Terremoto del Belice
Noi c'eravamo
Il 14 Gennaio del 1968 un forte terremoto sconvolge il Belice in Sicilia

 
Il gruppo di Miglionico con altri scouts      

Ho ritrovato il diario della nostra breve esperienza.


MEMORARE

Memorare, piissima Virgo Maria, a
saeculo non esse auditum quemquam ad tua
currentem praesidia, tua implorantem auxilia,
tua petentem suffragia esse derelictum.
Ego,tali animatus confidentia, ad te,
Virgo virginum Mater, curro: ad te venio,
coram te gemens peccator assisto.
Noli, Mater Verbi, verba mea
despicere, sed audi propitia ed exaudi. Amen.

Ricordati piisima Vergine Maria, che
non si è mai udito che alcuno sia ricorso alla tua
protezione, abbia implorato il tuo aiuto, abbia
cercato il tuo soccorso e sia stato abbandonato.
Animato da tale confidenza, a te ricorro,
Madre Vergine delle Vergini: da te vengo, dinanzi
a te mi prostro, gemendo peccatore.
Non disprezzare, Madre di Dio, le mie
parole, ma ascolta benevola ed esaudisci. Amen.


Inizio questo racconto con la preghiera di S.Bernardo, per ringraziare la Vergine Maria che ci è stata vicina nella nostra” esperienza”.
Questo diario è la testimonianza di chi ha vissuto con altri amici, per un breve periodo, la tragedia e l’angoscia dei terremotati della Valle del Belice in Sicilia.
Ormai sono trascorsi cinquanta anni da quel fatidico 14 gennaio del 1968.
Leggo con emozione l’attestato rilasciato dal Comando settore operativo vigili del fuoco di Montevago:
“ Si dichiara che i sottoindicati hanno preso parte alle operazioni di soccorso nelle zone terremotate di Montevago e di S.Margherita Belice alle dipendenze di questo Comando:”

Buzzella Marco
Canterino Antonio
Dalessandro Giuseppe
Destefano Bruno
Digregorio Antonio
Giannella Domenico
Laforgia Donato
Marinaro Mario
Rotondo Michele
Sarli Domenico

Siamo 9 Rovers dell’A.S.C.I.-Associazione Scautistica Cattolica Italiana e un tecnico.
IL gruppo ,diretto da Pinuccio Dalessandro , è coadiuvato nella sua funzione dal collaboratore tecnico, geom. Mario Marinaro.
Noi “Rovers” siamo tutti studenti di istituti superiori.


14 GENNAIO 1968 Domenica ORE 10

Una domenica tranquilla come tante altre.
Il nostro reparto “ EDELWEIS” è già pronto per la cerimonia dell’alza bandiera sul piazzale della Chiesa Madre.
In questa giornata non sono state previste le consuete “uscite di squadriglia”.
Don Mario Spinello,il nostro assistente spirituale, ha programmato una riunione con i “rovers”.
Don Mario è l’ arciprete dell’Insigne Collegiata “S Maria Maggiore”. Opera nella nostra comunità da circa 3 anni, proviene dalla parrocchia del “Cristo Re “di Pisticci.
Il tema dell’incontro è “Uno scout è un uomo passabile in un salotto indispensabile in un naufragio”( da Baden Powel - fondatore dello scautismo).
Don Mario,riportando questa frase di Baden Powel,ci fa meditare che negli scritti del fondatore il termine protezione civile ovviamente non compare.
Ma i concetti di servizio di comunità,servizio pubblico,pronto intervento,riassumibili nel motto “Be prepared” costituiscono l’essenza e allo stesso tempo le premesse per la maturazione e la conseguente attuazione di questa idea.
La capacità “dell’essere preparati” coltivata attraverso le tecniche di vita all’aria aperta, manualità, osservazione contribuiscono in maniera determinante a formare una sensibilità di base per l’intervento e per i ruoli scelti dall’A.S.C.I. nella protezione civile.
Terminata la riunione, noi “rovers” ci siamo recati nella piazza del nostro paese: MIGLIONICO.
La domenica mattina in piazza,come in tanti altri comuni del Sud, si parla e si discute in attesa degli avvenimenti calcistici che animeranno poi la serata tra i tifosi accaniti del Milan,dell’Inter, della Juventus e del Napoli,(attesissima la partita Varese –Milan per i primi posti in classifica).
Un gruppo di ragazzi parla dell’incontro Olimpia-Junior ( il derby paesano), davanti al negozio del barbiere “ Mimi’ U’fluav’t’ “
All’ora di pranzo la piazza si” svuota”.
Anche quella sera, come spesso succede passo a casa di don Mario per fargli un saluto, sono le ore 20,02 e il Tg 1 sta comunicando che alle ore 13,28 una scossa di terremoto del VI°-VII° della scala Mercalli è stata avvertita nella Sicilia centro occidentale, con repliche alle ore 14,15 e 16,48,il giornalista della Rai continua che per le popolazioni dei comuni interessati inizia una notte di paura e i danni ai centri abitati sono evidenti. Il freddo della sera invita la gente a rientrare nelle abitazioni. Qualcuno,fiutando il pericolo abbandona il paese e si rifugia con tutta la famiglia nella casa colonica in campagna. La notizia è motivo di meditazione e di preoccupazione pensando a quelle famiglie che saranno costrette a trascorrere la notte fuori dalle proprie abitazioni, con ansia e insicurezza legata a quella forza oscura inspiegabilmente violenta che si sprigiona dalle viscere della terra.
Torniamo a casa con questa angoscia.

