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MIGLIONICO.
Avevo iniziato a scrivere questo intervento
con l’intento di commentare le vicende
politiche italiane col solito spirito
canzonatorio, ma le ultime vicende
parlamentari mi spingono a usare toni più
seri e risentiti. Ciò che sta succedendo in
queste ore lasciano allibiti e sconcertati
come non è mai accaduto nella storia
dell’Italia repubblicana.
Il Parlamento si è trasformato in una
bettola degna dei più scalmanati avventori.
Tutti contro tutti. Opposizioni contro le
forze di governo; minoranze di partito
contro le rispettive maggioranze. E’ un caos
indescrivibile. La stanchezza e
l’eccitazione notturna sfociano
nell’oltraggio e nelle aggressioni
personali. E’ uno spettacolo indecoroso e
indegno di una nazione civile. Solo a
guardarlo suscita una tale indignazione da
far ribollire in sangue nelle vene.
Chiedo scusa al lettore per questo mio sfogo
personale, ma non vedo altro modo per
esprimere tutta la mia disapprovazione per
quello che sta succedendo. Qual è dunque la
materia del contendere che provoca un tale
indecente bagordo? Sembrerebbero esserci in
palio la vita e la sopravvivenza dell’intera
nazione. Si tratta di molto meno. Sono in
gioco solo interessi di parte e ripicche
personali. Il pretesto sono le contestate
riforme istituzionali e il metodo di
condurle in porto.
Il vero obiettivo, però, è di far cadere il
governo, prima che la riforma elettorale
estrometti dal parlamento piccoli o grandi
partiti i quali, con tale provvedimento, ne
resterebbero fuori. Forza Italia che,
finora, ha condiviso e votato quasi tutti i
provvedimenti in discussione, compie un
clamoroso dietro front e minaccia sfracelli
se il governo non blocca le riforme già
quasi del tutto approvate.
Brunetta, quasi a sollevarsi un po’ più in
alto, si erge a paladino della democrazia e
invoca l’intervento di Mattarella che non ha
contribuito ad eleggere. Fitto, cui sono
stati dati i 15 giorni di preavviso dal
“cavalier servante”, non sa più cosa fare:
restare alle dipendenze di Berlusconi o
emigrare chissà dove. I 5S, i maggiori
facinorosi della bagarre, hanno deciso di
“salire sull’Aventino” e sperare nella
caduta dell’esecutivo. Anch’essi sono presi
dalla sindrome dei sondaggi calanti.
La Lega non vede l’ora di trascinare il
paese al voto e, oserei dire, si unisce ai
vecchi compagni di “merenda”. Il gruppo di
SEL, capitanato da quel parolaio vanitoso di
Vendola, non vede l’ora di salire sul colle
aventiniano per dimostrare tutta la sua
inconsistenza e la sua colpevole
irresponsabilità. Come si può notare, è in
atto il tentativo di rovesciare forzatamente
il governo e tentare la via delle elezioni
anticipate, per cercare di salvare poltrone
e posizioni di potere. Non importa se si
correrà il rischio di portare il paese allo
sfascio e alle soglie di un regresso
autoritario.
E del PD, cosa dire? Già in altre occasioni
ho espresso non pochi dubbi sulla
prospettata riforma del Senato; dell’Italicum
ho condiviso la necessità di approvarlo così
come è stato licenziato dal Senato; ma, date
le circostanze e l’urgenza di completarle,
prima di rendere nulli il tempo e il
sacrificio che hanno comportato, occorre non
piegarsi ai ricatti e andare avanti senza
esitazioni.
Chi si si opporrà dovrà prendersi la
responsabilità davanti al popolo italiano.
Che dire, inoltre, dell’atteggiamento di
alcuni ”ribelli” della minoranza del PD?
Fassina e Civati hanno minacciato di unirsi
all’armata aventiniana. Si vede che i
compari vendoliani gli sono più simpatici.
Ebbene, se tale strappo sarà portato alle
estreme conseguenze, non resta che
l’espulsione immediata dal partito, secondo
le modalità indicate da Papa Francesco in
una recente intervista televisiva. Chiudo
questo mio polemico intervento alle ore
19,00 del 13.febbraio, sperando che la notte
riporti tutti alla ragione. Domenico
Lascaro (d.lascaro@libero.it) |
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Antonio
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