata dura e al contempo
salutare. E spiego il perché. Le cause sono molteplici e di varia natura
sia, per così dire, endogene che esogene. Buona parte è da attribuire al
lavoro e all’atteggiarsi di Matteo Renzi nel ruolo di Presidente del
Consiglio e di segretario del partito.
Ho più volte criticato gli errori compiuti e le modalità di
comunicazione, molto spesso “fuori le righe”, del Nostro, che in buona
parte hanno contribuito a renderlo inviso alla gran parte dei cittadini.
Di questa défaillance hanno approfittato i comici di professione che
hanno lucrato non poco con le loro pessime imitazioni. Le cause però
sono molto più profonde, da attribuire non solo a Renzi, per i motivi
che più volte ho chiarito, ma sostanzialmente a tutto il “cerchio
magico” e meno magico che ha sostenuto il segretario.
Mi riferisco prima di tutto ai suoi collaboratori più stretti i quali,
per gli errori personali commessi in più occasioni, non hanno avuto la
sensibilità, né sentito il bisogno di farsi da parte e liberare Renzi
dal dovere di giustificarli. Non li menziono. Dei loro nomi sono piene
le cronache degli ultimi mesi. I motivi, però, che hanno determinato la
sconfitta del Pd e della Sinistra in generale, sono stati ben altri. Li
ho precisati più volte, sebbene sia il caso di citarli ancora.
Partendo dall’infausta espressione di Renzi (“rottamare il partito”)
nella quale s’intravedeva la volontà di svecchiarlo con l’apporto di
energie più giovani, chi si è sentito minacciato di “sfratto” ha cercato
tutti i pretesti per ostacolarne l’azione riformatrice. I primi segnali
si sono avuti con l’episodio nel quale Cofferati ha ostacolato la
candidata ufficiale del Pd a sindaco di Genova. Sono seguite, via via,
le contestazioni della CGIL e della minoranza dem alla riforma dell’Art.
18 e della Buona Scuola; e via di questo passo, fino alla bocciatura del
referendum del 4 dicembre 2016.
L’esito di questa pressante contrapposizione è storia nota a tutti:
l’assurda scissione che ha generato la spaccatura del partito e la
nascita di un nuovo soggetto politico alla sua sinistra. Ciò premesso,
solo un pazzo poteva sperare che il Pd rimanesse+ indenne nelle elezioni
di domenica scorsa. (Uno dei pazzi ero io). Il dato ancora più clamoroso
è che il nuovo soggetto ha pagato duramente l’illusione di surclassare
il partito da cui si è staccato: a malapena ha superato il limite del
3%, ma ha trascinato nel vortice infernale tutta la Sinistra. E’ proprio
il caso di dire: muoia Sansone con tutti i “filibustieri”.
Se queste sono le cause che ho definito endogene, cioè da attribuire
alla responsabilità dell’intera Sinistra, quelle esogene sono di
tutt’altra natura e vanno cercate in altra direzione. In primo luogo
nell’incapacità dei governi degli ultimi decenni d’intercettare i
bisogni reali della gran parte dei cittadini. Vent’anni di governo
berlusconiano e qualche decennio delle ammucchiate di Centrosinistra,
hanno ridotto il Paese ai limiti della povertà; complice anche la crisi
economica che ha devastato tutto l’Occidente; non basta, però. Fenomeni
completamente inattesi, come l’immigrazione di massa, la minaccia
terroristica, i disastri idrogeologici, la corruzione ad ogni livello,
hanno sottratto ingenti risorse ai necessari investimenti e impoverito
ulteriormente il tessuto economico e sociale del Paese.
Di tutto questo, è ovvio, hanno approfittato i movimenti cosiddetti
populisti che, lucrando sull’esasperazione della gente, hanno fatto il
pieno dei voti. Questa è la situazione venuta fuori dalle urne:
Centro-destra al 37%, M5S al 32%, Pd al 19%; tutto il resto diviso tra i
partiti minori. Difficile dunque formare una maggioranza coesa.
Mattarella avrà una bella gatta da pelare. Quali le soluzioni possibili?
Non è compito mio cercare soluzioni a questo “enigma con le
caratteristiche di un rebus”, direbbe Winston Churchill se tornasse in
vita.
Provo solo a interessarmi delle scelte che farà in proposito il Pd. La
sconfitta, com’era prevedibile, ha creato al suo interno un tale
scompiglio che è difficile prevederne gli esiti. Il dato più
appariscente è che Renzi si è “dimesso in gioco”, secondo la felice
espressione di Agorà. Il che significa che, pur avendo l’intenzione di
lasciare definitivamente la guida del partito, intende rimanere in campo
per condizionarne le decisioni da prendere dopo la sconfitta.
