MIGLIONICO
Anno nuovo, almanacchi vecchi

MIGLIONICO. Dopo un lungo periodo di silenzio, non posso deludere gli amici che da più parti – soprattutto da fuori Miglionico – mi chiedono di commentare gli avvenimenti di queste ultime settimane. Sono piuttosto numerosi e non posso che fare una panoramica, sia pure incompleta, dei più importanti.

        Prima però mi permetto, modestamente, di rivolgere al Premier Gentiloni un pensiero di compiacimento per aver lasciato, proprio in queste ore, perfettamente ristabilito, il policlinico Gemelli di Roma e aver ripreso la normale attività di Capo del Governo. Forza Presidente!

        Segnalo alcuni degli eventi, a cominciare dai più recenti: la sentenza della Consulta che ha bocciato il quesito referendario sull’abolizione dell’art. 18, promovendo solo quelli sui voucher e sugli appalti; l’inversione ad U del M5S sulle alleanze in seno al Parlamento europeo; l’accordo sottoscritto dal ministro Marco Minniti col governo libico, finalizzato ad arginare l’afflusso dei migranti dai paesi Nord-africani verso l’Italia e il resto d’Europa; ultimo, non per importanza, la notizia, poco ripresa dalla stampa internazionale, sulla dichiarata disponibilità del Capo di Stato siriano, Assad, a rivedere il suo ruolo nell’area Mediorientale.

        1° argomento. La sentenza della Consulta ha letteralmente spiazzato la CGIL  e il suo segretario,   Susanna Camusso. Il referendum sull’abolizione dell’art. 18 avrebbe consentito al sindacato in questione – soprattutto alla minoranza Dem. – di infliggere al “nemico” Renzi un’altra sonora sconfitta; far riprendere vigore a un sindacato in profonda crisi e alle sinistre di sperare in un ribaltamento di posizioni. Così non è stato.

        Renzi si è salvato in “calcio d’angolo”, nonostante alcuni errori d’impostazione originari. Restano i quesiti sui voucher e sugli appalti. Il primo non rappresenta più un ostacolo per il Governo: il ministro Poletti ha già pronto un piano per correggere le parti più controverse per evitare il referendum; il secondo, pur essendo di non minore importanza, è poco conosciuto e rischia un insuccesso  clamoroso in caso di rimando alle urne.

        2° argomento. Il fatto che ha suscitato enorme scalpore sia in Italia, sia in tutta Europa, è stato il tentativo del M5S di svincolarsi dall’abbraccio con il “populista” di destra britannico, Nigel Farage, e di approdare in lidi più sicuri tra i Liberali Democratici europei, allo scopo di assicurarsi una sponda protetta in seno al parlamento di Bruxelles. Si è subito gridato allo scandalo perché l’operazione comportava un trasferimento di carattere  ideologico da un associato di Destra verso il suo opposto liberale.

        Grillo è stato tacciato come un “traditore voltagabbana”. In realtà si trattava di una strategia di natura tecnica e non squisitamente politica, finalizzata a tenersi i finanziamenti europei e a far valere in qualche modo i voti dei 5S nel parlamento. L’operazione però è stata condotta in modo approssimativo e piuttosto plateale. Tanto rumore per nulla? Nient’affatto. Il vero dato, politicamente negativo, non è stato quello descritto, ma il modo abnorme con cui l’operazione è stata condotta.

        Sono state coinvolte migliaia d’iscritti per esprimere un parere, che voleva essere preventivo, su un accordo sottoscritto in precedenza con alcuni dirigenti liberali e,  per giunta, all’insaputa degli stessi rappresentanti pentastellati a Bruxelles. Sembra inoltre che gli stessi Liberali Democratici non erano tutti consapevoli dell’accordo, se uno dei loro maggiorenti l’ha smentito precipitosamente. Grillo ha incassato l’affronto, ma rimane il significato politico dell’accaduto: il movimento è ostaggio di pochi veri “manovratori, a cominciare dallo stesso Grillo e dalla “Casaleggio Associati”.