15 GENNAIO 1968–LUNEDI

La mattina sulla corriera della SITA, mentre ci si reca a Matera sede dei nostri Istituti scolastici, si parla di questa tragedia commentando le repliche delle scosse di terremoto avvenute durante la notte:
Ore 02,33 VII°-VIII°Mercalli-La Paura.
“Ipocentro a cinquanta chilometri dalla verticale del Monte Bruca.
A Palermo,Trapani e negli altri centri della Sicilia centro Occidentale è il panico. La popolazione abbandona le case, cerca la salvezza per strada,affolla le piazze. Le aree all’aperto si gremiscono di persone che commentano il pericolo scampato. Ingorghi,traffico stradale da ore di punta e tamponamenti animano quella strana notte di gennaio.”
Ore 03,01-IX°Mercalli-Il terrore.
“A circa quaranta chilometri di profondità sotto la Valle del Belice si rimette in movimento una frattura assopita dalla notte dei tempi generando onde sismiche,stimate di magnitudo 6.0 e con effetti all’epicentro,del IX° Mercalli .Le luci si spengono,le linee telefoniche saltano sotto il fragore assordante del terremoto e delle abitazioni dei centri storici,che si sgretolano annientate in circa dodici secondi con forte movimento ondulatorio Est-Ovest. Poi il silenzio rotto dalle urla disperate di chi è sopravvissuto e brancola al buio tra la polvere soffocante alzatasi durante i crolli e il passo difficoltoso fra le macerie. Alle prime luci dell’alba la tragedia rivela la sua dimensione catastrofica.”

Il terremoto del Belice è l’argomento del giorno in tutte le scuole del Materano.

16 GENNAIO MARTEDI

17 GENNAIO MERCOLEDI

18 GENNAIO GIOVEDI

19 GENNAIO VENERDI

In questi giorni le notizie si susseguono: i soccorsi tardano ad arrivare, le notizie sono confuse, alcuni centri abitati sono isolati, difficilmente raggiungibili. Distrutti i paesi di Montevago, Gibellina e Salaparuta. Gravemente colpiti:Poggioreale, Salemi, Roccamena, Santa Ninfa, Santa Margherita Belice e Menfi. Soldati, carabinieri e vigili del fuoco scavano fra le macerie. Ponti crollati, linee ferroviarie e telefoniche interrotte, paesi isolati. Migliaia di persone senza casa. L’impressione di un aviatore:”Spettacolo da bomba atomica”.
Il presidente della Repubblica Giuseppe Saragat e il Ministro dell’Interno Paolo Emilio Taviani si recano in Sicilia. Il Presidente del Consiglio Aldo Moro è in continuo contatto con le autorità locali.
La sera in piazza a Miglionico si parla del terremoto del Belice.
Fra noi Scouts si sta palesando l’idea di formare un gruppo di volontari per prestare soccorso in Sicilia.