Tale soluzione non piace ai suoi più agguerriti critici che vorrebbero
quanto prima metterlo ai margini. S’ipotizzano diverse vie da seguire:
nominare un reggente o un organo collegiale in grado di organizzare le
future primarie per eleggere il nuovo segretario. Il nodo più urgente da
sciogliere, però, è ben altro. Si tratterà di decidere l’atteggiamento
da assumere nei confronti di un ipotetico governo a guida 5Stelle. Molti
esponenti della minoranza, chi più chi meno esplicitamente, propendono
per dare un appoggio, anche esterno, a un tale governo.
Renzi e i suoi più stretti collaboratori sono intenzionati a collocarsi
in ogni modo all’opposizione. La partita è tutta da giocare, la
soluzione secondo il mio giudizio, dipende da diversi fattori che
esulano dalle decisioni concrete che prenderà il Pd. Prima di tutto
bisognerà aspettare la soluzione che sembrerà la più opportuna al Capo
dello Stato. Darà l’incarico al Centrodestra che lo rivendica
tenacemente per aver conseguito il maggiore risultato per la coalizione?
Il “neo regista” Silvio Berlusconi lavora dietro le quinte per
inchiodare gli alleati, soprattutto Salvini, al rispetto dei patti: il
governo si fa insieme o non si fa.
Un altro elemento, meno indicativo sul piano numerico, ma importante dal
punto di vista politico, è l’arrendevole atteggiamento dei Liberi e
Uguali che, calatesi le cosiddette braghe, non vedono l’ora di dare una
mano a Di Maio. Si illudono di poter occupare uno spuntino di poltrona
nel futuro esecutivo. La scusante è che i 5Stelle si avviano a diventare
un partito di sinistra. Sarà vero? Ne dubito fortemente. Ancora ebbri
della vittoria, non vedono l’ora di ottenere l’incarico e formare un
governo con qualsiasi appoggio esterno: di destra, di sinistra, di
centro, di periferia, di sotto, di sopra, purché espressione dei propri
interessi.
Se mi posso permettere un’opinione, anche da più parti condivisa, la
soluzione più logica, non la più razionale, sarebbe quella di formare
una maggioranza composta dai partiti che hanno (relativamente) vinto le
elezioni: i 5Stelle, la Lega, Fratelli d’Italia. Non solo perché hanno
conquistato la fiducia della maggioranza degli Italiani, soprattutto
perché hanno diversi obiettivi comuni e un’affinità di problemi da
risolvere. Li separa solo la pretesa di affermare ciascuno la propria
leadership e, da parte di Salvini, mitigare la pressione di Berlusconi.
Hanno vinto! Hanno il dovere di assicurare un governo all’Italia.
Ritorniamo per così dire a bomba. A Sinistra, chi ha ragione? Chi ha
torto? E’ proprio il caso di dire: hanno tutti torto e tutti ragione. Ha
ragione Renzi a voler collocarsi all’opposizione; hanno ragione i suoi
critici nel sostenere l’opportunità di far nascere un governo che porti
a compimento le riforme già avviate; è da capire i Liberi Uguali che
hanno necessità di non scomparire dai radar della politica
“politicante”. Qual è la mia opinione? Premesso che il Paese ha bisogno
di un governo che affronti con urgenza i problemi più pressanti che
attendono soluzioni non più rinviabili, i soggetti che potrebbero
formare un governo 5Stelle-Centrosinistra hanno tutti l’obbligo di
dismettere l’arroganza e di assumere comportamenti più umili e
rispettosi delle ragioni altrui. Mi riferisco prima di tutto a Di Maio,
il quale pretende di dare le carte da solo.
Nell’ambito della Sinistra il discorso è più complicato. Condivido
l’esigenza di assicurare un governo al Paese, ma le condizioni non le
può dettare una sola componente. Occorre cercare una via d’uscita
comune; avere il coraggio e l’umiltà di riconoscere ciascuna le ragioni
dell’altro e cercare di ricomporre un’unità di azione. Renzi e tutto il
Pd riconoscano il diritto all’esistenza dei Liberi e Uguali; questi
ultimi tornino umilmente a usare il “tu” con i compagni e dismettere
l’uso del “leu”. Fuor di metafora, andare uniti è il solo modo per
confrontarsi con l’eventuale alleato e contrattare alla pari le modalità
di un accordo. Se poi quest’unità di intenti possa mutarsi in
un’alleanza di tutte le forze della Sinistra, sarebbe l’occasione
propizia per ricostruire il patrimonio democratico e riformatore del
Paese.
Per finire il mio discorso, accenno a due fatti, molto emblematici, che
hanno contraddistinto gli avvenimenti degli ultimi giorni: la decisione
del ministro Calenda di iscriversi al Pd, nonostante la disfatta, e la
rielezione di Zingaretti a Presidente della Regione Lazio. Non so quali
siano i veri obiettivi che l’uscente ministro voglia raggiungere ma, il
fatto stesso che voglia iscriversi a un partito appena sconfitto, è
segno di un coraggio senza precedenti. E’ un segnale che incoraggia a
non mollare e a riprendere una battaglia che non potrà vincersi in poco
tempo, ma che alla fine darà dignità e vigore a una forza politica
competitrice per il bene del Paese. Non ho però apprezzato le condizioni
imposte al partito per vederlo collocato comunque all’opposizione. In
ogni modo la sua è una scelta coraggiosa e di alto valore simbolico.
