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MATERA. La compagnia dei
lettori, si unisce al dolore della famiglia
Ambrosecchia, e di tutti quelli che l'han
conosciuto, per la scomparsa del suo, e del
nostro, unico, profondo, immenso ed
inestimabile, maestro di vita e di versi,
Giuseppe. Sarà arduo colmare il vuoto che la
sua perdita ha lasciato in noi, ma
desideriamo ricordalo così, con un Osanna
alle sue delicate parole ed ai suoi
inebrianti versi, come lui stesso avrebbe
voluto.
"In una realtà, convulsa e frenetica, dove
ci manca spesso il tempo per contemplare,
dialogare, incontrarci ed anche riuscire a
"perdere tanto tempo" in attività di pura
ricreazione, disinteressata amicizia, intimo
piacere personale. In una realtà, dove vige
la perdita di precisi riferimenti valoriali,
dove si assiste all'affievolirsi di
rassicuranti comunità d'appartenenza, dove
condividere situazioni e trovare attendibili
modelli di riferimento. In una realtà, dove
sembra esser quasi negata la possibilità di
cogliere un sano senso dell'esistenza ed il
valore di farne parte, lui, Giuseppe
Ambrosecchia, esponente del panorama poetico
lucano, è riuscito a riportare a galla e
riconsegnarci quei valori antichi del
focolare familiare.
Lui, uomo di Dio. Lui, uomo dalle grandi
scelte coerenti. Lui, il grande uomo poeta,
che scriveva per far passare le sue
emozioni, le sue sensazioni. Lui, attento ad
ogni singola persona, possedeva la capacità
di stupirsi, di meravigliarsi, di cogliere
la bellezza e l'entusiasmo. Lui, che sapeva
gioire delle piccole cose.
Le sue parole le abbiam sentite, e viste.
Parole grandi ed intelligenti, come le sue
mani. Le teneva buone, quando era
concentrato. Sparivano. Lasciavano la scena
al viso, col sopracciglio arcuato e il tocco
di mano agli occhiali e al naso. Ma, che
facevano poi danze per l'aria, quando le
condivideva. Bisognava sforzarsi di rimanere
concentrati, perché il rischio era di farsi
portare via da esse. Sapevano mostrare la
vivacità, che è quella infantile di chi
crede che le cose possano esser trasformate,
ricreate, sistemate. Le portava verso
l'alto. Le portava verso l'altro.
Nell'altro.
Erano oneste, le sue parole. Facevano
frastuono anche quando stava zitto. E
sapevano ridere. Con tutta la tenacia di
spostare la fatica, il dolore, la
sofferenza, l'angoscia e respirare gioia.
Attimi di felicità concessa, sospesa, che
basta a se stessa e dura poco, ma resta in
tasca un giorno, mesi, sempre, pronte a
scaldare e riempire. Lui, il poeta, era
vita. C'erano le sue parole a raccontarlo e
rimarranno ora che lui ha intrapreso il suo
viaggio di vita oltre terra, per dire quello
che lui aveva ancora da dire. Ed allora, noi
fermeremo le nostre parole, il fiato, le
mani.
Grazie, capitano del puro Elisir della Vita".
Rosa Fioriniello |