DOMENICA 21 GENNAIO

Il “FORD TRANSIT” di Mimì Labriola è già pronto davanti alla Chiesa Madre.
Le “vecchiette” si affrettano per la recita del Rosario.
I lampioni delle luci lentamente si stanno accendendo. La partenza è stata fissata per le ore 18,00.
Don Mario sta impartendo le ultime disposizioni a Dalessandro. La piazza “Chiesa Madre” è semideserta, ogni tanto si vedono persone che dal rione S.Angelo si recano in piazza del Popolo.
Alle 18,15 tutto il gruppo è pronto.
Commiato con Don Mario.Sistemiamo gli zaini e la tenda nel “pulmino”, Mimì Labriola spegne la sigaretta, saliamo e
subito accende il motore e partiamo per la stazione di Metaponto.
Il nostro autista parla poco ma è sempre sorridente, è il fratello di mia madre, un uomo alto con ottima statura fisica e con una folte chioma di capelli “cacio e pepe”.
Lasciate le ultime case del nostro borgo, zio Mimì accende la sigaretta e se la tiene stretta in bocca e ogni tanto
dopo averla aspirata profondamente butta giù dal suo finestrino,sempre aperto, la cenere.
Percorriamo la Basentana e già si vedono le luci degli stabilimenti industriali della “Val Basento”.
In lontananza si intravedono le luci delle case del comune di Bernalda, siamo quasi vicino alla nostra meta.
Arrivati alla stazione di Metaponto, Destefano di fretta cerca un bagno. Ci racconta di avere avuto difficoltà,perché
dimentica che sotto i pantaloni ha il pigiama senza fessura davanti. Risata generale.
Il treno proveniente da Taranto con destinazione Reggio Calabria viaggia con 15 minuti di ritardo. Ci salutiamo con zio Mimì. Siamo in viaggio. Fortunatamente occupiamo due scomparti, nel nostro ci sono due persone. Costeggiamo per un lungo tratto la florida piana metapontina ,la luna illumina il mare e il cielo è coperto da una miriade di stelle.
Metaponto fu una delle più antiche città della Magna Grecia, posta in una ridente, vasta e fertile pianura si rese famosa per il commercio di prodotti agricoli.
Nei vari scompartimenti c’è gente calabrese, riconoscibile dal proprio dialetto, che rientra nei propri paesi di origine.
Scambiamo,in piedi per il corridoio, parole con Militari della Marina Militare rientranti a casa per una breve licenza.
Poi ognuno di noi si appresta a raggiungere il suo posto,ci attende una dura giornata.
Nel nostro scompartimento,come ho accennato, ci sono anche un uomo e una donna presumibilmente marito e moglie. Sono pensosi, lui dovrebbe avere circa cinquanta anni, è basso con un naso aquilino che è da sostegno al suo occhiale e fra le mani agita un vecchio ombrello. Ad ogni fermata si sveglia e istintivamente guarda la moglie e poi riprende a dormire .La donna ha il capo coperto dal tradizionale “fazzolettone calabrese”, il suo volto è pieno di rughe,stanco. Ci lasciano a Sibari.
A Roccella Jonica ci svegliano dei pianti provenienti da un gruppo di persone, deduco per la partenza di
un loro familiare.