        Alcuni degli eurodeputati 5S, presa coscienza del tranello, si sono dissociati dalla “casa madre” e hanno  cercato rifugio presso altre aree politiche. Morale della favola. E’ piuttosto evidente che un tale movimento è da considerarsi di pura rappresentanza di gruppi molto eterogenei, tendente a non curarsi del dovere di costituirsi come forza di governo, ma interessata a conseguire la sola vittoria elettorale con esiti certamente  pericolosi per la stabilità del sistema democratico. Pur annoverando al suo interno personalità capaci e oneste, ha necessità di darsi una struttura autenticamente democratica e sottoporre agli elettori un progetto condiviso e realistico del futuro economico e sociale del Paese. Le altre forze politiche sono in grado di fare altrettanto?

        3° argomento. L’accordo di Minniti col governo libico. A nessuno è sfuggito il nuovo corso che il neo ministro dell’Interno ha intrapreso in tema di gestione del problema immigrazione. Ha da subito annunciato di voler ripristinare e potenziare i C.I.E (centri di identificazione ed espulsione),  allo scopo di identificare gli aventi diritto di asilo e chi invece cerca solo di migliorare la propria posizione di lavoro; individuare, inoltre, e respingere possibili radicalizzati jihadisti intenzionati a commettere atti terroristici. In sostanza l’obiettivo del Governo è  cercare di limitare l’afflusso irregolare di immigrati e facilitare le procedure d’integrazione di chi ne avesse diritto.

        In definitiva il Ministro, pur essendo stato da più parti criticato, ha dimostrato di possedere grandi capacità di operare e di valutare la reale portata del fenomeno, senza motivazioni ideologiche, ma con spirito pragmatico e utile alla soluzione dei problemi. Sul versante diplomatico si è posto in continuità con la politica conciliante di Berlusconi e del suo predecessore agli Interni. Infatti, ha sottoscritto un primo accordo  con Fayez Serraj, Capo del Governo di Tripoli, allo scopo di monitorare e scoraggiare le partenze in massa dai paesi confinanti con la Libia.

        Ahimè! Il caos politico e militare imperante in Libia  non permette di fare previsioni ottimistiche. Il recente tentativo di colpo di stato da parte di forze avverse all’instabile governo Serraj, ne è il sintomo più clamoroso. Né va sottostimato l’atteggiamento equivoco assunto dal Generale Haftar che ha tenuto le sue milizie lontane dalla città di Sirte , mentre le truppe fedeli al governo di Tripoli l’hanno liberata dai pericolosi jihadisti. A tale riguardo va riconosciuto a Serraj il merito di aver conseguito una prima vittoria contro l’Isis, al prezzo di aver sacrificato la vita di migliaia di giovani combattenti.

        Va comunque riconosciuto a Minniti il coraggio di mettere in campo, con realismo e alto senso di responsabilità, politiche di collaborazione con i paesi di provenienza delle masse migratorie. Non a caso ha riaperto l’ambasciata italiana in Libia, nonostante il silenzio e l’atteggiamento equivoco del resto d’Europa, restio a riconoscere la liceità politica e giuridica del governo libico. Tale politica darà certamente i suoi frutti nel breve e lungo periodo. Solo a queste condizioni sarà possibile arginare l’ondata migratoria dall’Africa Settentrionale e dalla fascia Sud Sahariana.

        Altro discorso è da farsi riguardo alla crisi siriana che ha causato l’esodo di milioni di cittadini in Libano, Turchia e Marocco, da cui sono pervenute diverse migliaia di richiedenti asilo sia in Italia, sia in tutta Europa. La causa di un tale sconvolgimento è da attribuire non certo alle condizioni economiche non proprio ottimali di quel paese, ma alla politica di oppressione del dittatore Bashar Assad, che si è visto minacciato il potere dall’avvento delle “primavere arabe”.