Il secondo evento riguarda il successo ottenuto da Zingaretti nel Lazio.
Nonostante la modesta percentuale di voti ottenuti, la sua vittoria è
l’unica che ha permesso al Pd di salvarsi la faccia. I motivi richiedono
un’analisi profonda e sincera sul futuro stesso del partito. La prima
osservazione da fare è la seguente: dove le regioni sono ben
amministrate, le perdite sono state contenute. Dove regna il caos, è
andato tutto all’aria. La seconda osservazione, non meno incisiva è,
dove la Sinistra si è ritrovata unita la batosta è stata più
sopportabile.
Per concludere, accenno al vero messaggio che il titolo, “una sconfitta
salutare”, vuole lanciare. Salutare perché deve far riflettere, non solo
sugli errori commessi dal Pd nella gestione degli ultimi governi, ma
essenzialmente sul ruolo che deve darsi per affrontare le sfide future.
Innanzitutto dovrà interrogarsi sulla natura stessa del partito;
decidere quali componenti la società vorrà rappresentare: se i più umili
e i meno protetti, gli anziani ai limiti della sopravvivenza e
l’infanzia esclusa dai servizi più elementari; le periferie dei grandi
centri urbani, la dignità del lavoro, secondo lo spirito indicato dal
Papa venuto da lontano; o guardare alla media e alta borghesia,
detentrice della stragrande ricchezza del Paese. Insomma il Pd, e
l’intera Sinistra, devono cambiare pelle, rifondare i pilastri di base e
ricominciare con lo spirito originario dei padri fondatori.
Non per ultimo, deve rinunciare alle lotte intestine che gettano nello
sconcerto gli iscritti che credono ancora nei valori e nell’azione
rigeneratrice del partito. Deve finire l’epoca dei personalismi e dei
cosiddetti “capi bastone”. Sarà però necessario un altro cambiamento
nella gestione interna; renderla finalmente democratica, con regole
uguali per tutti. Bisognerà definire con estrema chiarezza il ruolo che
spetta a ciascuna componente: al segretario, alla direzione e
all’assemblea generale; e, nel rispetto reciproco, alle maggioranze e
alle minoranze.
Ultima osservazione. Attenti a non fare l’errore di attribuire tutte le
colpe dell’insuccesso al segretario uscente. Le responsabilità sono
collettive e risalgono alla gestione fallimentare degli ultimi decenni.
Renzi ha commesso i suoi errori, ma rimane pur sempre una risorsa
indispensabile. Il partito, come accennato, va ricostruito dalla base,
partendo proprio dal ruolo che devono svolgere i circoli territoriali.
Da questi deve partire una “rivoluzione permanente” che li farà i veri
protagonisti della rinascita. Il loro ruolo sarà completamente
ripensato. Non più passivi procacciatori di voti, esecutori di direttive
calate dall’alto, bensì centri d’idee, vere fucine di pensiero che
contribuiscano all’elaborazione della politica generale del partito.
Oltre al ruolo prettamente politico dovranno darsi obiettivi di crescita
culturale e sociale, volti ad offrire ai giovani occasioni di svago e di
socializzazione, anche per sottrarli alle influenze negative di gruppi
abbandonati a se stessi. Tali organismi dovranno, inoltre, perseguire un
fine autenticamente educativo, finalizzato a formare coscienze libere,
non soggette ad alcun influsso ideologico, e capaci di avanzare critiche
costruttive anche all’interno dello stesso partito. Si tratta della
realizzazione, sul piano politico, dell’opera di “coscientizzazione” che
Paulo Freire assegnava all’istruzione dei campesino del Nord-Est del
Brasile. Tutto ciò richiederà la formulazione di regole e regolamenti
chiari da applicare in ogni contesto.
Basteranno le nuove norme a rifondare le strutture e far ripartire
l’azione rigeneratrice del partito? Certamente non da sole. Ogni
iscritto dovrà sentirsi in prima persona responsabile; e rendersi
consapevole che l’impresa comporterà enormi sacrifici di lavoro e di
tempo. Dovrà fare suo lo slogan “ricomincio da me”, nel senso che ogni
piccolo contributo individuale servirà a fare grande l’impianto generale
del sistema. Sarà dura, ma varrà la pena provarci.
Termino come sono solito fare: chiedo scusa se mi sono ancora una volta
dilungato, ma non ho avuto tempo per farla più breve.
Miglionico 7.03.2018
Domenico Lascaro (d.lasacro@libero.it) |