LUNEDI 22 GENNAIO

Alle 6,30 siamo a Reggio Calabria, alle 7,25 a Villa S.Giovanni, alle 8,30 arriviamo a Messina.
Chiediamo informazioni e ci apprestiamo a portare i nostri bagagli all’ottavo binario, dove c’i aspetta il treno per Palermo. Partiamo da Messina alle ore 9,00 e siamo a Palermo alle ore 13,00. Una “littorina” alle ore 14,10 ci condurrà a Trapani. Il treno è simile alle nostre ferrovie “Calabro-Lucane”.
Incontriamo sul treno un “terremotato”, originario di Santa Ninfa ancora sotto choc, che ritornava da Marsala ove aveva condotto i restanti suoi familiari.
Confortato dalla nostra presenza dopo un po’ ci racconta” ho perso tutto, casa, terreni e persino mia sorella non
mi resta che questo sudicio vestito che porto”
Alle ore 17,00 siamo a Trapani. Sembra una città quasi deserta, negozi chiusi , ci dicono che continua l’esodo
verso le campagne con ogni mezzo disponibile .L’erogazione dell’acqua è limitata. Il terremoto ha danneggiato
la condotta idrica .La città ha un aspetto cupo.
Immediatamente con Dalessandro e Marinaro ci affrettiamo ad andare in Prefettura.
Qui notiamo il caos , i pochi funzionari presenti ci evitano e notiamo che nessuno è in grado di dirci
che cosa fare o dove recarci.
Un tale, dopo aver girovagato per le numerose stanze della Prefettura, ci consiglia di rivolgerci al
Comando dei Vigili del Fuoco ma purtroppo non è in grado di indicarci la strada non essendo del luogo.
In questa confusione totale intervengono quattro signori, ognuno animatamente parlando in dialetto siciliano da indicazioni sul sito del Comando dei Vigili del Fuoco.
Decidiamo di andare in Questura. Qui gentilmente ci viene concessa una macchina , con un poliziotto alla guida, per recarci al Comando dei Vigili. Un ingegnere ci mette al corrente della situazione nelle zone terremotate.
Un pullman, proveniente dall’aeroporto,con dentro una ventina di scouts-girl genovesi ci condurrà nel territorio di Montevago.
Arriviamo alle ore 23 dopo un tragitto accidentato.
Montiamo la nostra tenda accanto alle altre su una vasto campo.
Nell’oscurità non si vede quasi nulla, solo le tende illuminate da una luce fioca.
Dalessandro in tenda legge il messaggio di Don Mario e dopo aver recitato una preghiera e letto un passo del Vangelo, da me incaricato della spiritualità del gruppo, ci addormentiamo.


MARTEDI 23 GENNAIO

Sveglia data da uno squillo di sirena.
Dalessandro si precipita all’ufficio postale mobile per inviare il seguente telegramma” Montevago 23 gennaio ore 8,30 . Tutto bene avvertite altre famiglie e don Mario .Pinuccio”
Operiamo nelle zone di Montevago e Santa Margherita Belice.
Montevago è stato il paese con il maggiore numero di vittime. Un paesino nell’estremo lembo della provincia di Agrigento di circa tremila abitanti. Il motivo di questi morti sembra dipende dal fatto che domenica 14,quando vi sono state le prime scosse lievi, l’allarme fu dato ad altri paesi e si ritenne che a Montevago non vi fosse pericolo perché l’epicentro del terremoto era altrove. La popolazione fu sorpresa nel sonno. Ottocento case distrutte ridotte a rovine .
A Santa Margherita Belice , l’80% delle abitazioni sono crollate e numerose le opere d’arte scomparse, le strade
sono intransitabili. Gli ottomila abitanti sono stati costretti ad allontanarsi. Una parte dei feriti è sta ricoverata nel locale ospedale che ha subito anch’esso delle lesioni.
Siamo sul luogo nove giorni dopo il disastro alle dirette dipendenze del Comando dei Vigili del Fuoco.
Finalmente non si registra nessuna scossa di terremoto .E’ ritornato il bel tempo.
Nella mattinata Marinaro e Destefano buttano la ghiaia nel terreno fangoso in tutto il campo delle tendopoli facendo dei piccoli passaggi pedonali.
Laforgia si reca a Menfi per la distribuzione dei viveri.
A Santa Margherita Belice: Canterino, Digregorio e Giannella scavano le fosse per le latrine e successivamente scaricano viveri,mentre Buzzella, Dalessandro, Rotondo e Sarli distribuiscono i viveri.
Nel pomeriggio Giannella, Destefano e Digregorio fanno i canaletti intorno alla tendopoli. Sempre a Santa Margherita Belice Buzzella, Canterino, Dalessandro, Marinaro, Rotondo e Sarli collaborano con i Carabinieri provenienti da Bari e Napoli e con quelli di Palermo, accorsi con il Colonnello Carlo Alberto Della Chiesa , ad avviare un operazione di censimento dei superstiti i cui risultati pur se approssimativi risulteranno preziosi in questo momento a causa della
distruzione dell’ anagrafe.
Dopo la cena rientriamo nella nostra tenda. Preghiamo.

