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MIGLIONICO.
Sarà vero? Voglio servirmi, questa volta, di
un verso di una bellissima poesia del
Leopardi per commentare, con più serenità e
col solito humor, l’approvazione in Senato
dei 41 emendamenti del Governo sulla legge
istituzionale della seconda camera
repubblicana. Se mi rimarrà un po’ di
spazio, accennerò a un altro problema che mi
sembra di grande attualità: si tratta della
prerogativa dei parlamentari di esprimere il
proprio voto “senza vincoli di mandato”.
Avevo terminato il mio ultimo “editoriale” -
un omaggio a Mimmo Sarli che, bontà sua, ha
voluto definirmi “editorialista “ - con
l’augurio che la notte del
“rodeo-parlamentare” avrebbe portato
consiglio. Ma così non è stato. Tutta
l’opposizione, dai grillini ai leghisti, dai
forzisti ai “selisti”, con qualche scheggia
impazzita dei ribelli del Pd, è uscita
dall’aula. La manovra è stata approvata da
308 deputati, uno in più del numero legale.
I giudizi dei politologi – quelli veri – su
un tale provvedimento sono alquanto
difformi, soprattutto di quelli più
interessati. C’è chi paventa il rischio di
un’involuzione autoritaria; chi invece è più
che soddisfatto perché, finalmente , è stato
fattoun passo decisivo verso una legge che
si attendeva da oltre un ventennio.
Berlusconi, dopo averla sostenuta per tutto
un anno in quel del Nazareno, effettua una
virata a “361°” e, per bocca dell’ineffabile
“sora” Brunetta, promette di far vedere
“topi colorati”, per dirla in termini
civili.
Entriamo, però, nel merito della questione.
Molti dei critici, o non hanno per niente
letto il testo in discussione o, come
grillini e forzisti, cercano pretesti per
accoppare il Governo. Io stesso sono stato
alquanto critico, ma alla luce degli ultimi
emendamenti governativi, il giudizio si è
fatto meno tranchant. Non entro nei
particolari, ma allo stato dei fatti sono
stati introdotti tali e tanti accorgimenti
da servire come contrappesi al paventato
strapotere dell’esecutivo.
Restano immutate le prerogative del Senato
delle autonomie; finisce il bicameralismo
perfetto e si mette fine alla “navetta “ tra
le due camere; abolito il Cnel e quasi
azzerate le Province; introdotto il
referendum propositivo e una via
preferenziale per i disegni di legge del
governo, senza limitare l’autonomia del
parlamento. Un’altra importante modifica
prevede che le leggi elettorali saranno
preventivamente sottoposte al giudizio di
costituzionalità della Consulta. La deriva
autoritaria, pretestuosamente temuta dalle
opposizioni, è pertanto ridimensionata.
Renzi stesso, comprensibilmente soddisfatto
del risultato ottenuto, ha finalmente
assunto un atteggiamento più moderato e
promette maggiore ascolto nei confronti di
tutti. Ritornerà davvero il sereno? Me lo
auguro, perché la situazione internazionale
si sta facendo ogni giorno più pericolosa.
Gli attentati di Copenaghen, l’esplosiva
situazione in Libia, sulla quale mi riservo
di tornare a breve, la traballante tregua in
Ucraina, sono la spia di un futuro incerto e
gravido di eventi funesti.
Per chiudere questo primo argomento, mi
permetto di dare un piccolo “consiglio” al
Presidente Renzi: date queste premesse,
perché non apportare un’ultima correzione al
processo di riforma in atto, e renderlo
accettabile a tutte le forze in campo?
Perché non consentire che il Senato sia
eletto direttamente dal popolo, col solo
sistema proporzionale? Sarebbe la cosa più
saggia da fare, allo scopo di fugare ogni
dubbio di incostituzionalità e di rendere le
Istituzioni autenticamente democratiche.
Pensaci Giac…volevo dire Renzino.
Solo un cenno al secondo problema che ho
promesso di trattare. Riguarda l’annosa
questione, sollevata dal M5S, se agli eletti
in Parlamento vada riconosciuta la libertà
assoluta di voto. Il dettato costituzionale
è molto chiaro al riguardo: “ ogni membro
del Parlamento rappresenta la nazione senza
vincolo di mandato”. Ma la Lega e il
Movimento di Grillo chiedono di abolirlo e
sancire che ogni parlamentare voti secondo
le direttive del partito; in caso di
dissenso, dovrebbe dimettersi da
parlamentare.
La questione, come si vede, è alquanto
delicata. Nonostante la mia ignoranza in
materia, azzardo una mia opinione. E’ vero
che la Costituzione nel merito è tassativa;
io penso però che voglia riferirsi
principalmente agli eletti designati, sì dai
partiti, ma scelti nella cosiddetta “società
civile”, cioè personalità libere da
qualsiasi credo politico. In questo sono in
netto dissenso con Eugenio Scalfari, il
quale sostiene l’assoluta libertà di ogni
parlamentare di dissentire dalle direttive
del proprio partito.
Io sarei del parere che, qualsiasi esponente
di partito, compresi gli eletti, che ne
condivide regole e valori, abbia il dovere
di attenersi scrupolosamente alle decisioni
della maggioranza. Ma ad una sola
condizione: che i regolamenti interni a
ciascun partito siano disciplinati per
legge, a garanzia della libertà di pensiero
di ciascuno e del primato della democrazia
in tutti gli aspetti della vita sociale.
Potrò anche sbagliarmi, ma la discussione
sia aperta. Domenico Lascaro
(
d.lascaro@libero.it
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Antonio
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