        Tale sommovimento ha svegliato le coscienze dell’orgoglioso popolo siriano e ha dato il via al tentativo di una “pacifica” rivoluzione popolare con l’obiettivo di instaurare un legittimo governo democratico, da decenni detenuto dalla dinastia degli Assad. La reazione del giovane Bashar è stata immediata: fermare senza esitazione tale tentativo e costringere i più motivati a prendere la via dell’esilio. Nel frattempo, però, l’incipiente rivoluzione ha assunto un carattere del tutto imprevisto ed estremamente ingovernabile.

        Agli insorti si sono affiancate forze radicalizzate islamiche provenienti sia dal Nord iracheno, sia dal Sud dello Yemen, con lo scopo di approfittare dell’instabilità siriana e diffondere il verbo del nascente Califfato. Lo stesso Occidente, con in testa gli Usa, ha incautamente favorito tali infiltrati per tentare di spodestare Assad. Contemporaneamente si è formato un piccolo esercito per contrastare le forze fedeli alla dittatura. Come se non bastasse, la Turchia da una parte e l’Iran dall’altra intervengono nel conflitto per difendere interessi ideologici e settari.

        Insomma nel martoriato territorio siriano si sono concentrate almeno quattro fazioni in guerra tra loro. Assad, approfittando da par suo del caos generatosi, si è dato da fare per dividere il popolo in due gruppi separati: quello di religione Alawita, a lui fedele, tutti gli altri, contro. La scellerata strategia era finalizzata a fare il vuoto intorno a un ristretto territorio della capitale Damasco per conservarsi un minimo di potere personale, anche a costo di creare il deserto nel resto del paese.

        Un disegno aberrante sostenuto dal “generoso” Putin, interessato a proteggere le basi navali russe nei porti siriani. A fare le spese di una simile politica sono stati gli oltre cinquecentomila siriani, tra cui migliaia di bambini innocenti, caduti sotto le bombe dell’aviazione governativa e di quella dell’amico russo. Tra parentesi, un piccolo “contributo” l’ha dato anche l’aviazione d’Israele che, sorvolando per caso il territorio siriano, ha sterminato un bel po’ di cittadini inermi. Altro deleterio effetto è stata l’emorragia di diversi milioni di persone innocenti che hanno preso la via della diaspora.

        Questo è lo stato di fatto nel momento in cui è apparsa la notizia della disponibilità di Assad a mettere in discussione il suo ruolo nell’area mediorientale. Sarà la volta buona? Intanto la notizia sembra essere sparita dai circuiti internazionali. Non v’è forse lo zampino dell’amico Putin? Quale potrà essere il ruolo del mondo occidentale, nel caso sia convalidata la presunta disponibilità di Assad di farsi da parte? Intanto l’Occidente ha da farsi perdonare il suo approccio sparso e inconcludente alla stessa guerra civile siriana.

        Dovrà inoltre rivedere il trattamento riservato ai milioni di rifugiati siriani trattati come soggetti bisognosi di soli aiuti materiali e di pietas umana, e non come entità politiche, detentori di diritti civili, di un popolo orgoglioso della sua unità e identità culturale, linguistica, religiosa, storica e politica. Data dunque la situazione in cui si trova oggi quell’infelice paese, è lecitamente auspicabile che le forze internazionali dell’Onu, mai come in questo caso, dispieghino i loro Caschi Blu a difesa di quel che resta di quel popolo martoriato e facilitino il rientro dei fuorusciti; allo scopo di consentire l’unificazione di un paese ingiustamente smembrato.

        Ne trarrebbero un reale vantaggio non solo i cittadini in questione, ma l’Occidente intero, compresi i paesi ospitanti, tra cui l’Italia. Termino con il solito slogan: chiedo scusa se mi sono dilungato molto, ma non ho avuto il tempo di essere più breve.

        Miglionico 14.01.2017                         

                                               Domenico Lascaro (d.lascaro@libero.it)                                           

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