Mercoledi 24 Gennaio

Sveglia data da uno squillo di sirena.
Nella mattinata Buzzella, Destefano e Marinaro caricano la ghiaia sui camion.
Canterino, Dalessandro, Digregorio, Laforgia, Giannella, Rotondo e Sarli aiutano i vigili del fuoco a montare
le tende.
Nel pomeriggio tutto il gruppo si reca a Montevago a cercare “la roba”.
Le strade del paese sono state sgomberate dalle macerie, mobilitati ottanta squadre dei vigili del fuoco con
sessanta automezzi. I vigili del fuoco impegnati a Montevago sono novecento.
I vigili continuano a abbattere i muri pericolanti, su una parete di una vecchia casa crollata è ancora appeso un ritratto. Accatastasi davanti alle case distrutte ci sono i divani, le poltrone del salotto e gli specchi ancora intatti.
Aiutiamo un signore a recuperare del grano e della biancheria. L’anziano disperatamente ripete “come
faccio a rifarmi una casa? Ho dei piccoli possedimenti di terreni, devo rimanere qui per continuare a lavorare.”
Notiamo che queste macerie stanno diventando vive per la presenza di questi scampati che ci implorano
di ricercare quello che è stato il sacrificio di una lunga vita lavorativa.
Il Vigile con la ruspa continua a scavare e con una pala meccanica scarica le macerie su un autocarro.
Al comparire di un manufatto, sentiamo voci che ci pregano di recuperare quel prodotto.
Siamo duecento giovani scouts che su indicazioni dei sinistrati recuperiamo oggetti preziosi, carte importanti,
indumenti. A titolo di cronaca con noi operano Maria Frida Moro, figlia del Presidente del Consiglio e Beppe Taviani, figlio del Ministro dell’Interno. Per fortuna è possibile recuperare molto ad eccezione dei mobili.
Accanto a noi c’ è un giovane carabiniere venuto in licenza straordinaria che sta aiutando i suoi genitori
a cercare “la roba”.Sentiamo in lontananza che alcuni vigili picconando lentamente hanno trovato altri morti.
Un ingegnere dei vigili ci informa che la situazione a Montevago è particolare,su tremila abitanti
la metà vivono e lavorano in Svizzera e nelle provincie della Lombardia. C’è una forte volontà fra i sinistrati di
riunirsi con i parenti che vivono nell’Italia Settentrionale e in Svizzera.
Si sta facendo buio, rientriamo.
Alle ore 20,00 è stata celebrata una S.Messa da Don Nunzio assistente centrale A.S.C.I.
Ceniamo. Ci addormentiamo dopo aver recitato una preghiera.


