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DOMENICO LASCARO
8 Marzo 2015

Venti di guerra nel Pd
di Domenico Lascaro

MIGLIONICO. E’ il quesito che mi ha rivolto il prof. Amati su questo stesso sito. Rispondo volentieri, anche se ho poco tempo da dedicargli,  a causa di improrogabili impegni di famiglia. Per buona parte ho già risposto nei precedenti interventi che lui stesso mi ha sollecitato. Purtroppo è vero, nel PD stanno succedendo cose molto strane e, per parte mia, molto preoccupanti. L’ormai conclamata “minoranza dem” sta assumendo atteggiamenti da autentica opposizione al suo stesso segretario e al governo da lui presieduto.

         Le ragioni sono spesso pretestuose, anche se, come ho già avuto modo di affermare, talvolta si basano su critiche condivisibili. E’ evidente che i veri motivi vanno ricercati oltre la facciata,  che si vuol far credere, politica; ciò che spesso viene contestato è l’approvazione del fatidico Jobs act. Secondo il giudizio pessimistico della CGIL e della minoranza PD, sarà causa di licenziamenti in massa. L’altro elemento di forte contestazione è il disegno di legge riguardante la riforma del Senato.

         Sicuramente un ruolo determinante gioca l’atteggiamento “prepotente” di Renzi che vuole, senza più rinvii,  “cambiare verso” all’Italia e approvare le riforme, sempre promesse e mai realizzate da trent’anni ad oggi. Elementi di carattere personale e di perdita di potere hanno un peso preponderante in tutta la faccenda. Sono d’accordo con il prof. Amati:  molti non accettano, effettivamente,  la sua leadership, proprio ora che Renzi comincia a guadagnare consensi dall’area moderata – esponenti di primo piano di Scelta Civica hanno aderito al PD. “Altro che Brunetta”, afferma Amati, i “sorci verdi” glieli faranno vedere i suoi stessi compagni; ogni giorno gli danno del “filo spinato” da torcere. In effetti, da Bersani a Fassina, da Cuperlo a Corradino Mineo, l’acredine si può “tagliare col coltello”.

         La cosa strana, dicevo, è che proprio ora che appare uno spiraglio di luce sul piano economico e occupazionale, la contestazione aumenta. Minacciano di non votare, martedì prossimo, quegli stessi provvedimenti che, sia pure obtorto collo, hanno votato in passato. La minaccia si carica ancor più di irresponsabilità, se si considera che il governo è tenuto a fronteggiare il  pericolo di attentati da parte dei jiadisti islamici e il continuo riversarsi sulle nostre coste di migliaia di immigrati.

         Bersani ripete ancora di voler “smacchiare il giaguaro”. Perché non l’ha fatto prima? Dov’era lui e  tutto il suo seguito di contestatori, quando Grillo gli ha sottratto gran parte del suo elettorato, diventando il primo partito in Italia? Almeno l’avesse davvero smacchiato il giaguaro! In un modestissimo intervento di alcuni anni fa avevo scritto: se il Pd non si decide a darsi regole democratiche interne e non redige un progetto di cambiamento  sostenibile per il futuro del Paese, rischia di essere travolto dalla corrente impetuosa della contestazione. Il monito era valido allora, resta validissimo oggi. Ora che  l’Italia sembra poter uscire dal “pantano”,  i “gufi” si sono risvegliati. E’ tornato Gotor. E’ rinato Civati.”Ma mi facciano il piacere”! Questi nostri compagni fanno finta che al governo ci sia solo Renzi, e non anche la spina nel fianco di Alfano e amici.

         Sono pronti per la scissione? Mi chiede Amati. Non credo che siano tanto ingenui e irresponsabili fino al punto di volerlo fare. Però le continue minacce, la folle  determinazione di non votare le riforme già avviate rischiano di mettere in crisi la tenuta del governo. Che fine farebbe la riforma della scuola, tanto solennemente annunciata? E quella della giustizia, della RAI e del fisco? Certamente, lo ripeto ancora, Renzi poteva dare di più, ma trattarlo come un avversario, è il colmo. Non so se la sinistra-sinistra riuscirà a trovare un leader – Landini? Cofferati? – Quello che gli manca di sicuro è  un progetto condiviso  e credibile di cambiamento  del Paese.Domenico Lascaro (d.lascaro@libero.it)

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