GIOVEDI 25 GENNAIO

Sveglia data da uno squillo di sirena.
Buzzella e Marinaro si recano a Santa Margherita Belice,noi altri siamo mobilitati per Montevago.
Ci portano in quella che sarebbe stata la piazza del paese di Montevago ove sono accatastate bare, camminiamo e notiamo che le macerie spazzate via dalle strade sono state scaricate nella villa comunale. Constatiamo che mezzi dei vigili del fuoco continuano a trasportare masserizie in case di parenti o amici dei sinistrati in varie località situate nel raggio di venti, trenta chilometri da Montevago.
Siamo investiti da una pioggia improvvisa e siamo costretti a salire su un camion dell’esercito.
Giannella apre per sbaglio il rubinetto di un disinfestatore che si trova sul camion e subito siamo assaliti dallo sgradevole spruzzo del disinfestante.
I vigili del fuoco ci dicono di recarci presso l’edificio scolastico del paese: necessita recuperare libri, registri e documentazione scolastica, qualche macchina da scrivere e tutto ciò che è possibile riutilizzare.
E’ un grosso stabile di due piani. Stiamo raccogliendo il necessario coadiuvati dal direttore didattico da circa un ora.
All’improvviso sentiamo un boato, scappiamo istintivamente tutti verso la finestra (eravamo al piano terra) e ci lanciamo senza sapere dove andare.
Sono le 10e 58: c’è stata una scossa di terremoto ed è durata una ventina di interminabili secondi. Gruppi di soldati
corrono all‘impazzata, stati di choc sono immensi, soldati piangono come bambini, la povere si alza lentamente,
mentre alcune case continuano a cadere. Ci precipitiamo verso l’automezzo militare, Destefano, Giannella, Laforgia, Rotondo e Sarli saliamo sul camion e immediatamente partiamo. Canterino, Dalessandro e Digregorio trovano posto su una 124 del direttore didattico.
Per le strade si sentono impartire ordini “ al centro della strada, sparite……correte verso la campagna “.
Macchine con sirene accese corrono verso l’ospedale da campo.
Due suore fermano il nostro camion e chiedono all’autista di potersi recare a Menfi.
Il direttore didattico dopo un breve tragitto è preso dal panico e lascia la propria macchina. Digregorio
e Canterino e Dalessandro, zoppicando, sono costretti a scendere dalla macchina e proseguire a piedi. Dalessandro si è fatto male ad una gamba durante il lancio dalla finestra. Vedendo i nostri amici, scendiamo dal camion e ci uniamo a loro per accompagnare Dalessandro all’ospedale militare da campo. Nell’attesa pensiamo a Marinaro e Buzzella recatosi a Santa Margherita Belice e siamo tutti preoccupati.
Nel frattempo giungono notizie ,tramite radio dei vigili del fuoco, di quarantadue vigili del fuoco e sedici reclute del C.A.R. di Palermo rimaste ferite durante la scossa.
La nostra tensione aumenta e si placa nel momento in cui tutti ci ritroviamo uniti nella nostra tenda.
Ci riferiscono che al momento della scossa si trovavano al centro del paese, e con tempestiva iniziativa
di Marinaro riescono a fuggire e raggiungere il campo della tendopoli.
Discutiamo di questa nostra giornata, informati anche delle altre notizie pervenute dal Comando dei vigili del fuoco.
Vi è stata una replica inaspettata del terremoto,VIII° della scala Mercalli. La nuova scossa ha interessato la medesima area della Valle del Belice terremotata il 14 e 15 gennaio. Quattro soccorritori sono morti per il crollo di un muro,tre persone morte per spavento, un centinaio di feriti. Strade interrotte, ponti case e chiese crollate. Dalle città di Catania e Palermo decine di migliaia di persone scappate. Regna il terrore! Ognuno di noi ha esternato immediatamente la sua sensazione a caldo di quella giornata e di ciò che ricordava, siamo tutti in uno stato confusionale,

Buzzella “ Ci stavamo recando verso la seconda tendopoli di Santa Margherita Belice. Dopo aver cercato di aiutare un camion che non riusciva a salire, ad un tratto abbiamo sentito una tremenda scossa,tutto intorno ha cominciato a tremare, tende, pareti ed alberi,io non capivo niente e con l’aiuto di Marinaro siamo riusciti ad entrare nel campo della tendopoli.
Il mio primo pensiero è stato ai miei amici che sapevo fra le macerie infatti al passaggio della prima autoambulanza ho chiesto notizie “

Canterino “Stavamo recuperando la scrivania, quando ad un tratto ho sentito un forte boato. In quell’ istante ho creduto che fosse un rumore di una pala meccanica poi vedendo l’edificio scolastico che ballava ho subito pensato:è
il terremoto. Dopo quel momento non ho più pensato a niente ma arrivato alla porta dell’aula ho avuto un po’ di lucidità e ho fermato i miei amici, ho guardato il tetto. Poi assicuratomi che il tetto fosse stabile con due o tre salti
sono fuggito via. Ho solo pensato a salvarmi.”

Dalessandro “stavamo recuperando libri scolastici e registri di classe. Eravamo tutti dentro l’edificio scolastico, con
libri da caricare sulle campagnole, quando sento un fortissimo boato, sembrava si avvicinasse una cascata, poi l’edificio comincia ad ondeggiare i muri si aprono .Capisco che era il terremoto! In preda a una tremenda paura mi butto dalla finestra procurandomi una leggera ferita alla gamba e raggiungo il centro della strada “

Destefano”nel momento in cui stavo recuperando materiale di cancelleria,ad un tratto una scossa tremenda ha fatto
di me un intontito. Non sapevo cosa fare. Sono scappato via e dietro di me crollava la rampa. In quel fini mondo,
ho fatto una solo raccomandazione ed ho chiesto perdono a Dio ed ho avuto più fede in Lui.”

Digregorio “stavo terminando l’ultimo compito affidatomi cioè di avvolgere le carte geografiche, le avevo posate sul
davanzale della finestra. Poi mi sono diretto verso la libreria per raccogliere altri libri ma ad un tratto un forte
movimento tellurico ha mosso le pareti dell’edificio scolastico, i banchi e le sedie incominciavano a muoversi ed io con loro!In quel momento non riuscivo a capire più nulla e pensavo di raggiungere il davanzale della finestra per buttarmi
giù. Mi sono buttato giù sbattendo le ginocchia a terra riportando una leggera ferita. Alzandomi da terra mi sono diretto verso il cancello. Una forte paura mi ha fatto quasi perdere il respiro. Ho fatto il segno della croce ed ho esclamato: Dio aiutami ! Sono riuscito ad uscire fuori il cancello con le gambe tremanti.”


Giannella “ mi sono visto a un passo dalla morte e ho provato cosa vuol dire avere paura. Una paura calda insieme ad
un sangue freddo,ciò che mi ha permesso di pormi in salvo. Istintivamente appena fuori, ho pensato a Dio e ai miei cari e una lacrima amara mi è scesa sulle gote.”

Laforgia ”stavo spingendo la scrivania verso la porta che dava sul cortile. Quando ho visto tremare le pareti. Mi sono buttato a tutto gas verso la finestra tuffandomi e facendo una capriola. Alzandomi da terra mi sono diretto verso
il cancello e fermandomi al centro della strada ho visto da lontano un gran polverone. Subito dopo ho fatto il segno
della croce e ho pregato Dio di aiutarci.”

Marinaro “ a piedi mi stavo recando con Buzzella verso la seconda tendopoli di Santa Maria Belice. Ad un certo punto
ci siamo fermati ad osservare un camion che non riusciva a salire a causa del terreno fangoso. Ci siamo avvicinati per
mettere qualcosa sotto le ruote,quando abbiamo sentito il terreno venirci meno sotto i piedi. Alzati gli occhi abbiamo
notato che tutto ciò che ci circondava si è messo a tremare ci siamo allontanati immediatamente dal camion, in quanto c’era il pericolo che ci venisse addosso. Correndo abbiamo guardato il centro della strada,
mentre muri e case ci crollavano ai lati e davanti sbarrandoci la strada .Dopo circa due secondi, quando non si è più
avvertita la scossa, il nostro pensiero è corso ai nostri amici che operavano fra le macerie augurandoci e pregando Iddio, affinché anch’essi fossero usciti da questa paurosa e mostruosa scossa tellurica incolumi come noi :”


Rotondo “mi trovavo vicino la porta che dava nel cortile, cercando di aprirla, per fa passare più facilmente una scrivania, quando improvvisamente tutto è cominciato a tremare, le pareti venivano giù come fossero di cartone. La rampa delle scale che si trovava dietro le mie spalle e venuta giù. Dopo quel momento il mio cervello ha smesso di pensare, come un automa ho raggiunto la finestra. E mi sono lasciato cadere giù: ero salvo! Istintivamente ho pensato a Dio, e ho fatto il segno della croce.”

Sarli “avevo finito di recuperare i libri e stavo guardando Rotondo, che con un ferro cercava di aprire la porta per poter così più facilmente portare fuori la scrivania, ad un tratto sento un forte boato, penso fra me: qualcuno avrà fatto cadere la scrivania e non mi muovo.
Vedendo che tutti fuggivano mi appresto a scappare ma resto impigliato, con la giacca a vento, alla maniglia della porta e dopo essermi liberato mi lancio dalla finestra. Istintivamente ho fatto il segno della croce. Non sapevo cosa
fosse successo, mi dicono ci è stato il terremoto. Il pensiero è corso a Dio.”

Questa notte è stato difficile prender sonno: abbiamo pregato.

Venerdì 26 GENNAIO

Sveglia data da uno squillo di sirena.
Questa mattina appena svegli in coro abbiamo esclamato “ma siamo ancora vivi!”.Durante la notte scosse lievi ci hanno accompagnato!
Dalessandro e Digregorio preferiscono rimanere al campo.
Ci rechiamo a Santa Maria Belice: Buzzella, Destefano, Giannella e Marinaro scavano buche per i rifiuti nella prima tendopoli, Canterino, Laforgia, Rotondo e Sarli con altri scouts e scolte provvediamo alla distribuzioni di indumenti presso la tendopoli ubicata vicino a quello che rimaneva del paese.
Notiamo che quando si verificano queste calamità ,la popolazione invia indumenti per vestirsi ma scarseggiano
biancheria intima sia per uomo che per donna. Per il pranzo non torniamo al nostro campo,una famiglia siciliana
collabora con i vigili a cucinare. E’ stato un convivio molto bello, notiamo l’ apertura di questa gente che
pur essendo stata colpita da questa tremenda tragedia non dimentica l’antico dono della disponibilità e cerca di
sdebitarsi per l’aiuto ricevuto.
Alle 17 tutti torniamo al nostro campo.
In serata viene celebrata una S.Messa da due assistenti milanesi.
Alle ore 22 Dalessandro invia un telegramma “Nessuna preoccupazione noi stiamo bene” .Pinuccio
Preghiera.
Ci addormentiamo pensando “ domani torneremo a casa”.


Sabato 27 GENNAIO
Sveglia data da uno squillo di sirena.
Partenza.
L’autobus dei vigili è pronto. Una parte di nostri amici” scouts” è diretta per l’aeroporto , noi dobbiamo raggiungere la stazione ferroviaria di Trapani. Breve commiato con chi parte e con chi resta ancora a dare il suo aiuto alle popolazioni terremotate.
Siamo ancora in uno stato confusionale, alla stazione di Trapani i treni sono presi d’assalto da gente con destinazione
Nord dell’Italia, alla ricerca di un luogo dove dimenticare e sopravvivere. E’ un esodo forzato e disperato.
L’esodo interessa coloro che hanno parenti già sistemati altrove. Scarso coinvolgimento a muoversi hanno invece i contadini, gli agricoltori, i professionisti. Il perché è chiaro: i loro cespiti di vita sono qui, pertanto rimangono qui.
Nel nostro viaggio di ritorno parliamo poco preferiamo rimanere nei ricordi personali e in ognuno di noi si manifesta
l’ansia di raggiungere al più presto i propri cari per abbracciarsi e farsi coccolare.
E’ stata una grande esperienza di vita!
Abbiamo vissuto un grande momento di fratellanza in questo dramma nazionale. Coinvolti da un comune destino che ci lega, sud e nord.
Lasciamo polemiche sterili, rammentiamo che siamo un paese esposto a questi drammi.
In questi momenti non occorre piangere e disperarsi, ma necessita rimboccarsi le maniche come nel
nostro piccolo abbiamo cercato di fare noi!

IL 14 gennaio 1968 un forte terremoto ha sconvolto il Belice.

PRESENTI:

Antonio, Bruno, Donato, Mimì, Mimmo, Michelino, Ninuccio, Pinuccio,Peppinuccio e Tonino.

Miglionico ,29 GENNAIO 1968

MIMMO SARLI
 

Created by Antonio Labriola - 10 Luglio 1999 - Via Francesco Conte, 9  -  75100 Matera - Tel. 0835 310375